GUIDI, Tegrimo (Teudegrimo)
Considerato dalla storiografia il capostipite della famiglia, nato intorno all'anno 900, fu attivo nel terzo decennio del X secolo.
Secondo Rauty (p. 243) il G. era discendente di un certo "Teudilgrimus bone memorie Grimaldi, homo Pistoriensis", rammentato in una pergamena lucchese dell'anno 887 con la quale il vescovo Gherardo gli cedeva a livello tutti i beni posseduti dalla chiesa di S. Silvestro nei territori di Pistoia, di Firenze e di Fiesole. Tale ipotesi è stata avanzata non solo sulla base della onomastica ma anche della città di provenienza, Pistoia, uno dei principali territori d'azione della famiglia, anche se non l'unico.
Alla fama dei conti Guidi hanno senz'altro fortemente contribuito le citazioni letterarie dei suoi esponenti, in particolare quelle dantesche, ma va detto che, sul piano storiografico, sono altre e ben più importanti le ragioni che portano ad annoverarli tra le maggiori dinastie comitali toscane. Tra queste ve ne sono due che la rendono fra l'altro eccentrica, rispetto sia al tradizionale concetto di famiglia sia a un circoscritto ambito storico e storiografico. Proprio la pluralità delle aree di presenza dei Guidi, attivi nella Tuscia e nella Romania, è senz'altro il primo dei due forti elementi di interesse che accompagnano la storia della dinastia per quasi quattro secoli; il secondo, strettamente legato all'altro, è l'importante apporto dell'elemento femminile che torna a più riprese nella loro vicenda, ora dando nuovo respiro alla dinastia attraverso i matrimoni con donne provenienti da famiglie eminenti, ora grazie a personalità di spicco nate nell'ambito della famiglia stessa.
Già nella specifica vicenda biografica del G. rivestono particolare importanza sia la pluralità dei territori circoscrizionali in cui lo troviamo attivo sia il ruolo svolto dalla moglie Engelrada (nota anche come Enghelrada, Ingelrada, Inghelrada) figlia di Martino, duca di Ravenna, tanto che si è giunti a parlare del G. come di "mancato capostipite" (Rinaldi, p. 217) in studi che si sono spinti a ricercare proprio negli antenati di Engelrada le "origini" dei Guidi.
Se infatti gli ascendenti del G. ebbero origine in area pistoiese-fiorentina, Engelrada apparteneva a una famiglia nella quale erano presenti esponenti di primo piano della nobiltà esarcale ravennate e all'interno della quale già diverse volte le donne avevano svolto un ruolo di prim'ordine. Il rilievo dato dalle fonti narrative all'unione tra il G. ed Engelrada, inoltre, appare come un'inconsueta sottolineatura nelle vicende prosopografiche delle famiglie eminenti alto e pieno medievali e potrebbe essere spiegato proprio per l'importanza dell'apporto dato dalla moglie del G. alla nascita della "nuova" famiglia.
Del resto, lo stesso castello di Modigliana, presso Faenza, che divenne in seguito punto di riferimento primario dei Guidi, sembrerebbe essere appartenuto, originariamente, alla famiglia di Engelrada piuttosto che a quella del Guidi. È qui, infatti, che, stando al Tolosano, Engelrada "tenebat curiam" - superfluo sottolineare l'interesse dell'informazione relativa a tale funzione, tanto più perché riferita a una donna - quando al giovane G. "comes Tuscie", giunto nella zona nel corso di una battuta di caccia, arrivava notizia della presenza di una "tanta domina". Il G. decideva, così, di andare a conoscerla e, il giorno stesso, i due contraevano matrimonio (Chronicon Faventinum, pp. 19 s.).
Tali notizie, caratterizzate da una puntualità che sembra intrisa di significati anche simbolici, ci provengono da una fonte narrativa del secolo XII, ma trovano anche riscontri nelle fonti diplomatiche, e queste stesse portano ulteriori conferme dell'alto livello della famiglia di Engelrada mentre tacciono su antecedenti del G., tanto che rimane anche arduo stabilire l'origine del titolo comitale attribuitogli dallo stesso Tolosano.
Un diploma del 22 luglio 927 con il quale il re Ugo di Provenza assegnava a un Tegrimo, identificato con il G., il monastero regio di S. Salvatore in Alina, non attribuisce infatti al personaggio il titolo comitale e lo qualifica solo come "compater et fidelis" del sovrano (Regesta chartarum Pistoriensium, n. 60); visto che l'autore del Chronicon data il matrimonio con Engelrada al 925, si è supposto che all'epoca il G. non fosse ancora insignito del titolo di conte, ma non si può del tutto escludere anche una semplice omissione dal documento. Di certo il G. è ricordato come conte in un documento del 941, quando i due figli, Guido (I) e Ranieri, già orfani di entrambi i genitori, vengono menzionati quali "filii bone memorie Tegrimi comitis" (ibid., n. 77).
In tale quadro di attribuzioni e omissioni Rauty ha supposto che il titolo comitale sia pervenuto alla famiglia dei Guidi dal ramo femminile, ossia da Engelrada, in collegamento con il castello e la curtis di Modigliana alla quale, in effetti, il titolo venne a più riprese riferito anche nei secoli successivi. Conservando una certa prudenza metodologica rispetto a un troppo rapido accostamento tra fonti di natura diversa, resterebbe comunque da spiegare perché nel 927 il G. non venisse qualificato come conte se, come supposto, il titolo gli fosse pervenuto attraverso la famiglia della moglie, la quale avrebbe dunque già "dinastizzato" in tale epoca il titolo, al di là dell'effettivo esercizio di funzioni pubbliche in una precisa area di riferimento. Come già scritto, il matrimonio con Engelrada dovrebbe infatti risalire al 925 se non, come è stato proposto in tempi recenti, agli anni 915-920, ai quali andrebbe anticipata la datazione del Tolosano.
