TAURISCO (Ταυρίσκος, Tauriscus)
Gli artisti greci di questo nome, che conosciamo da notizie di Plinio, sono probabilmente tre: uno scultore, un pittore, un toreuta. Il primo, fratello di Apollonio da Tralle, eseguì con lui il gruppo colossale marmoreo che rappresentava il supplizio di Dirce, del quale rimane una copia romana assai mutilata, il "toro Farnese", e qualche frammento d'un'altra al Vaticano. Le sole opere individuali ricordate sono delle erme di Eroti, possedute da Asinio Pollione (Nat. Hist., XXXVI, 33).
A. Michaelis credette di riconoscerne la copia di una nel marmo di Newby Hall, in Inghilterra: testa, braccia, e probabilmente gran parte delle ali, sono restauri. Un'erma che s'appaia a questa, con mossa simmetrica, è a Copenaghen. L'identificazione è probabile, perché il tipo e l'attributo bacchico della pelle d'animale convengono all'arte del periodo ellenistico avanzato. Un terzo esemplare di carattere alquanto diverso, adattato a cariatide, trovato ad Efeso, è d'attribuzione assai discutibile.
Il pittore, che alcuni credono la stessa persona, è menzionato (Nat. Hist., XXXV, 144) per soggetti mitologici e atletici: Clitennestra, Polinice che chiede il suo turno nel regno, Capaneo, un Panisco, un discobolo. L'attività di T. sarebbe databile intorno al 160 a. C., se quel Menecrate, il cui nome si legge tra le firme del fregio maggiore sul grande altare di Pergamo, fosse il padre adottivo dei due fratelli. Ad essi, in rapporto a tale identificazione, s'è voluto attribuire il minor fregio che rappresenta la storia di Telefo e che ha carattere pittorico assai accentuato, da spiegarsi con la tendenza personale di T. dipintore. Il quale l'avrebbe pure mostrata nel gruppo di Dirce, considerato come traduzione statuaria d'un quadro. E a lui, come assiduo alla corte di Pergamo, si vorrebbero ascrivere anche i quadretti appesi alle colonne del tempio di Cizico, dedicato alla regina Apollonide, vedova di Attalo I, morta verso il 160.
La famiglia deve avere mantenuto la tradizione dell'arte: una base di statua, nel teatro di Magnesia al Meandro, reca la firma d'un Apollonio figlio di T., e il tipo della scrittura è del sec. I a. C.
Il cesellatore, come dice Plinio esplicitamente (Nat. Hist., XXXVI 33; già nominato XXXIII, 156), non era il Tralliano: nulla sappiamo delle sue opere, né della cronologia, ma possiamo riferirlo all'età ellenistica.
Bibl.: G. Lippold, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., VA, col. 15.