Vedi TELAMONE dell'anno: 1966 - 1966 - 1997
TELAMONE (τελαμών, telamo)
In greco il termine t., documentato in varie iscrizioni (I. G., iv, 517 dall'Heraion di Argo; ivi sono riportati anche altri esempi), indica una specie di base, o supporto, o comunque qualcosa connesso con stelai. In latino, invece, il termine t. indica le figure virili impiegate nelle architetture a sostegno di trabeazioni o cornici.
L'unico passo che introduce questo vocabolo tecnico nella terminologia architettonica romana è quello di Vitruvio, De Arch., vi, 7, 6 (151): item si qua virili figura signa mutulos aut coronas sustinent, nostri telamones appellant..., Graeci vero eos ἄτλαντας vocitant. Entrambi i nomi hanno una derivazione comune dalla stessa radice tl, con significato di "portare, sopportare". Sempre secondo Vitruvio (i, 1, 6) l'origine dei t., come quella delle Cariatidi- le figure femminili impiegate allo stesso scopo- risale a una guerra: gli Spartani, dopo aver vinto i Persiani nella battaglia di Platea, costruirono nella loro città a ricordo della vittoria un portico detto appunto portico persiano (porticus persica) la cui copertura era sostenuta da statue rappresentanti i prigionieri nelle loro vesti barbariche (cfr. Paus., iii, 11, 3). In realtà il sostegno in forma umana con funzione architettonica è usato sin dai tempi più antichi: in Egitto, specie nelle architetture di periodo ramesside; a Tell Halaf, secondo la proposta dal von Oppenheim. Nell'architettura greca d'Occidente, t. colossali decoravano l'Olympieion di Agrigento (v.). Ve n'erano sulla nave di Gerone II (Athen., v, 208 b); nell'architettura italico-romana, t. si trovano nel tepidarium delle terme del Foro di Pompei con funzione più ornamentale che tettonica. In tutti questi esempî il tipo del t. è quello della figura con le braccia alzate al di sopra del capo o le mani appoggiate ai fianchi; è sempre evidente in essi lo sforzo di sopportare un peso, in contrasto con l'aspetto sempre calmo delle cariatidi. Sono però noti anche altri atteggiamenti: come, ad esempio, nel sileno che con un ginocchio a terra sostiene la cornice del proscenio nel teatro di Diòniso ad Atene, e nelle figure inginocchiate nel teatro piccolo di Pompei. In periodo romano, inoltre, si moltiplicano gli esempi di figure che potremmo indicare col termine di "pseudotelamoni", che sono posti non a reggere, ma a decorare il sostegno di cornici e trabeazioni: altri ad esempio, sono le statue dei barbari prigionieri della stoà dei Captivi a Corinto o le figure di barbari, frequenti sugli archi trionfali.
Bibl.: Puchstein, in Pauly-Wissowa, II, 1896, c. 2107, s. v. Atlantes; F. Ebert, ibid., V A, 1934, c. 187, s. v. Telamon; S. Ferri, in Rend. Pont. Acc., XXII, 1946-7, p. 62 ss.; W. B. Dinsmoor, Architecture of Ancient Greece, Londra 1950, passim; Vitruvio, De Architectura (ed. S. Ferri), Roma 1960, p. 240.