TEBALDO
(Thebaldus, Tebaldus). – A un autore di questo nome è ascritto un trattato sulla quantità delle prime sillabe aperte nelle parole latine noto da codici datati, al più presto, all’XI secolo.
L’opera si compone di esametri leonini, 258 nella versione ritenuta più antica, 275 e 301 in versioni frutto di interpolazioni e ampliamenti successivi, che testimoniano la fortuna di cui il testo ha goduto, precocemente e fino all’Umanesimo, fra i manuali scolastici sulla prosodia. Scarsità e incertezza dei dati a disposizione rendono ancora oggi difficile individuare l’identità dell’autore e collocarne l’attività in un preciso ambiente storico-geografico e culturale.
Quanto al luogo d’origine, Tebaldo è detto «Placentinus» in codici dove il testo non è adespoto, nell’Accessus ad poetas del ms. Monaco, Bayerische Staatsbibliothek, Clm 19475 del XII secolo (c. 31: «Thebaldi Placentini regulae de longis et brevibus syllabis») e in un Accessus ad auctores di un codice di Leida («Tebaldus autem Placentinus clericus versificator optimus fuit, qui metrice de primis sillabis dixit hoc, quod Serviolus dixit prosaice»).
Benché non improponibile, l’origine piacentina del «clericus versificator optimus» potrebbe essere dovuta a omonimia con l’autore del Physiologus metrico (subscriptio, vv. 1-2, in Theobaldi ‘Physiologus’, a cura di P.T. Eden, 1972, p. 72) che, indicato in glosse al testo come «magister Thebaldus doctor et episcopus», in codici tardi è detto «Placentinus». Anche negando l’origine da Siena o Parigi citata in codici tardi del Physiologus, per il suo autore e per il prosodista, il legame con Piacenza può a sua volta dipendere dall’omonimia con Tebaldo vescovo della città dal 1167 al 1192 o con Tebaldo Visconti (1210-1276), papa con il nome di Gregorio X. Se la cronologia esclude entrambi, insieme a Tebaldo di Montier-en-Der e all’autore del Novus Cato talora associato all’opuscolo, resta invece aperto il rapporto con il versificatore del Physiologus, in cui Max Manitius (1931) suppone un intellettuale dell’Italia centrosettentrionale; l’ipotesi che possa essere la stessa persona, avanzata autonomamente da Stephen Augustus Hurlbut (1933), è stata ripresa da Giovanni Orlandi (1973) il cui invito a «un’analisi della lingua, dello stile e della versificazione» (p. 907), dimensioni in cui il Physiologus mostra convergenze tecnico-formali con il De primis syllabis, conserva piena legittimità e merita un vaglio definitivo.
Quanto all’epoca in cui Tebaldo fiorì, la datazione al secolo XI del ms. Parigi, Bibliothèque nationale, Nouvelles Acquisitions Latines 1073 di provenienza italiana (olim Phillips 16329, cc. 42r-51r: «Incipit magno per carmina scripta Tebaldo/Regula de longis de brevibusque protis»; meno certa l’attribuzione all’XI secolo del ms. Edinburgo, National Library of Scotland, Advocates 18.5.10, cc. 34r-39) conferma il terminus ante quem offerto da due passi dell’Ars lectoria che Aimerico di Gastinaux dice compiuta nel 1086. Senza riferire il nome dell’autore, Aimerico indica nel De primis syllabis una delle sue fonti e modello autorevole in materia di quantità delle prime sillabe (Ars lectoria, 3.167: «Huic operi nostro De primis sillabis inseruimus, de quibus quispiam per versus optime tractaverat»), anche quando non ne condivide le scelte come per mathesis (3.136: «Penultime nominum breviuntur ‘mathesis’. Qui enim De primis sillabis versibus exametris tractavit, inconsulte produxit ‘mutua de grecis est excipienda mathesis’») citato con l’esametro che si legge anche nel ms. Parigi, Bibliothèque nationale, Nouvelles Acquisitions Latines 1073 (c. 44r) e in codici del XII secolo.
Tebaldo dovette dunque operare al più tardi nella prima metà degli anni Ottanta del secolo XI, quando il De primis syllabis era per i milieux d’Oltralpe opera di riferimento in un ambito cruciale per la formazione di competenze non basiche come la prosodia. L’Accessus ad auctores pone in rilievo l’originalità della scelta di dare forma metrica a regole sulle prime sillabe, fino ad allora esposte in prosa, e il merito di avere abbandonato il criterio per exemplum che ordina alfabeticamente le parole e i versi autoriali in cui ricorrono, come rileva anche l’incipit che spesso apre il testo: «Ante per exemplum soliti cognoscere verbum / Aut aliam partem, cum prima postque vocalem / Consona sola venit, de qua nova regula crevit, / Quam mihi Serviolo placuit subscribere libro, / Quod simul inde sapis, est omnis syllaba qualis».
