Telefo
Figura del mito greco. Le versioni circa le vicende di T., personaggio prescelto a protagonista di numerose tragedie antiche per noi perdute, sono molteplici e discordanti tra loro, pur avendo alcuni tratti in comune.
Figlio di Eracle e di Auge o di Laodicea, rispettivamente sorella o figlia di Priamo, T. diviene re dei Misi, forse per adozione, dopo una giovinezza tempestosa, trascorsa in continue peregrinazioni. Ferito da Achille in una circostanza non ben precisata, apprende dall'oracolo di Apollo che soltanto la spada con cui è stato colpito potrà sanargli la ferita, di per sé inguaribile. In Aulide, dove l'esercito greco attende il vento propizio alla rotta verso Troia, T. ottiene da Achille di essere medicato con la ruggine della sua spada e guarisce; guida poi la flotta dei Greci fino alla Troade e qui muore senza aver tuttavia preso parte ai combattimenti, per rispetto ai vincoli di parentela che lo legano a Priamo.
Trattarono il tema Eschilo (nel Telefo e nei Misi), Sofocle (sembra in un dramma satiresco), Euripide (in un Telefo, parodiato da Aristofane negli Acarnesi e imitato probabilmente da Ennio), Agatone e altri tragediografi greci; dei latini anche Accio.
Il nome del personaggio compare solo per via mediata in Ep XIII 30. Nel passo in questione, per avvalorare con la testimonianza di una fonte antica il suo concetto che tragedia e commedia differiscono bensì l'una dall'altra in modo loquendi - in quanto la prima si esprime elate et sublime, la seconda remisse et humiliter - ma che vi sono tuttavia dei casi nei quali la commedia ricorre allo stile tragico e viceversa, D. chiama in causa Orazio, riportando quattro versi dell'Ars poetica (93-96): sicut vult Oratius in sua Poetria, ubi licentiat aliquando comicos ut tragoedos loqui, et sic e converso: " Interdum tamen et vocem comoedia tollit, / iratusque Chremes tumido delitigat ore; et tragicus plerunque dolet sermone pedestri / Telephus et Peleus ".