TASO
– Se ne conosce il luogo di nascita (Benevento), ma non la data né l’identità dei genitori. Alcuni elementi possono però aiutare a inquadrare meglio questo aspetto: sappiamo infatti che egli faceva parte del terzetto di fondatori del cenobio molisano di S. Vincenzo al Volturno, insieme al fratello Tato e al cugino Paldo; che la nascita del monastero si colloca negli anni a cavallo fra il VII e l’VIII secolo e che i tre erano tutti piuttosto giovani al momento in cui abbracciarono la vita monastica. Pertanto, appare plausibile che egli sia venuto al mondo negli anni Settanta del VII secolo. L’origine beneventana di Taso è apertamente dichiarata nel Chronicon Vulturnense, e precisamente nel prologo scritto da Ambrogio Autperto, con la precisazione che la famiglia di cui egli e i suoi due compagni facevano parte era di nobili origini. Un diploma del duca Gisulfo I, riportato dal Chronicon e considerato falso, ma forse costruito, secondo Vincenzo Federici, sulla base di informazioni attendibili, afferma addirittura che i tre fossero carnis consanguinitate propinqui al duca (Chronicon Vulturnense..., a cura di V. Federici, 1925-1938, doc. 9), e cioè suoi parenti; la loro nobiltà è ricordata anche dalla Chronica Monasterii Casinensis, che li ricorda come nobiles viri Beneventani e aggiunge anche che erano divites et potentes (Chronica Monasterii Casinensis, a cura di H. Hoffmann, 1980, I, 4).
Il Chronicon e i testi anteriori in esso inseriti vogliono far apparire l’avventura dei tre fondatori come un esemplare caso di vocazione monastica sviluppata in totale autonomia, se non addirittura in contrapposizione nei confronti delle famiglie e dell’ambiente sociale di provenienza. Letture più approfondite delle informazioni disponibili permettono però di capire che, ferma restando l’autenticità di tale vocazione, il progetto di costituire un monastero ai confini settentrionali del Ducato di Benevento non avrebbe potuto essere concepito senza il consenso del duca in persona.
In ogni caso, prima di tornare nel Sannio e fondare S. Vincenzo, Taso e i suoi compagni stazionarono per un certo periodo presso l’abbazia di Farfa, dove avrebbero ricevuto dal fondatore del cenobio laziale, Tommaso di Morienne, la necessaria formazione spirituale per assumersi poi la responsabilità della fondazione e della conduzione di una nuova comunità. Sempre stando alle fonti farfensi, sulla base di un accordo intercorso fra Tommaso stesso e il duca Gisulfo i tre sarebbero stati posti sotto una sorta di tutela da parte dell’abbazia, che sarebbe durata sino alla metà circa dell’VIII secolo. Su questa circostanza le fonti vulturnensi – comprensibilmente – tacciono del tutto.
L’esigenza di questa tutela sarebbe derivata proprio dal fatto che soprattutto Taso e suo fratello Tato, nel momento in cui vennero raggiunti a Farfa dai loro parenti che ne lamentavano la fuga da Benevento e desideravano che essi tornassero nelle loro terre, anche mantenendo il proposito di vita ascetica, avrebbero avuto un atteggiamento piuttosto renitente, forse manifestando riottosità all’idea di rendersi protagonisti di un’esperienza spirituale così manifestamente pilotata dall’esterno. La cosa li avrebbe posti sotto una luce non lusinghiera agli occhi del duca, che – sempre secondo la versione farfense della storia – sarebbe stato convinto a riammetterli nel proprio favore solo tramite i buoni uffici di Tommaso, che si sarebbe fatto garante nei loro confronti.
Risolti questi problemi, Taso e i suoi due compagni si sarebbero infine recati alle fonti del Volturno, dove – come narra il prologo di Autperto al Chronicon Vulturnense – avrebbero sperimentato (in accordo con i più collaudati topoi della santità monastica) tutte le durezze degli esordi di una vita di rinunce e compunzione.