Tebaldo riflette quindi il rinnovamento che nel secolo XI investì gli ambienti deputati all’educazione linguistica e che si concretizzò anche nell’ideare espedienti formali come lo schema «a ante b» (o ‘vowel-system’), la «nova regula» con cui Tebaldo elencava le parole in base al combinarsi nella prima sillaba di ogni vocale con le singole consonanti in ordine alfabetico introducendo poi le eccezioni: «Ante b fit breuis a retinet quam syllaba prima / fabula uel fabor cum stat pro decido labor / et pariter labes pariter quoque pabula tabes, / flabat cum flabit cum nabat denique nabit, / stabat cum stabit hec metricus haut breuiabit; / hec producuntur; non que tamen inde trahuntur, / si b quidem seruant; alias se longa retentant. / Ante c non breuis it quotiens b. p. ue supersit...» (Leonhardt, 1989, pp. 91 s.). Lo schema, anche nel tipo ‘consonant-system’, è innovazione tra le più rilevanti entro la manualistica prosodica e ortografica del tardo secolo XI e accomuna Tebaldo ad autori di «artes lectoriae» (Aimerico, Siguino, «magister Willelmus») e di testi ortografici (Ps. Apuleio), sensibili alle esigenze della performance orale rappresentata dalla «plana lectio» e della scrittura in funzione di questa e ricettive di soluzioni nuove per organizzare i contenuti e facilitarne descrizione, memorizzazione e «statim invenire» entro un testo normativo.
Diane C.W. Anderson (2002) ha indicato la prima occorrenza di «a ante b» nel De longitudine et brevitate principalium sillabarum Alberici, scritto da Alberico di Montecassino tra gli anni Sessanta e l’inizio degli anni Ottanta del secolo XI e noto con il De ultimis syllabis, il Lexicon prosodiacum e altre regole prosodiche nel ms. Città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Ottob. lat. 1354. Sarebbe questo il «Serviolus liber» in prosa da cui Tebaldo avrebbe tratto lo schema. L’ipotesi circoscrive l’attività di Tebaldo al ventennio 1060-80 circa e pone il suo impegno nell’alveo della rinascenza culturale dell’abbazia sotto Desiderio e in rapporto con la riflessione linguistica e il magistero albericiani. Esclude comunque l’identificazione con Tebaldo, abate dal 1022 al 1035, ricordato per aver dotato la biblioteca di codici tra cui un Donatum e un De quadrupedibus et altilibus in versi (Thierfelder, 1862), ma anche quella con Thiébaut di Vernon, canonico a Rouen (Hermann, 1940).
Però, il riferimento al «Serviolus liber» può effettivamente alludere al De finalibus syllabis, allora noto anche come Serviolus (Manitius, 1931), esplicitando un’istanza di complementarietà rispetto all’eredità dottrinale tardolatina, perché il tema delle prime sillabe compensa idealmente lo scarso rilievo riservatogli da Servio. A comprovare l’intenzione di Tebaldo di «subscribere» il suo trattato al De finalibus syllabis sarebbe l’associazione materiale e la sequenzialità dei due testi fin dalla fase più antica della circolazione del De primis syllabis testimoniata dal ms. Parigi, Bibliothèque nationale, Nouvelles Acquisitions Latines 1073 (cc. 33r-42r) e poi da codici come Zurigo, Zentral Bibliothek, C 62 e Basilea, Universität Bibliothek, AN IV.11. La circostanza merita approfondimento, perché nell’ipotesi che Tebaldo si sia limitato a trasporre in versi lo schema «a ante b», non è certo che lo abbia sussunto da Alberico (un’origine policentrica dell’innovazione è possibile) e in tempi così ravvicinati da implicare comunanza di milieux, visto che il De longitudine non ha avuto il riconoscimento precoce o la diffusione del De primis syllabis, a cui nel secolo XII si ispireranno la Regula splendescit attribuita a Giovanni di Beauvais, modello del Doctrinale di Alessandro di Villedieu (X, vv. 1703-2191), e il De primis syllabis di Bene da Firenze.
