PAVLOVA, Tatiana
PAVLOVA (Zeitman), Tatiana. – Nacque a Jekaterinoslav (Dnipropetrovsk) in Ucraina il 10 dicembre 1890, da Pavel e Fanny Terescenko.
Si unì in giovane età alla compagnia di Pavel Orlenev, attore e capocomico, che aveva un metodo di lavoro simile a quello del teatro d’Arte di Mosca di Nemirovič-Dančenko e Stanislavskij; Orlenev si documentava scrupolosamente prima di affrontare un’opera e un personaggio, leggendo non solamente copioni e saggi teatrali, ma anche testi di cultura generale. Il capocomico insegnò all’allieva le basi tecniche del mestiere, come la dizione e la memorizzazione, e le trasmise meticolosità e rigore. Allo scioglimento della compagnia, Orlenev si propose all’estero come attore ospite di formazioni che in passato lo avevano scritturato e utilizzò Pavlova come sua regista personale.
L’esperienza complessiva con Orlenev si svolse probabilmente tra il 1907 e il 1912. La datazione del periodo giovanile (compreso l’anno di nascita) non è facile per le dichiarazioni spesso contraddittorie della stessa Pavlova che, ritornata in patria, fu scritturata da una compagnia di giro. Nel 1914 recitò nel film L’uomo non è legno di Aleksandr Garin, al quale ne seguirono altri. Nel 1916 venne ingaggiata a Mosca dal Dramaticeskij Teatr e debuttò in La signorina Giulia di August Strindberg diretta da Aleksandr Sanin, ottenendo un grande successo.
Dopo la rivoluzione rimase poco in Russia e raggiunse l’Italia, probabilmente nel 1919. Dapprincipio risiedette a Torino dove lavorava per la casa cinematografica Ambrosio Film, per la quale interpretò alcune pellicole, come Orchidea fatale (1919) di Aleksandr Uralsky e Alessandro Rosenfeld. Si cimentò più tardi anche nei film sonori, tra cui spicca La signora di tutti (1934) di Max Ophüls. In vista di un debutto teatrale studiò l’italiano e per migliorare la dizione si affidò a noti attori come Cesare Dondini, Italia Vitaliani e Carlo Rosaspina. La sua casa divenne un luogo di incontro di scrittori tra i quali Luigi Pirandello, Massimo Bontempelli, Corrado Alvaro e Cesare Vico Lodovici. Si recò assiduamente a teatro, convincendosi sempre di più della necessità di introdurre in Italia una differente concezione della messa in scena. Con l’aiuto di Giacomo L′vov, Pavlova prese contatti con l’impresario Giuseppe Paradossi, che faceva parte di un consorzio che gestiva le principali sale teatrali, e nel 1923 riuscì a formare una compagnia a spese proprie con il primo attore Alberto Capozzi, divo in declino, Calisto Bertramo, sua moglie Ernestina Bardazzi, la figlia Letizia Bonini e come generico Vittorio De Sica. Pur avendo una certa difficoltà a trasmettere il proprio metodo di lavoro agli attori italiani, non abituati a una preparazione lenta e approfondita della parte, Pavlova riuscì a debuttare al teatro Valle di Roma il 3 ottobre 1923 con Sogno d’amore di Alexander Kosorotov, in una sala gremita.
Nel primo anno ottenne il consenso del pubblico, ma non dei critici, che si soffermavano sulla dizione esotica senza sottolineare le novità da lei introdotte nel panorama teatrale italiano. Con il tempo i giudizi divennero positivi e si passò a elogiare la duttilità della regista-attrice a suo agio sia nel repertorio drammatico sia in quello leggero. Insieme a Maria Melato, Pavlova fu un’interprete d’elezione del teatro di Pier Maria Rosso di San Secondo, del quale mise in scena sei testi, cinque in prima nazionale o mondiale. Un cavallo di battaglia fu Mirra Efros di Jacob Gordin proposto in più riprese.
