Vedi TEGEA dell'anno: 1966 - 1997
ΤEGEA (v. vol. VII, p. 659)
Nel corso degli ultimi venticinque anni si è riacceso l'interesse nei confronti di T., della sua storia, dei suoi monumenti e dei suoi culti. Dopo ricerche limitate condotte dal Servizio Archeologico Greco (pulizia del sito, ricostruzione del museo), un'équipe internazionale diretta da E. 0stby ha ripreso nel 1990 lo scavo propriamente detto là dove Ch. Dugas lo aveva lasciato; gli studi su T., inoltre, si sono inseriti in quelli più ampi, attualmente in corso, sulla geografia storica e sulla topografia religiosa dell'Arcadia. I demi primitivi, riuniti sotto un'unica città in seguito al sinecismo attribuito ad Aleo, erano situati lungo i margini del bacino di T., al confine con il territorio di Argo a NE, la Tireatide e Sparta a SE, la Megalopolitide a SO e il territorio di Mantinea a N. Solo l'ultimo fra i demi che si costituì, quello degli Afidanti, si istallò sulla pianura.
Si tende ora ad abbassare la data del sinecismo sino ai primi decenni del V sec. a.C., tuttavia è incontestabile, sulla base dei dati archeologici, che la fondazione del Santuario di Alea risalga a un'epoca più antica. A T. le figurine e le fibule si datano al XII sec. a.C., mentre sono documentate tutte le fasi del Geometrico e, a partire dalla metà dell'VIII sec., l'abbondanza di bronzi e di vasi attesta un'attività cultuale ben radicata. Il tempio classico del IV sec. ha avuto fasi precedenti; se l'organizzazione più antica non è stata ancora definita con chiarezza (un recinto con un altare in prossimità di una fonte?), è oggi sicura l'esistenza di un primo grande tempio di marmo risalente alla fine del VII sec.; sembra inoltre che il deposito votivo scoperto nell'angolo NE del tempio classico sia stato chiuso all'epoca della costruzione di quest'ultimo. Dall'edificio più antico provengono alcuni blocchi di marmo reimpiegati all'interno delle fondazioni del tempio classico, due file parallele di fondazioni continue all'interno del sekòs oltre a fondazioni perpendicolari situate sulla fronte del pronao e dell'opistodomo, quattro pietre di stilobate di marmo con tracce di colonne all'interno della cella e infine due blocchi dal toichobàtes di marmo con tracce di muro posti nell'angolo NO. Non si parlerà più di resti di una basilica bizantina: la pianta è quella di un tempio dorico periptero di 6 X 18 colonne che misura allo stilobate circa 16 X 49 m e presenta all'interno della cella un doppio colonnato. Il pronao era distilo in antis; non vi era un opistodomo aperto bensì un àdyton, cui si accedeva attraverso le navate laterali della cella poiché dietro la statua vi era un muro-schermo; al di sopra di ortostati di pietra i muri erano costituiti da mattoni crudi con un'intelaiatura di legno. Il monumento, imparentato con lo Heràion di Olimpia, sembrerebbe essere rispetto a questo di poco più antico, e alcune particolarità nella costruzione fanno pensare al primo Heràion di Argo oppure al Tempio di Artemide Orthìa a Sparta. La data dell'utilizzazione del marmo in architettura risale dunque in questo centro a prima del 600 a.C.
Il tempio del IV sec. a.C. è stato riconsiderato alla luce degli studi seguiti alla scoperta del Tempio di Zeus a Nemea: lo si data oramai con sicurezza verso il 340, dopo il ritorno di Skopas dall'Asia. La pavimentazione della cella era allo stesso livello di quella del pronao; i lunghi muri della cella e probabilmente anche il muro O presentavano una decorazione interna a rilievo su due piani: al di sopra delle semicolonne corinzie, le cui dimensioni erano minori di quanto finora si pensasse, l'ordine superiore doveva essere ionico, a giudicare da un frammento di fusto rinvenuto. I pilastri dell'angolo NE e SE senza dubbio non erano più importanti degli altri due. Ora ci si immagina il muro E massiccio e sobrio, senza altra decorazione scolpita che quella del toichobàtes e dell’epikranìtis, interrotta da una porta monumentale di tipo ionico; nel muro Ν la porta rivolta verso la fontana e lo stadio aveva due battenti, ricostruibili grazie al rinvenimento di parte della soglia, e si apriva all'interno della cella. Nello stesso modo in cui il tempio classico si è innalzato sul luogo del tempio arcaico, si tende oggi a pensare che anche i relativi altari si siano succeduti in maniera analoga. Tenuto conto della datazione del tempio del IV sec., è permesso supporre che l'altare monumentale di cui parla Pausania fosse di tipo asiatico e non peloponnesiaco, cosa che meglio si accorda con la descrizione della sua ricca decorazione scultorea. Riguardo all'identificazione di tali sculture, Ch. Picard riteneva potesse trattarsi dell'«Atalanta», e la scoperta nel 1964 di un torso femminile simile non smentisce tale ipotesi; potrebbe trattarsi di due delle ninfe arcadiche. Tuttavia, secondo un'altra interpretazione, le due sculture sarebbero due acroterî del tempio. Anche la composizione esatta dei frontoni e della decorazione metopale ci sfugge e ancora viene rimessa in discussione l'identità dei personaggi più conosciuti.