È appena il caso di sottolineare un ulteriore elemento rispetto all'origine dei Guidi e, dunque, al ruolo svolto in tale ambito dal G., cioè il fatto che il nome di famiglia non ricalchi il suo antroponimo e che le prime attestazioni relative alla discendenza facciano riferimento, appunto, al nome Guido che non risulta nemmeno tra gli antenati noti di Engelrada: potremmo forse vedere nella fortuna di tale onomastico, attribuito già a uno dei figli del G. e di Engelrada, la cosciente realizzazione della nascita di quello che già allora venne percepito come un nuovo gruppo familiare, sorto dall'unione tra la famiglia del G. e quella, più eminente, della sposa. L'intero quadro fin qui presentato renderebbe attendibile quindi la ricostruzione della genesi dei Guidi, all'interno della quale ampio spazio dovettero avere gli ascendenti della moglie del G. e i loro possessi nella Romania. Le poche fonti in nostro possesso lasciano infatti vedere con una certa nettezza il notevole apporto di Engelrada nella formazione della potenza familiare dei Guidi, mentre sono molto più avare di informazioni sulle origini del marito. Se ciò può essere, certamente, frutto della casualità attraverso la quale le fonti altomedievali sono giunte a noi, pure sembra non azzardato intravedere in tale situazione un segno di una posizione assai meno solida della famiglia del G. il quale, non a caso, ancorò proprio sui beni derivanti dal patrimonio romagnolo una politica di grande attività anche rispetto all'ambito istituzionale della Marca di Tuscia, il cui scopo doveva essere proprio quello di controllare un'area di potere a cerniera tra Marca ed Esarcato in grado di esaltare l'insolito avvio dinastico. Tale affermazione non contrasta con quanto testimoniato da carte posteriori di qualche decennio, nelle quali i possessi dei Guidi nella Marca di Tuscia appaiono numerosi e sparsi in diversi comitati: tale proliferazione sembrerebbe di antica origine e porterebbe, dunque, a ipotizzare una certa solidità, almeno patrimoniale, anche per la famiglia originaria del Guidi.
Infine, pur rimarcando la grande prudenza, quando non scetticismo, con cui sono state accolte le ipotesi di ricostruzione genealogica dello Schwarzmaier (1972 e 1973), non si può dimenticare quella riguardante una comune origine dinastica tra i conti Guidi e i conti Cadolingi, da ravvedersi in una eminente famiglia del IX secolo alla quale, sia pure in forma assai più sfumata, lo stesso studioso suggeriva si potesse far afferire anche quella dei Della Gherardesca: nell'unione tra il G. ed Engelrada si sarebbe dunque compiuta la fusione tra più elementi dinastici di primo livello.
Come già scritto, il G. è ricordato in un atto del 941 come già defunto: fra il 927 e quest'anno deve quindi essere collocata la sua morte. Nel documento in questione compaiono i figli Guido (I) e Ranieri; il primo, attestato nel 960 in qualità di conte quando deteneva diversi beni nel Valdarno casentinese (Rinaldi, p. 236), era già morto nel 963 quando suo figlio Tegrimo (II) si qualificava come figlio "quondam bone memorie domni Guidonis comitis" (Curradi, p. 59); il secondo, diacono della cattedrale ravennate, fu particolarmente attivo e attento nel potenziare le risorse finanziarie della famiglia a danno della locale Chiesa metropolitana.
Fonti e Bibl.: Magister Tolosanus, Chronicon Faventinum, a cura di G. Rossini, in Rer. Ital. Script., 2a ed., XXVIII, 1, pp. 15, 19 s.; I diplomi di Ugo e di Lotario, di Berengario II e di Adalberto, a cura di L. Schiaparelli, in Fonti per la storia d'Italia [Medio Evo], XXXVIII, Roma 1924, pp. 29-32 n. 9, 330 n. 13; Regesta chartarum Pistoriensium, Alto Medioevo, a cura di E. Coturri, Pistoia 1973, pp. 46 s. n. 60, 48 s. n. 63, 61-63, n. 77; G. Buzzi, Ricerche per la storia di Ravenna e di Roma dall'850 al 1118, in Arch. della R. Società romana di storia patria, XXXVIII (1915), pp. 158, 195; H. Schwarzmaier, Lucca und das Reich bis zum Ende des 11. Jahrhunderts, Tübingen 1972, ad ind.; Id., Cadolingi, in Diz. biogr. degli Italiani, XVI, Roma 1973, p. 79; C. Curradi, I conti Guidi nel secolo X, in Studi romagnoli, XXVIII (1977), pp. 18, 29 s., 32, 34-37, 39, 46, 59; Y. Milo, Political opportunism in Guidi Tuscan policy, in I ceti dirigenti in Toscana nell'età precomunale. Atti del I Convegno, Firenze… 1978, Pisa 1981, pp. 208, 219; J.-P. Delumeau, Arezzo. Espace et sociétés, 715-1230, Roma 1996, pp. 386 s.; R. Rinaldi, Le origini dei Guidi nelle terre di Romagna (secoli IX-X), in Formazione e strutture dei ceti dominanti nel Medioevo: marchesi, conti e visconti nel Regno italico, secc. IX-XII. Atti del II Convegno, Pisa… 1993, Roma 1996, pp. 213, 215-217, 232, 234-237; N. Rauty, I conti Guidi in Toscana, ibid., pp. 242-245, 247, 250; J.-P. Delumeau, Dal conte Suppone il Nero ai marchesi di Monte Santa Maria, ibid., p. 275.