TELCHINES (Τελχῖνες, Telchines)
Figure mitiche di artefici al servizio degli dèi, genî dei metalli e della metallurgia, ricordati dalla tradizione greca anche come autori di statue di grande antichità; la loro sede era l'isola di Rodi.
Incerto era il numero dei T.; nove secondo Strabone (x, p. 472), indeterminato altrove; Tzetzes ricordava il nome di sette T.: Antaios (v., 1°), Megalesios (v.), Hormenos (v.), Lykos, Nikon (v.) e Simon (Hist. Var., Chil., vii, 123; xii, 835) ma ammetteva l'esistenza di altri. Un Mylas era ricordato infatti da Esichio, Atabùrios da Stefano Bizantino; Eustazio (ad Il., p. 277) faceva i nomi di Chrysòs, Argyros e Chalkòs, con allusione al metallo scoperto da ciascuno. L'epiteto di "figli del mare" (Diod., v, 55) i rapporti attestati con il culto di Zeus Idàios (Strab., loc. cit.), le frequenti allusioni all'origine cretese (Strab., xiv, p. 653; Eust., ad Dionys. Perieg., v. 504, ecc.) e soprattutto la notizia di Strabone sulla migrazione da Creta a Cipro, prima dello stabilimento a Rodi, fanno pensare che il mito conservi in qualche modo memoria della diffusione della tecnica del metallo attraverso la civiltà minoica e micenea. Numerose divinità erano celebrate con l'epiclesi di Telchinios o Telchinia: Atena a Rodi (Nicola Damasc., in Stob., Floril., 38, 56), Apollo a Lindos, Hera e Ninfe a Ialiso, Hera a Camiro (Diod., loc. cit.) e forse anche uno Zeus (I. G., xii, 1, 786, dove F. Hiller von Gärtringen, in Ath. Mitt., xlii, 1917, p. 180 legge: Διὸς καὶ "Ηρας Θελχινίων; diversamente A. Maiuri, in Ann. Atene, ii, 1916, p. 137, n. 3). La tradizione antica spiegava l'attributo nel senso che le statue di culto erano state eseguite dai T.; ma l'analogia con epiteti del tipo di Atena Ephestìa, o per restare nel novero dei presunti T., di Apollo Lỳkios, dal santuario costruito sullo Xanthos dal dèmone Lykos (Diod., v, 56, 1), fa pensare alla sovrapposizione di nomi più recenti ad un originario culto dei Telchines. Il carattere di questi, considerati talvolta spiriti malefici, talaltra inventori di cose utili all'uomo, rivela infatti un relitto di religiosità arcaica di tipo magico. È interessante notare da questo punto di vista che una testimonianza del culto dei T. apparentemente isolata dalle località dell'Egeo orientale si trova nel santuario di Atena Telchinia a Termessos (Paus., ix, 19, 1) e la Beozia è una delle regioni più profondamente penetrate di elementi micenei.
È probabile dunque che la fama di inventori della statuaria sacra, agalmatopoiìa (Diod., v, 55, 2) sia nata da una particolare interpretazione eziologica delle divinità Telchinie. Il profilo originario dei T. era quello di dèmoni che, padroni di nuovi elementi, "si facevano beffe delle opere dei primitivi" (τὰ τῶν προτέρων ἔργα μωμησάμενοι [e non μιμησάμενοι, secondo la congettura suggerita dal contesto) Nic. Dam., loc. cit.); come tali avrebbero eseguito la falce di Kronos (Strab., xiv, p. 654; Eusth., ad Dion. Perieg., v. 504) il tridente di Posidone (Callim., Hymn., iv, 31), ed altri oggetti di favolosa antichità come un vaso, κροσόν, a Lindos, dedicato ad Atena Poliàs, forse un'altra delle divinità Telchinie, "che nessuno poteva sapere o di che cosa o di dove fosse" (Lindos, ii, n. 2, p. 142 ss.; per la forma del vaso, Esichio, s. v. κρωσσοί, suggerisce: hydroìai, stàmnoi, lèkythoi). Alla lavorazione dei metalli è legata anche un'etimologia antica del nome da τῆξις, fusione (Esichio, s. v. τελχῖνες), e con il generico carattere di mitici artigiani sono noti agli scrittori latini (Ovid., Metam., vii, 365; Stazio, Silv., iv, 6, 47; Theb., ii, 274).
Bibl.: v. antaios, 1°; cureti; daktyloi idaioi; nikon, 5°; simon, inoltre: J. Overbeck, Schriftquellen, n. 40-55; Chr. Blinkenberg, Die Lindische Tempelchronik, Bonn 1915, p. 9; id., Lindos, II, Berlino 1941, loc. cit.; Herter, in Pauly-Wissowa, V A, 1934, c. 197 ss., s. v., in particolare c. 203; G. Cozzo, Le origini della metallurgia, Roma 1945, p. 172; G. Becatti, in Röm. Mitt., LX-LXI, 1953-54, p. 24.