(gr. Τήλεϕος) Mitico figlio di Eracle e di Auge, figlia del re di Tegea, Aleo. Secondo una tradizione fu messo in un’arca con la madre e gettato in mare ma, salvatosi, fu allevato alla corte di Teutrante re di Misia. Secondo un’altra versione T. nacque sul Partenio da Auge, che, data a Nauplio per essere annegata, fu invece venduta a mercanti e da questi portata in Misia a Teutrante. T., nutrito da una cerva, fu poi allevato come figlio da Corito, re di Tegea, finché, avendo accidentalmente ucciso senza conoscerli i fratelli di sua madre, Ippotoo e Pereo, fu cacciato dall’Arcadia: andò perciò a Delfi, dove l’oracolo gli impose di recarsi in Misia senza dire parola finché Teutrante non l’avesse purificato. T., arrivato in Misia, aiutò Teutrante nella lotta contro Ida, l’argonauta che minacciava di togliergli il regno, e con la vittoria ottenne il premio promesso, cioè la mano di Auge. Ma Auge, fedele al ricordo di Eracle, rifiutò l’unione (mentre un serpente divino impediva l’incesto) e madre e figlio, riconosciutisi, tornarono in Arcadia. Secondo un’altra tradizione ancora T. dopo il riconoscimento rimase in Misia, dove sposò Argiope figlia di Teutrante; là combatté contro i Greci invasori della Misia in una prima spedizione contro Troia, ma fuggì dinanzi ad Achille, che lo colpì a una coscia. Otto anni dopo, non essendo guarita la ferita, T., secondo la predizione di Apollo che chi lo aveva ferito lo avrebbe guarito, giunse, vestito da mendicante, in Aulide, dove i Greci incerti del cammino da seguire si erano adunati per una spedizione contro Troia, e si dichiarò disposto a guidarli se Achille lo avesse guarito, cosa che l’eroe fece con un po’ di ruggine della sua lancia. Così T. guidò la flotta greca verso la Troade, dove poi morì senza prender parte ai combattimenti come aveva promesso. Secondo tarde leggende (accolte nella Cassandra di Licofrone) T. era messo in rapporto con i miti italici per mezzo dei suoi figli Tarconte e Tirreno, emigrati in Etruria dopo la presa di Troia; è talvolta ricordata anche una Roma, eroina eponima della città, come figlia di T. maritata a Enea.
L’arte antica ha più volte raffigurato T. sia su vasi dipinti, sia su pitture, come quella da Ercolano (dove è allattato dalla cerva), da un originale ellenistico, sia sul fregio decorante il portico dell’ara di Pergamo del 2° sec. a.C.