Nel IV sec. Alea, che in origine era una dea arcadica indipendente, viene assimilata ad Atena. Il suo nome, evocante il «calore» e/o il «rifugio», appare come una potenza ctonia della fertilità-fecondità, detentrice del calore che feconda e che favorisce la bonifica delle paludi di T. e la loro coltivazione; le sue funzioni la predisponevano a diventare una dea protettrice. Dovuta a una somiglianza di caratteri, l'introduzione del nome di Atena accanto a quello di Alea doveva favorire l'affermarsi di un'Atena panellenica. Si noterà inoltre che a T. vi erano due culti distinti di Atena e che, ancora all'epoca di Pausania, la sola divinità poliade ufficiale era Atena Poliàs, il cui santuario era chiamato Eryma (il bastione), poiché ella aveva concesso a Cefeo, figlio di Aleo, che la sua città restasse inespugnabile in eterno facendogli dono come talismano di un capello tagliato dalla testa della Medusa, leggenda evocata sulle monete. Il sacerdote di Atena Poliàs sembra fosse l'eponimo della città e in nome della dea si celebrava ogni anno una cerimonia.
È ancora oggetto di discussione se il Tempio di Alea Atena si trovasse o meno fuori dalle mura e se il Santuario di Atena Poliàs fosse nell'agorà (in mancanza di resti architettonici si può immaginare un santuario a cielo aperto) o su una delle due colline, Haghios Sostis e Mertsaousi (oggi Atera), ove era situata forse l'acropoli di Tegea. Haghios Sostis, da cui provengono copiosissimi rinvenimenti di figurine di terracotta e di oggetti di bronzo, non è necessariamente il luogo del santuario di Demetra e Kore, dal momento che il Periegeta ne parla nell'ambito della sua descrizione dell'agorà. Un'altra identificazione contestata è quella riguardante il piccolo tempio di marmo rinvenuto al di sopra di Mavriki a Psili Korfi, sulla strada per Sparta, che non sarebbe quello di Artemide Knakeàtis come invece lo identifica Pausania. Resta tuttavia il fatto che lì sono stati rinvenuti alcuni oggetti votivi di età geometrica a testimonianza di un'attività cultuale molto antica.
Bibl.: N. Papachatzis (ed.), Παυσανιου Ελλαδος Περιηγησις. IV, Αχαικα και Αρκαδικα, Atene 1980; Μ. Jost, Sanctuaires et cultes d'Arcadie, Parigi 1985; N. J. Norman, The Temple of Athena Alea at Tegea, in AJA, LXXXVIII, 1984, pp. 169-194; E. Ostby, The Archaic Temple of Athena Alea at Tegea, in Opuscula atheniensia, XVI, 1986, pp. 75-102; W. K. Pritchett, Studies in Ancient Greek Topography, 6, Berkeley 1989 (in part. The Tegea-Hysiai Roads, pp. 107-111); M. Voyatzis, Current Fieldwork at the Sanctuary of Athena Alea at Tegea, in ANews XVII, 1992, pp. 19-25; M. E. Voyatzis, The Early Sanctuary of Athena Alea at Tegea and Other Archaic Sanctuaries in Arcadia, Göteborg 1990.
Scultura: A. Stewart, Skopas in Malibu. The Head of Achilles from Tegea and Other Sculptures by Skopas in the J. Paul Getty Museum, Malibu 1982 (ma la «testa d'Achille» è un falso); A. Delivorrias, Σκοπαδικα, I. Télèphe et la bataille du Caïque au fronton Ouest du Temple d'Aléa à Tégée, in BCH, XCVII, 1973, pp. 111-135; A. Delivorrias, A. Linfert, Σκοπαδικα, II. La statue d'Hygie dans le temple d'Aléa à Tégée, ibid., CVII, 1983, pp. 277-288; J. Marcadé, Tegeatika, ibid., CX, 1986, pp. 317-329; G. B. Waywell, The Ada, Zeus and Idrieus Relief from Tegea in the British Museum, in O. Palagia, W. Coulson (ed.), Sculpture from Arcadia and Laconia, Oxford 1993, pp. 79-86.