Te lucis ante
Dal tempo di s. Benedetto (m. 540) l'inno Te lucis ante terminum era cantato dai monaci al termine della giornata come invocazione di presidio e di difesa da parte di Dio perché i sogni notturni e le suggestioni diaboliche non contaminassero i corpi durante il riposo. La robustezza dei concetti e la scioltezza del ritmo hanno suggerito s. Ambrogio come autore, il cui stile l'inno certamente riflette.
Dopo il canto vespertino del Salve Regina, nella valletta, il poeta ode il canto dell'inno che chiude la preghiera liturgica quotidiana, il Te lucis ante terminum (Pg VIII 13).
L'ardore e la spontaneità della preghiera che sta per fiorirle sulle labbra, comincia già a rivelarsi nella compostezza dell'atteggiamento di una de l'alme, la quale levò ambo le palme, / ficcando li occhi verso l'orïente / ... con sì dolci note, / che fece me a me uscir di mente; infatti la melodia del tempo pasquale (in cui D. compì il viaggio nell'oltretomba) è di una dolcezza tale che bene esprime l'abbandono dell'anima in Dio durante la notte che sta per scendere.
Bibl. - A. Mirra, Gli inni del Breviario romano, Napoli 1947, 49-50.