TARRAGONA (A. T., 41-42)
Città marittima e porto della Catalogna, capoluogo dell'omonima provincia e sede arcivescovile, circa 100 km. a OSO. di Barcellona, 425 km. a ESE. di Madrid. Il centro odierno, che consta di due parti, sorge a 84 m. s. m., sulla sinistra del Río Francoli, presso la foce di questo nel Mediterraneo; su una piccola altura, ultima diramazione della Sierra de la Cabra, si addossa il nucleo più antico, dalle vie strette e tortuose, dominato dal caratteristico Torreón de Pilatos, mentre i moderni quartieri occupano la regione pianeggiante tra l'altura anzidetta, il mare e la foce del Francoli. La fertilità delle vicine campagne e i fiorenti centri industriali della provincia, hanno dato, dopo un secolare periodo di stasi, nuova vita alla città, che, per la sua posizione sulla grande via naturale dell'Ebro, fu in passato tra le più fiorenti e popolose città della Spagna, sia in epoca romana, sia durante il basso Medioevo, quando rappresentava un centro commerciale di primo ordine. La popolazione, che nel 1910 era di 23.378 ab., saliti a 28.000 ab. nel 1920, contava 30.747 ab. nel 1930. Al porto, che ha un discreto traffico, affluiscono i prodotti agricoli della regione circostante, alimentando una notevole esportazione di vini, frutta e alcool, destinata sopra tutto alla Francia. Le industrie sono le tessili (seta, lino e cotone), le alimentari (distillerie, molini, ecc.), le metallurgiche (fonderie), quelle dei cordami, cartiere, ecc. Importante nodo ferroviario, ha stazione sulla Barcellona-Valenza con diramazioni per Saragozza e Lérida da un lato, per Reus e Mora dall'altro.
Monumenti. - Tra i numerosi monumenti superstiti della romana Tarraco due soprattutto primeggiano per la loro importanza e la loro conservazione: il mirabile acquedotto augusteo de Las Ferreras, a due piani sovrapposti di 11 e 25 arcate, e la grandiosa cinta murale, la cui prima origine pare rimonti all'occupazione iberica degl'Ilergeti, ma che fu rimaneggiata e in gran parte ricostruita in età romana. Altri monumenti degni di nota sono gli edifici del Foro, recentemente riesplorati, il cosiddetto Palazzo di Augusto, presumibilmente il Praetorium della città, e poi il circo, il teatro, l'anfiteatro, ecc.; nei pressi della città, il cosiddetto Mausoleo degli Scipioni presso Altafulla, la miniera romana detta Cantera de el Medol, l'arco di Bará o di Licinio Sura, e il vasto edificio romano di Centcellas con una sala decorata da una grandiosa cupola ornata di musaici (sec. III).
Nella necropoli romano-cristiana, costruita con resti di edifizî in rovina, si usarono sarcofagi di pietra locale o di marmo, casse di piombo, tombe rettangolari con quadrelli di marmo, sepolcri triangolari fatti di tegole ed urne cinerarie di pietra o di terracotta. Si rinvennero anche i vestigi di una basilica costruita negli ultimi tempi in cui fu in uso questo cimitero. La cattedrale, incominciata verso il 1171 e consacrata nel 1331, a croce latina con cinque absidi, è di transizione dal romanico al gotico. Ne furono architetti, tra altri, Fra Bernat (morto nel 1256) e Guillem Clergue (morto nel 1332). Nella cappella maggiore v'è un magnifico altare gotico di alabastro, scolpito nel 1426-1434 da Pere Johan, e il mausoleo dell'infante-arcivescovo don Giovanni d'Aragona (morto nel 1334). Altre cappelle importanti sono quelle di S. Maria o "dei Sarti" con ancona scolpita da Maestro Aloy (1368); di S. Fruttuoso e di S. Giovanni Battista, i cui lavori furono diretti dall'architetto Pere Blay (fine del sec. XVI); e quella di S. Tecla, eseguita nel 1670-1775. Gran parte degli stalli del coro fu scolpita alla metà del sec. XV dal maestro Francesco Gomar. Nella facciata un gran rosone e il portale con statua della Vergine. Nel chiostro romanico le sculture dei capitelli e del portale furono incominciate alla fine del sec. XII. La cappella di S. Tecla "antica", situata nel vecchio cimitero della cattedrale, è del sec. XIII, e quella di S. Paolo nei chiostri dell'università pontificia è del periodo di transizione.