Nella concezione di Pavlova, il regista doveva avere un’idea precisa di tutto l’insieme anche se poi si avvaleva di collaboratori (scenografo, costumista, musicista). Le scene e i costumi vennero creati appositamente per ogni spettacolo, rompendo con una tradizione ottocentesca ancora in uso, mentre per le ambientazioni contemporanee fu mantenuta la pratica comune, che ogni attore doveva possedere un proprio corredo. Coinvolse nei progetti sempre personaggi di alto livello, tra i registi Pietro Sharoff, Vladimir Ivanovič Nemirovič-Dančenko, Guido Salvini, Anton Giulio Bragaglia, tra gli scenografi Nicola Benois, Giorgio De Chirico, Antonio Valente, Giorgio Abkhasi, Mario Pompei, tra i costumisti Titina Rota. Per quanto riguarda la recitazione, Pavlova non cercò mai di esaltare la propria bravura circondandosi di attori mediocri, anzi della sua compagnia facevano parte spesso giovani di talento come Vittorio De Sica, Evi Maltagliati, Raoul Grassilli, Amedeo Nazzari, Laura Adani, Elena Zareschi e Renato Cialente, che lavorò con lei come primo attore dal 1924 al 1933. Contrastò la figura del mattatore e sostenne l’abolizione dei ruoli. La compagnia veniva convocata per una lettura a tavolino, nella quale ognuno spiegava il proprio personaggio, il collegamento con gli altri e con il contesto; seguivano discussioni e chiarimenti, che portavano all’affiatamento e all’armonia generale, necessari per il successivo lavoro in scena della regista.
Nel 1935 alla fondazione dell’Accademia d’arte drammatica, Pavlova fu chiamata da Silvio D’Amico a ricoprire la cattedra di regia. Assunse l’incarico fino al 1938, quando fu allontanata per divergenze con il direttore. Fu rilevante la messa in scena del Mistero della Natività, Passione e Resurrezione di Nostro Signore, antologia di laude umbre del XIII e XIV secolo realizzata da Silvio D’Amico in collaborazione con Paolo Toschi, presentata a Padova nel giugno del 1937, anno delle celebrazioni giottesche. La regia fu affidata alla Pavlova, affiancata da Mario Pelosini e assistita dagli allievi Orazio Costa e Massimo Taricco.
Nel 1937 sposò Nino D’Aroma. Dopo l’allontanamento dall’Accademia, Pavlova diradò la sua presenza in teatro. Nel 1940 fu nel cast di Maria Maddalena diretta da Corrado Pavolini e siglò la regia di due spettacoli interpretati da Memo Benassi (Kean e Il cadavere vivente). Nel 1946 venne ingaggiata da Luchino Visconti per il ruolo di Amanda in una memorabile messa in scena dello Zoo di vetro di Tennessee Williams. L’enorme successo ottenuto la spinse a formare una nuova compagnia, che diresse, tra l’altro, in Lunga notte di Medea (testo commissionato a Corrado Alvaro nel 1949, scene di Giorgio De Chirico e musiche di Ildebrando Pizzetti).
Nel 1952 fu invitata da Francesco Siciliani al Comunale di Firenze per curare la regia di La dama di picche di Čajkovskij; trasferì il metodo di lavoro utilizzato nel teatro di prosa in quello lirico, ottenendo ottimi risultati con i cantanti e con gli artisti del coro. Dopo quell’esperienza fu chiamata dai maggiori teatri lirici italiani come il teatro alla Scala e la Piccola Scala di Milano, la Pergola di Firenze, il San Carlo di Napoli, il teatro Massimo di Palermo, il Carlo Felice di Genova, l’Opera di Roma. Ingaggiata nel 1955 per la RAI da Sergio Pugliese, sia come regista sia come attrice in trasposizioni televisive di opere teatrali, raggiunse anche sul piccolo schermo alti indici di gradimento.
Pavlova morì a Grottaferrata (Roma) il 7 novembre 1975.
Opere. “Cavallo di battaglia”. La mia “parte”, in Comoedia, 1931, n. 1, pp. 11-13; Il mio maestro: Paolo Orlenef, in La Lettura, 1931, n. 2, pp. 130-133; Dal copione alla ribalta, ibid., n. 5, pp. 410-415; Dal copione alla ribalta. A ciascuno il suo posto, ibid., n. 10, pp. 888-891; Dal copione alla ribalta. “Mettere in scena”, ibid., 1932, n. 6, pp. 508-512; Cinema=Teatro, in Scenario, 1933, n. 11, p. 562; L’imperatrice si diverte, in Il Dramma, XII (1936), 226, pp. 3-28 (con A. Casella); Tredici mesi di insegnamento, in Scenario, 1937, n. 6, p. 263; Tatiana si è arrabbiata, in Il Dramma, XXVII (1951), 130, pp. 50 s.; La Regia teatrale in Italia, in Il Giornale d’Italia, 11-12 aprile 1962 (con R. Radice). Si veda infine: Autobiografia, in D. Ruocco, T. P. diva intelligente, Roma 2000, pp. 171-242.
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Si vedano inoltre: http://www.teatroestoria.it/ doc/materiali/Pavlova_Il_caso.pdf e http://www. russinitalia.it/dettaglio.php?id=278.