TAZZA (fr. tasse; sp. copa, vaso; ted. Schale; ingl. cup, bowl)
Piccolo recipiente basso, rotondo, a bocca più larga del fondo, con o senza coperchio, con manico, a basso piede. È più comunemente di ceramica. A metà. del Cinquecento, Cipriano Piccolpasso (v. maiolica) distingueva: "tazzoni o vogliam dire confettiere" dalle tazze e dalle "tazzine o vogliam ciotolette" a seconda delle più o meno grandi dimensioni del diametro di tali vasi, quantunque non risulti del tutto chiara la differenza fra le forme delle tazze e quelle della scodella. La tazza faceva parte delle "credenze", o serie di stoviglie per il servizio della mensa. Le forme "coperchiate" servivano più propriamente a contenere dolciumi, da cui il nome di "confettiere". Già sul finire del Quattrocento nelle carte faentine c'è ricordo di un'offerta al Magnifico Lorenzo di "tacce" (tazze) di maiolica, decorate con qualche "bella gentilezza"; e quest'uso di donare simili vasi continuò nel Cinquecento. L'evoluzione della tecnica ceramica e l'introduzione delle nuove materie prime, la porcellana e poi la terraglia, resero più comune questa sorte di vaso, divenuto indispensabile per gli usi della casa.
In architettura e scultura il vocabolo tazza (labrum, λουτήρ, λουτήριον) indica di regola: a) un largo bacino adibito a contenere acqua calda per bagno, come si usava nei calidarî delle pubbliche terme; b) una vasca da fontana, all'aperto. È un esempio della prima categoria il bacino di marmo delle Terme del Foro a Pompei. In entrambi i casi si tratta di una vasca comunemente di marmo, talora di bronzo, a collocazione fissa. Tazze e bacini del genere, per fontane vere o apparenti, si usavano ad abbellimento di giardini e di atrî delle case ellenistiche e romane. In tale funzione la tazza marmorea, di forma per lo più rotonda (se ne hanno anche di quadrate e di rettangolari) e di varia grandezza, manifesta il carattere essenzialmente ornamentale, mediante l'ampio diametro, la limitata profondità e la ricchezza artistica del piede e delle anse.
Il più sontuoso oggetto del genere è la tazza di porfido, semplice ma grandiosa (m. 4,15 di diam., in un solo pezzo), proveniente dalle Terme di Tito e situata al centro della sala rotonda del Museo Vaticano di Scultura. Munito talvolta di duplice, larga ansa, l'oggetto accusa una evidente somiglianza con la coppa greca detta "kylix". Al pregio della materia si aggiungeva spesso quello della decorazione scolpita: la quale, dalle scanalature del piede e dalle semplici baccellature alla base e all'orlo, va fino alle composizioni figurate, eseguite a forte rilievo. Un saggio del genere è la tazza marmorea (diam. m. 1,30) rinvenuta nel 1929 a Roma (Ospedale di S. Spirito), scolpita con figure di Tritoni e di Nereidi. La tazza, al pari di un'altra del Museo Nazionale di Napoli, adorna di protomi di Sfingi, è sollevata sopra un sostegno tripode a zampe leonine, e accusa l'imitazione di modelli in bronzo, nei quali era assente il pesante sostegno centrale di rinforzo. Di un'eleganza affatto particolare è la tazza di basalto nero dello stesso museo di Napoli, eretta su una colonnina, intorno a cui avvolge le spire del corpo anguiforme una figura di Scilla. Talune case e giardini di Pompei (donde provengono gli esemplari napoletani), come la casa dei Vettî, si adornano tuttora di simili tazze e bacini per zampilli di fontane. Su pitture parietali del sec. I dell'impero ricorre frequente il motivo della tazza da fontana, rappresentata nel suo ambiente abituale di verde, su uno sfondo di giardino (v. vol. XVII, p. 66).
V. tavv. LXXIII e LXXIV.
Bibl.: E. Saglio, in Daremberg e Saglio, Dictionnaire des Antiq., s. v. Labrum; V. Spinazzola, Le arti decorative al Museo Naz. di Napoli, Milano 1928, tav. 40 segg.; A. Mau, Pompeji in Lehen und Kunst, 2a ed., Lipsia 1908; A. Sogliano, La Casa dei Vetti, in Monum. dei Lincei, VIII (1898); Notizie Scavi, 1935, p. 69 segg. (P. Romanelli), tavole V-VII.