Nei primi anni fu il cugino Paldo a reggere le sorti del monastero appena fondato, sino alla sua morte, avvenuta nell’ottobre del 719 o del 720. Fu scelto a succedergli proprio Taso, che però ben presto si sarebbe reso inviso a buona parte della comunità per l’eccessivo rigore ascetico che intendeva imprimere. Ne scaturì una ribellione, in seguito alla quale Taso fu deposto e sostituito da suo fratello Tato.
La rivolta fu disapprovata dal pontefice Gregorio II, ma la sua risoluzione fu resa possibile dal fatto che i monaci ribelli vennero tutti colpiti dal castigo divino e, benché progressivamente pentitisi delle loro azioni, condotti l’uno dopo l’altro a morte, incluso lo stesso Tato, al quale però Autperto rivolge parole pietose, perché avrebbe in qualche modo cercato di comporre il dissidio fra la pusillanimità dei monaci e il fervore di zelo di suo fratello.
Sulla base dei computi effettuati da Vincenzo Federici, si ritiene che il primo periodo di reggimento abbaziale da parte di Taso sia stato di breve durata: probabilmente, il fratello doveva averlo già sostituito nel 721. Alla sua morte, nel 729, Taso – che evidentemente, e nonostante tutto, doveva essere rimasto nella comunità – gli subentrò nuovamente e rimase verosimilmente in carica ancora per un decennio.
Autperto spende per lui parole di elogio estremamente vibranti, additandolo a vero esempio di perfezione ascetica, lodandone non solo le qualità spirituali, ma anche i comportamenti quotidiani, tra i quali si annoveravano la partecipazione diretta ai lavori manuali, l’assoluta astinenza da ogni pratica di igiene personale, l’esercizio delle veglie notturne e la sopportazione della tortura del cilicio.
Per quanto riguarda questo secondo periodo di reggimento abbaziale, Taso è oggetto di una breve nota biografica da parte del cronista Giovanni, autore del Chronicon Vulturnense, preceduta da una miniatura e integrata da testi di documenti pertinenti al periodo in cui egli fu in carica. In questo senso, il profilo di Taso appare identico a quello stabilito per il suo predecessore Tato, secondo una falsariga che sarà rispettata in genere anche per i loro successori, per la quale sono piuttosto i documenti che non la narrazione vera e propria a definire la personalità e le gesta dell’abate in questione.
Le notizie fornite dal cronista c’informano del fatto che Taso fu il primo abate costruttore di S. Vincenzo al Volturno. A lui è infatti attribuita l’edificazione della chiesa di S. Maria Maggiore, che avrebbe rappresentato il principale edificio di culto del monastero durante tutto l’VIII secolo, sino al momento della costruzione della nuova Basilica Maior dedicata a s. Vincenzo di Saragozza, fatta erigere dall’abate Giosuè (792-817). La collocazione topografica di questa chiesa è tuttora ignota.
Durante il suo abbaziato Taso redasse un documento che, se autentico (ma Federici non ne dubita), costituisce un’importante testimonianza del fatto che a S. Vincenzo al Volturno si seguisse sin dagli esordi la Regola di Benedetto; in esso si fornisce una serie di informazioni riguardo le punizioni inflitte ai monaci in conseguenza di diverse infrazioni alle norme che essa stabilisce. Richiamato al termine del suo profilo biografico, il documento non fu poi ivi trascritto, ma esso appare all’inizio del codice, a conclusione delle prime otto chartae in cui è riportato il testo dell’orazione di Autperto sui sette vizi capitali, insieme al testo anonimo di un’acclamazione contro i nemici della Chiesa e a due documenti datati al periodo successivo alla fine della narrazione del Chronicon vero e proprio.
Infine, il nome di Taso ricorre in apertura al secondo prologo presente nel Chronicon Vulturnense, quello del cosiddetto Pietro Presbitero. Vi si afferma infatti che sarebbe stato proprio tale abate a ordinare la stesura di questo testo, affinché le gesta dei tre fondatori rimanessero a esempio perpetuo di esemplare professione monastica per i confratelli che avrebbero popolato la comunità nel corso delle generazioni successive.