Il museo archeologico provinciale contiene oggetti preistorici, frammenti dei templi di Giove e d'Augusto e del Teatro romano, sarcofagi, statue greche e romane, musaici, lapidi, ecc., oltre a molti frammenti di sculture che provengono dai monasteri di Poblet e di Santes Creus. Nel Museo diocesano vi sono, tra molte altre opere, l'altare di Guardia de Prats (principio del sec. XV) attribuito al Borrassà, quello di Solivella dipinto dall'artista tarragonese Mateu Ortoneda, e una Testa di Cristo del de Morales.
Storia. - Un centro abitato dalla popolazione iberica degl'Ilergeti esisteva già in quel luogo col nome di Callipolis nel sec. VI a. C. e a questa popolazione appartengono i vasi a pasta nera del sec. VI-V ivi scoperti e la prima costruzione delle mura megalitiche di Tarragona. Nel sec. III la località viene occupata dalle tribù non iberiche dei Cossetani o Cessetani, che lasciarono le monete al nome di Cose (Cesse, Cissa), la tipica ceramica catalana e le tombe a silo. Non è ancora stato chiarito quale sia la portata della penetrazione cartaginese su questo tratto della costa iberica, prima della venuta dei Romani. In quei pressi si svolse la battaglia di Cissa tra Scipione e Annone Cartaginese, il quale fu sconfitto e cadde in mano dei Romani, e da allora la città prese il nome di Tarraco e andò rapidamente trasformandosi e fortificandosi potentemente contro i Cartaginesi. Augusto, che vi svernò durante la guerra Cantabrica, la elevò nell'anno 16 a. C. a colonia (Colonia Iulia Victrix Triumphalis) e ne fece la capitale della più vasta fra le 3 provincie della Hispania da lui ricostituite e che prese appunto il nome di Tarraconensis (v. tarraconense) nonché il capoluogo di un conventus iuridicus. Divenuta così sede del legato imperiale, essa fu uno dei centri maggiori del culto degli Augusti. Tarragona ebbe allora un grande sviluppo economico, specie per la produzione del lino e del vino. Ma essa perdette molto della sua importanza quando la Tarraconensis fu divisa, da Caracalla in poi (v. spagna: Storia). Nel 259 ai tempi del vescovo martire Fruttuoso, la Chiesa Tarraconese era già organizzata e a quel secolo rimonta il cimitero cristiano scoperto recentemente presso la Manifattura dei tabacchi.
Sottomessa dai Visigoti al tempo di Eurico, continuò ad essere la capitale della provincia, governata da un duca; fu poi in potere degli Arabi fino al 1119, quando la riconquistò Gastone IV visconte di Béarn. Pare tuttavia che nel 1089 il conte di Barcellona Berengario Raimondo II - che si dice avesse allora occupata la città, sebbene temporaneamente - ne avesse fatto donazione alla Chiesa romana, sicché non appena Gastone l'ebbe in suo potere, si presentò Sant'Olegario a prenderne possesso come legato a latere della S. Sede. E quantunque questi la cedesse subito a Roberto de Aguiló, pure la Chiesa vi mantenne i proprî diritti; infatti essendo arcivescovo Guillermo de Torroja (1171-74) si fece col re una convenzione, in forza della quale ambedue dovevano considerarsi principi di Tarragona. Condivise poi le sorti della Catalogna. Particolare ricordo merita l'assedio del 1811 da parte del generale francese Luchet: assedio durato dal 7 maggio al 28 giugno.
Bibl.: Per i monumenti: L. Pons de Icart, Libro de la grandezas y cosas memorables de la metropolitana, insigne y famosa ciudad de Tarragona, Lérida 1572 (ristampa del 1883); F. Albiñana e A. de Bofarull, Tarragona monumental, Tarragona 1849; L. Serralach, Monumentos romanos de Tarragona, Barcellona 1886; B. Hernández e A. del Arco, Catálogo del Museo Arqueológico de Tarragona, Tarragona 1894; E. Morera, Tarragona antigua y moderna, ivi 1894; id., La catedral de Tarragona, ivi 1904; A. Nogués, Guía de Tarragona y su Provincia, ivi 1906; A. M. Gibert, Tarragona prehistórica y protohistórica, Barcellona 1909; id., Els temples pagans de la Tarragona romana, Tarragona 1916; E. Albertini, Sculptures antiques du Conventus Tarraconensis, in Anuari de l'Institut d'Estudis Catalans, 1911-12, Barcellona 1913; L. del Arco, Guía artística y monumental de Tarragona y su Provincia, Tarragona 1912; S. Capdevita, El temple de Santa Maria del Miracle de Tarragona, ivi 1924; id., Tarragona, Barcellona 1929; B. Bosch Gimpera, Problemes d'historia antiga i d'arqueologia tarragonina, Tarragona 1925; J. Ruiz y Porta, La Necrópolis de Tarragona, Barcellona 1928; J. Serra Vilarò, Excavaciones en Tarragona, ivi 1932; id., Las pinturas de la Seu primada de Tarragona, Tarragona 1934; J. M. de Navascués, Guía de Tarragona, Madrid 1932; A. Schulten, Tarraco, 2a ed., Tarragona 1934; P. Lavedan, L'architecture gothique religieuse en Catalogne, Valence et Baléares, Parigi 1935.
