TEKTAIOS (Τεκταῖος)
Scultore greco vissuto in età arcaica.
Il luogo d'origine dello scultore è ignoto: secondo Pausania però T. era scolaro di Dipoinos e Skyllis cretesi, e maestro a sua volta di Kalon (Paus., ii, 32, 5; ix, 35, 3); poichè l'acmè dei due scultori dedalici era posta da Plinio alla 50a Olimpiade (580-572 a. C.) mentre Kalon era attivo tra il 525 ed il 500 a. C., si può fissare con qualche approssimazione l'età di T. attorno alla metà del VI secolo. Egli è ricordato insieme con Angelion per aver eseguito due statue colossali a Delo, di Apollo ed Artemide, forse le prime nella tecnica crisoelefantina. La ricostruzione dell'Apollo si fonda sulla descrizione della statua di culto del dio, come di una figura che teneva nella destra un arco con le frecce, nella sinistra le immagini delle Canti, e sarebbe stata opera d'uno scultore contemporaneo di Eracle (Ps. Plut., De musica, 14, 1136 A). La notizia, che pare risalga allo storico Antikleides (Fragm. Hist. Gr., ii, p. 802, n. 14), coincide con quella di Pausania che assegna i medesimi attributi ad un'opera di T. ed Angelion: il capolavoro dei due artisti doveva dunque essere la statua di culto conservata nella cella del πώρινος οἶκος di Delo. Nel 302 a. C. l'Apollo era ancora in questo tempio (I. G., xi, 2, 145: ναὸς οὗ ὁ κολοσσός), nel 250 a. C. si trovava invece nel nuovo tempio (I. G., xi, 2, 287) dove se ne conservavano almeno dei frammenti nel 180 a.C. (Inscriptions de Délos, 442).
È indicativo che solo pochi decenni più tardi, (circa 160 a. C.) in un momento di particolare interesse di Atene per l'isola, compaia sui tetradracmi attici la riproduzione dell'intero gruppo di Delo, circondato da protomi di grifo e teste leonine, elementi di gusto orientalizzante probabilmente presenti nell'originale (Furtwängler): si è pensato che ad Atene esistesse allora un tempio dedicato all'Apollo di Delo e che la statua di Atene fosse un aphìdryma di quella di T. ed Angelion (Jahn), ma ciò non diminuisce il valore del dato numismatico per la ricostruzione del monumento più antico. L'importanza iconografica della creazione di T. e Angelion, la più comprensiva forse degli attributi minacciosi e benigni del dio (v. apollo), è provata dall'eco che ancora ne resta in Macrobio (Saturn., i, 17, 13) ed in uno scoliasta di Pindaro (Ol., xiv, 16), dove peraltro c'è qualche incertezza nella collocazione dell'arco e delle Canti rispettivamente nella destra e nella sinistra di Apollo. Le riproduzioni sulle monete e su una gemma, non consentono l'apprezzamento dei valori stilistici dell'originale, ma il gruppo delle Canti (v.) è meglio noto dal rilievo arcaico di Monaco, che probabilmente le riproduce, senza però gli strumenti musicali ricordati dallo Pseudo-Plutarco, e l'insieme della figura colossale può essere suggerito dai frammenti dell'Apollo dei Nassi a Delo (v.). Impressionante è infatti la concordanza con questo monumento della descrizione di Callimaco ispirata evidentemente alla statua di culto (Aitiai, fr. 114). La caratteristica posizione delle braccia piegate al gomito ad angolo retto e protese a sostenere gli attributi, ricorre anche nella riproduzione di una statua femminile arcaica su tetradracmi ateniesi contemporanei a quelli descritti (circa 165 a. C.); la figura di divinità ha nella sinistra l'arco e nella destra, pare, una coppa simile al disco sul quale erano le Cariti dell'Apollo; ai piedi, infine, un serpente. Si tratta con ogni probabilità dell'Artemide eseguita a Delo da T. ed Angelion, di cui parla Atenagora (Leg. pro Christ., 17).
Monumenti considerati. - Tetradracmi ateniesi con l'Apollo di Delo: J. Overbeck, Griech. Kunstmyth., III, Lipsia 1889, p. 18; J. N. Svoronos, Les Monnaies d'Athènes, Monaco 1923-1926, tav. LVI, 1-20; L. Lacroix, Les reproductions de statues sur les monnaies grecques, Parigi 1949, P. 203, tav. XVII, 1. Dracme ateniesi col medesimo simbolo: J. N. Svoronos, op. cit., tav. LVI, 21-25. Gemma con l'Apollo di Delo: A. Furtwängler, Gemmen, II, p. 191, tav. XL, 7. Tetradracmi ateniesi con Artemide: J. N. Svoronos, op. cit., tav. LIX, 16-21; M. L. Kambanis, in Bull. Corr. Hell., LVI, 1932, p. 37 ss.; B. Pick, Aufsätze zur Numismatik u. Arch., Iena 1931, p. 59 s.; L. Lacroix, op. cit., p. 205.
Bibl.: O. Jahn, De antiquissimis Minervae simulacris atticis, Bonn 1866, p. 9, n. 27; A. Furtwängler, in Arch. Zeit., XL, 1882, c. 331 s.; J. Overbeck, Schriftquellen, 334-337; A. Furtwängler, Gemmen, II, p. 191, tav. XL, 7; W. Déonna, Les Apollon archaïques, Ginevra 1909, p. 370; id., Dédale, II, Parigi 1931, p. 81; G. Lippold, in Pauly-Wissowa, V A, 1934, c. 169 ss., s. v.; M. Bieber, in Thieme-Becker, XXXII, 1938, p. 509, s. v.; Ch. Picard, Manuel, p. 573; R. Vallois, L'architecture hellénique et hellénistique à Délos, Parigi 1944, p. 22; L. Lacroix, Les reproductions de statues sur les monnaies grecques, Parigi 1949, p. 200 ss.; G. Lippold, in Handbuch. III, Monaco 1950, p. 45.