In realtà, al testo del cosiddetto Pietro Presbitero è stata attribuita una datazione più verosimilmente collocabile nel corso dell’XI secolo, probabilmente a metà strada fra quella prima redazione di una cronaca vulturnense nota come Frammento Sabatini (fine X-inizi XI secolo) e il Chronicon vero e proprio composto nel corso del primo venticinquennio del XII secolo.
Il Chronicon Vulturnense colloca la morte di Taso nel giorno 11 dicembre 739. All’abbaziato di Taso sarebbe succeduto quello di Ato (739-760), nel corso del quale la comunità di S. Vincenzo al Volturno si sarebbe definitivamente affermata, sul piano spirituale e politico, nel panorama dell’Italia longobarda.
Fonti e Bibl.: Constructio monasterii Farfensis, a cura di U. Balzani, in Il Chronicon Farfense di Gregorio di Catino, a cura di U. Balzani, I-II, in Fonti per la storia d’Italia, XXXIII, 1, Roma 1903, pp. 1-23; Chronicon Vulturnense del monaco Giovanni, a cura di V. Federici, Roma 1925-1938, ad ind. (in partic. Prologus domni Authperti venerabilis abbatis in vita vel obitu sanctorum patrum Paldonis, Tatonis et Tasonis Sancti Vincentii abbatum, I, pp. 101-123; Prologus Petri Presbyteri et monachi in vita vel obitu sanctorum patrum Paldonis, Tatonis et Tasonis, I, pp. 124-144); Chronica Monasterii Casinensis, a cura di H. Hoffmann, in MGH, Scriptores, XXXIV, Hannover 1980.
V. Federici, Ricerche per l’edizione del “Chronicon Vulturnense” del monaco Giovanni, I, Il codice originale e gli apografi della cronaca, in Bullettino dell’Istituto storico italiano per il Medio Evo, LII (1937), pp. 147-236; Id., L’origine del monastero di S. Vincenzo secondo il prologo di Autperto e il “Libellus Constructionis Farfensis”, in Studi di storia e diritto in onore di Carlo Calisse, Milano 1940, pp. 3-13; Id., Ricerche per l’edizione del Chronicon Vulturnense, II, Gli abati, in Bullettino dell’Istituto storico italiano per il Medio Evo, LVII (1941), pp. 71-114; P. Bertolini, I duchi di Benevento e San Vincenzo al Volturno. Le origini, in Una grande abbazia altomedievale nel Molise. San Vincenzo al Volturno, a cura di F. Avagliano, Montecassino 1985, pp. 85-177; P. Delogu, I monaci e l’origine di San Vincenzo al Volturno, in R. Hodges - J. Mitchell - P. Delogu, San Vincenzo al Volturno. Le origini di una città monastica, Roma 1996, pp. 45-60; G. Braga, Analisi del testo per un’ipotesi di datazione, in Il Frammento Sabatini. Un documento per la storia di San Vincenzo al Volturno, a cura di G. Braga - M. Palma, Roma 2000, pp. 61-72; F. Marazzi, Fama praeclari martyris Vincentii. Riflessioni su origini e problemi del culto di San Vincenzo di Saragozza a San Vincenzo al Volturno, in Sanctorum, IV (2007), pp. 163-202; Id., Varcando lo spartiacque. San Vincenzo al Volturno dalla fondazione alla conquista franca del regnum Langobardorum, in L’VIII secolo. Un secolo inquieto, a cura di V. Pace, Cividale del Friuli 2010, pp. 163-184; F. De Rubeis, Le nebulose delle origini. A proposito dei miti di fondazione monastici, in Historiae. Scritti per Gherardo Ortalli, a cura di C. Azzara et al., Venezia 2013, pp. 23-33; M. Stoffella, Paldo, in Dizionario biografico degli Italiani, LXXX, Roma 2014, pp. 409 s.; F. Marazzi, Pellegrini e fondatori. Rapporti fra monasteri e politica nel Meridione altomedievale, in Bullettino dell’Istituto storico italiano per il Medio Evo, CXVIII (2016), pp. 49-108.