In considerazione di questi pochi e incerti dati, è verosimile collocare l’attività grammaticale di Tebaldo nella seconda metà del secolo XI, al più tardi entro la metà degli anni Ottanta.
Fonti e Bibl.: J.G. Thierfelder, Eine Handschrift des Physiologus Theobaldi, in Serapeum, XV-XVI (1862), p. 229; J. Werner, Beiträge zur Kunde der lateinischen Literatur des Mittelalters, Aarau 1905, pp. 42 s. nr. 106, 53; M. Manitius, Geschichte der lateinischen Literatur des Mittelalters, III, München 1931, pp. 734 s. nota 3; S.A. Hurlbut, Florilegium Prosodiacum Florentino-Erlangense, Washington 1932, pp. VII-X; Id., A forerunner of Alexander de Villa-Dei, in Speculum, VIII (1933), pp. 258-263; L. Hermann, Thiébaut de Vernon, in Le Moyen Âge, s. 3, XI (1940), pp. 30-43; H. Walther, Initia carminum ac versuum Medii Aevi Posterioris Latinorum, I, Göttingen 1959, nrr. 1305, 9184; A. Ebel, Clm 17142 Eine Schäftlarner Miscellaneen-Handschrift des 12. Jahrhunderts, München 1970, pp. 8 s., 129 s. ad 327; G. Glauche, Schullektüre im Mittelalter. Entstehung und Wandlungen des Lektürekanons bis 1200 nach den Quellen dargestellt, München 1970, p. 121; R.B.C. Huygens, Accessus ad auctores Bernard d’Utrecht Conrad d’Hirsau Dialogus super auctores, Leiden 1970, pp. 53 s.; Theobaldi ‘Physiologus’, a cura di P.T. Eden, Leiden-Köln 1972, pp. 5-7; G. Orlandi, recensione a Theobaldi ‘Physiologus’, cit. in Studi medievali, s. 3, XIV (1973), 2, pp. 906-909; G.M. Gianola, «Ante per exemplum soliti cognoscere verbum...», in Ventitré aneddoti raccolti nell’Istituto di filologia e letteratura italiana dell’Università di Padova, a cura di G. Auzzas - M. Pastore Stocchi, Vicenza 1980, pp. 9-11; G.L. Bursill-Hall, A Census of medieval latin grammatical manuscripts, Stuttgart-Bad Cannstatt 1981; C.H. Kneepkens, «Ecce quod usus habet» - Eine Quelle von Eberhard von Béthunes ‘Grecismus’, Cap. V: ‘De commutatione litterarum’, in Mittellateinisches Jahrbuch, XVI (1981), pp. 212-216; Id., recensione a G.L. Bursill-Hall, 1981, cit., in Vivarium, XX (1982), 2, pp. 157-160; G. Orlandi, La tradizione del ‘Physiologus’ e i prodromi del bestiario latino, in L’uomo di fronte al mondo animale nell’Alto Medioevo, Spoleto 1985, pp. 1101-1103; D.C.W. Anderson, ‘Lexicon Prosodiacum Casinense-Ottobonianum’, Ph.D.Thesis, University Microfilms International 1986, pp. 50-55; J. Leonhardt, “Dimensio syllabarum’. Studien zur lateinischen Prosodie- und Verslehre von der Spätantike bis zur frühen Renaissance, Göttingen 1989, pp. 90-102, 107, 112, 200 s. A 3.4 e passim; T. Hunt, Teaching and learning latin in thirteenth-century England, I, Cambridge 1991, pp. 123 s.; M. Donnini, ‘Est ara porcorum brevis, et non ara deorum’ (Osb. Pan., p. 20 ed. Mai), in Giornale italiano di filologia, XLIV (1992), 2, pp. 299-303; J. Leonhardt, Classical metrics in Medieval and Renaissance poetry: some practical considerations, in Classica et Mediaevalia, XLVII (1996), pp. 310 s.; L. Biondi, ‘Hara’. Nuove considerazioni sul problema, in Acme, LIV (2001), 1, p. 59-84; D.C.W. Anderson, Medieval teaching texts on syllable quantities and the innovations from the school of Alberic of Monte Cassino, in Latin grammar and rhetoric: from classical theory to medieval practice, a cura di C.D. Lanham, New York 2002, pp. 195 ss.; C.H. Kneepkens, s.v. Tebaldus, in Lexicon grammaticorum. A bio-bibliographical companion to the history of linguistics, a cura di H. Stammerjohann, II, Tübingen 2009, p. 908.