LIGUSTRI, Tarquinio
Nacque a Viterbo, dove fu battezzato l'8 ag. 1564, da Giovan Pietro e Faustina Laziosi (Angeli). Non si hanno notizie sulla sua formazione artistica che è probabile sia avvenuta tra Caprarola e Bagnaia, ove il palazzo Farnese e la villa del cardinale Gianfrancesco Gambara offrivano numerosi esempi di aggiornata pittura del tardo manierismo, in particolare nel genere del paesaggio che fu prediletto dal Ligustri.
Risulta documentato a partire dal 1587, quando iniziò un'importante serie di lavori per il palazzo dei Priori a Viterbo.
Dapprima sottoscrisse un contratto per la decorazione di tutte le pareti della sala Regia; quindi, l'anno successivo, dipinse con Giovanni Antonio Mussi e Ludovico Nucci la volta delle scale di accesso alla sala maggiore e nel 1588-89 collaborò con Baldassarre Croce, che aveva avuto l'incarico principale (inizialmente assegnato allo stesso L.), alla decorazione delle pareti. Benché i documenti non lo precisino, è possibile che il L. si sia occupato della finta struttura architettonica, vista in prospettiva, e forse anche delle vedute con l'Etruria Urbs e Viterbo. Nel 1592 ebbe l'incarico di dipingere il soffitto del salone, sempre insieme con Nucci, con le raffigurazioni dei castelli soggetti in antico alla città di Viterbo, ove la rappresentazione del paesaggio già assume un'inusitata importanza, dimostrando un'evidente assonanza con la produzione di Antonio Tempesta.
Nel 1596 realizzò tre importanti incisioni: la Città di Viterbo, dedicata al cardinale Odoardo Farnese; la Villa di Bagnaia, con dedica al nuovo proprietario, il ricco e potente cardinale Alessandro Peretti; e una serie di mensoloni architettonici, offerta all'architetto Ottaviano Mascherino. L'importanza dei personaggi citati attesta un allargarsi di orizzonti del pittore, che aveva ormai volto la propria attenzione verso Roma. Nel 1598 la sua presenza nella città papale è attestata da due atti notarili, ma già l'anno precedente risulta assente da Viterbo. In questo torno di tempo deve essere avvenuto il trasferimento, anche se sono possibili sia brevi soggiorni romani precedenti, sia temporanei rientri nel luogo d'origine.
Nella scarna biografia di Baglione sono citate alcune delle opere eseguite in luoghi sacri dal L. dopo l'arrivo a Roma, tra le quali la decorazione della cappella dedicata alla Concezione in S. Silvestro in Capite, concessa in patronato nel 1596 al vescovo Antonio Maria Manzoli che si impegnò a farla decorare.
In mancanza di documenti e della possibilità di esaminare i dipinti distrutti, raffiguranti prospettive e puttini, sembra più opportuno mantenerne la datazione a ridosso della data di concessione del patronato, piuttosto che spostarla sino al 1604-05, come è stato proposto (Nicolai, p. 380).
Ancora Baglione attestava la partecipazione del L. alla decorazione, "con vari compartimenti", della navata sinistra nella chiesa di S. Cecilia, nell'ambito dei lavori promossi a partire dal 1599 dal cardinale Paolo Emilio Sfondrato che videro la partecipazione di un ampio gruppo di pittori. L'intervento del L. potrebbe essere individuato nei finti oculi delle volticelle, con angioletti scorciati alla maniera di Giovanni e Cherubino Alberti, e nelle edicole architettoniche dipinte sulle pareti della navata sinistra.
Precise indicazioni documentarie consentono di datare al 1599 l'intervento del L. nella decorazione della chiesa di S. Vitale. La critica è concorde, salvo Bailey (2003), nel riconoscergli i dieci grandi paesaggi con scene di martirio - dove il paesaggio, di impostazione affine a quella di Paul Bril, domina sulle piccole figure umane, contribuendo però a storicizzare gli avvenimenti e a sottolinearne la tragicità, con forme aspre e talora irreali - e, con minore sicurezza, interventi negli affreschi dell'area presbiteriale. Un pagamento per opere imprecisate avvenne anche nel 1603.
Nel 1600 dipinse due volte nel palazzo di Asdrubale Mattei (palazzo Mattei di Giove), con finte architetture in prospettiva, all'interno di una vasta équipe di pittori guidati da Cristoforo Roncalli. Le opere furono particolarmente apprezzate e rivelano, oltre a un sapiente uso delle fonti luminose, un virtuosismo prospettico legato agli esempi romani coevi dei fratelli Alberti.
Ancora in quell'anno giubilare il L. collaborò alla decorazione di una delle sale che si affacciano sulla piazza omonima del palazzo della Cancelleria, allora abitato dal cardinale Alessandro Peretti. La data 1600 compare negli angoli del fregio dell'ambiente che presenta sui lati corti due coretti in prospettiva ai lati di gruppi di putti con stemmi, figurazioni che ricorrono identiche nel palazzo Paravicini, dove il L. avrebbe lavorato sei anni più tardi. Per i rapporti con Peretti è interessante rilevare come un Bernabeo Ligustri residente tra Roma e Bagnaia, uomo capace di disegnare complesse mappe geografiche, fosse soprintendente e fattore generale del principe Michele Peretti, fosse spesso usato dal cardinale per i suoi affari (Arch. di Stato di Roma, Notai del tribunale dell'Auditor Camerae, B. Fusco, prot. 3331, cc. 610 ss., in data 27 marzo 1610).