Per la storia: Mon. Ling. Iber., 21; Inscript. graec., XIV, p. 668; Corpus Inscript. Lat., II, pp. 538, 711, 972, 1044; E. Hübner, Tarraco und seine Denkmäler, in Hermes, 1866, pp. 77 e 337; P. Paris, Promenades archéol. en Espagne, I, Parigi 1910 (con ampia bibl.); J. M. de Navascués, Tarragona, Barcellona 1929; J. Ruiz y Porta, Tarragona, ivi 1930; A. Schulten, Tarragona, in Deutsche Zeitschr. f. Spanien, Barcellona 1923; J. Puig y Cadafalch, ecc., L'arquitectura roman. a Catalunya, I, ivi 1929; B. Hernández Sanahuja, El Pretorio de Augusto, Tarragona 1888; J. Serra Villarò, Excav. en la necrop. rom.-cristiana de Tarragona, in Mem. de la Junta Superior de Excav., n. 104 e 111, Madrid 1929-1930; P. Bosch-Gimpera, Prehistoria Catalana, Barcellona 1919; E. Hübner, Röm. Herrschaft in Westeuropa, Berlino 1890; L. Domenech, Restos romanos de Tarragona, in Museum, 1911, n. 4; B. H. Sanahuja, Las Mur. de Tarrag., in Bull. arqueol. Tarrag., III, ii (1923-24); P. Planas, Importancia histórico-arqueológica de Tarragona, desde los tiempos prehistóricos hasta el imperio de Cesar Augusto, Barcellona 1918; A. Alegret, Taraconenses ilustres, Tarragona 1925.
La provincia di Tarragona. - La provincia, formata nel 1833 con la parte meridionale della Catalogna, confina con la provincia di Lérida a N., di Barcellona a E., di Castellón a SO., di Teruel e Saragozza a O.; a SE. si affaccia al Mediterraneo per circa 175 km. Il territorio, vasto 6490 kmq., molto montuoso e dal rilievo assai frazionato, comprende la parte sud-occidentale della pittoresca Catena Catalana, innalzantesi sopra i 1000 m. (Sierra del Montsant 1071 m.; M. Caro 1413 m.), che una depressione, aprentesi nella pianura alluvionale di Tarragona a SO. e nella regione pianeggiante in cui serpeggiano il Fluvia e il Ter a NE., separa da una serie di rilievi non molto elevati (inferiori ai 1000 m.), che accompagnano la costa; questa, per lo più bassa, poco accidentata e pericolosa, perché battuta con violenza dai venti di NE., E. e SO., è interrotta all'estremo sud-occidentale dal grande e paludoso delta dell'Ebro. Il clima è temperato caldo, con temperature medie annue che si aggirano sui 16°; le precipitazioni, scarse, vanno da 400 a 500 mm. annui, con un prolungato periodo di siccità estiva, che rende necessaria l'irrigazione delle colture. Per questo motivo, all'infuori dell'Ebro, nessun altro dei numerosi fiumi e torrenti che, dopo aver intaccato con valli profonde i rilievi correnti paralleli alla costa, sfociano direttamente in mare (Gaya, Francoli, Ter, Fluvia), portano acqua nell'estate. L'economia della provincia si basa sull'agricoltura, di cui i principali prodotti sono rappresentati da cereali, vino, olio, frutta (nocciole e mandorle) e ortaggi, i due ultimi coltivati specialmente nel ben irrigato Campo di Tarragona, nel fertile Panadés e nella Plana de la Galera. Le industrie, fiorenti e numerose, riguardano le tessili (lana, lino, seta), la lavorazione del cuoio e dei cordami, fabbriche di saponi, cartiere, distillerie e molini.
La popolazione al 1930 contava 345.757 ab. (densità 54 ab. per kmq., superiore alla densità media della Spagna, che è di 47), in lieve diminuzione rispetto al 1920 (355.148 ab.).
Centri principali, oltre al capoluogo sono Tortosa (35.865 ab.), la più popolosa città della provincia, nella valle dell'Ebro, Reus (31.300 ab.) fiorente per industrie, Valls nel Penedés. Mora e Flix nella valle dell'Ebro.