TARTAGLIA
. Maschera della Commedia dell'Arte, introdottasi nel teatro scritto, secondo il Riccoboni, nel 1630, quando i "domestici" cominciavano a deporre la maschera e farsi una propria truccatura, per la quale T. adottò grandi occhiali azzurri, volto rasato, testa calva, gran cappello grigio a cencio, ampio colletto bianco, mantello, abito e calzoni verdi con strisce gialle, calze bianche e scarpe di cuoio giallo. Nel 1750 l'attore napoletano Fiorelli modificò il costume, adottando calzoni corti e berretto e ornando l'abito di alamari d'argento; e riformò il "carattere" aggiungendo a quelle di servitori parti di birro, procuratore, giudice, speziale, nelle quali sfoggiava grande comicità imbrogliando la gente e salvando, spesso, gl'innocenti. T. visse sulla scena fino ad epoca recente, con un rinnovato costume: parrucca bianca, cappello a punta, abito verde, scarpe con grande fibbia. La caratteristica balbuzie (donde il nome) ingenerava monotonia: T. la moderò e si modificò anche il nome, assumendo, tra gli altri, quello di Paglietta, l'avvocato imbroglione napoletano.