Tra il 1602 e il 1603 il L. dipinse per Massimo Massimi l'imponente volta di una galleria da poco aggiunta al palazzo di famiglia, per la quale gli fu retribuita una cifra superiore rispetto a quella riscossa per i lavori simili di palazzo Mattei (Sickel), forse in ragione della maggiore complessità dell'impresa, ma forse anche come segno di un crescente apprezzamento delle sue capacità. Alla stipula del contratto per i Massimo fu presente Roncalli, con il quale è probabile che il L. avesse avuto ulteriori contatti anche negli anni successivi.
A ulteriore testimonianza di una tale considerazione nello scenario artistico romano, anche in ambito istituzionale, si pone nel 1604 la nomina del L. a segretario dell'Accademia di S. Luca, alla quale doveva dunque essere già iscritto.
L'opera più rappresentativa della produzione paesaggistica del L. è senz'altro il fregio dipinto nel 1606 per la nuova galleria del palazzo del cardinale Ottavio Paravicini alle Stimmate, oggi Besso, fregio raffigurante, oltre a coretti formulati alla stessa stregua dei già citati lavori alla Cancelleria, otto Virtù e soprattutto Paesi con eremiti.
Per la realizzazione di queste scene egli trasse spunti parziali, per singole figure, da stampe di Tempesta e dei fratelli Sadeler. L'esaltazione della vita eremitica, qui intesa come rapporto sereno tra l'uomo di fede e una natura ospitale, si ricollega alla religiosità filippina, alla quale il padrone di casa era stato particolarmente vicino. La sicura attribuzione al L. di questi paesaggi consente di fare un po' di chiarezza nel complesso panorama della pittura di paesaggio a Roma all'inizio del Seicento, spesso genericamente avvicinata alla scuola di Bril.
L'ultima opera documentata del L. è la decorazione della volta della cappella Alli Maccarani in S. Marcello al Corso, ordinata da Prospero Alli nel 1607, i cui pagamenti si protrassero però sino al 1613. Qui il pittore applicò a uno spazio sacro quei virtuosismi prospettici di cui aveva dato ampio saggio a palazzo Mattei, completando la decorazione con piccole scene monocrome di tema religioso.
Ancora sconosciuta è la produzione di opere mobili del pittore pure esistite, come attestano due pagamenti di Giovan Angelo Altemps del 1616 per un disegno di una prospettiva in carta, che non si sa se preliminare a una trasposizione pittorica.
Ai lavori sicuri, sin qui elencati, se ne affiancano altri, di più incerta o non più confermata attribuzione. Sono di Cornelis Loots i paesaggi, attribuiti anche al L., con storie di Tuscolo nella loggia farnesiana dell'abbazia di Grottaferrata. Röttgen (in Baglione, III, p. 547 nota C 70, 32) riteneva che avesse lavorato nel fregio della sala del Concistoro in palazzo Vaticano, opera di Cherubino Alberti e di Bril. Faldi assegnava al L. alcuni paesaggi della scala elicoidale di Caprarola, la cui consueta datazione al 1580-83 mal si concilia però con l'età del pittore, rendendo maggiormente verosimile il riferimento più usuale a Tempesta. È possibile ipotizzare la partecipazioni del L. in vasti cantieri del primo Seicento, tra cui la decorazione dell'appartamento vaticano di Paolo V, ove talune scene mostrano assonanze con il fregio Paravicini (Cappelletti, 2003); mentre non è accettabile l'assegnazione al L. (Id., 2002) dei paesaggi del salone di villa Sora a Frascati, per le evidenti differenze nel modo di realizzare le figure e gli elementi paesaggistici rispetto ai dipinti precedenti e certi.
Del L., forse citato alla data del 1615 nel registro parrocchiale di S. Lorenzo in Lucina, non si conosce la data di morte, collocata tuttavia da Baglione verso la fine del pontificato di Paolo V, cioè entro il 1621.
Fonti e Bibl.: G. Baglione, Le vite… (1642), a cura di J. Hess - H. Röttgen, Città del Vaticano 1995, I, p. 168; III, p. 547 nota C 70, 32; G. Mancini, Considerazioni sulla pittura, a cura di A. Marucchi - L. Salerno, I, Roma 1956-57, p. 256; A. Zuccari, Arte e committenza nella Roma di Caravaggio, Roma 1984, pp. 159-164; A. Carosi, Note sul palazzo comunale di Viterbo, Viterbo 1988, pp. 13, 15, 17, 21, 40, 43-50, 55 s.; M. Bevilacqua, in Sisto V. Le arti e la cultura (catal.), a cura di M.L. Madonna, Roma 1993, p. 528; M.B. Guerrieri Borsoi, Palazzo Besso. La dimora dai Rustici ai Paravicini e gli affreschi di T. L., Roma 2000, ad ind.; N. Angeli, I Ligustri di Viterbo e di Bagnaia, in Biblioteca e società, XIX (2000), 1-2, pp. 19-22; L. Carloni, S. Vitale, il catino absidale e gli stucchi della zona presbiteriale, in Restauri d'arte e giubileo, a cura di A. Negro, Napoli 2001, pp. 86-88, 91, 97 n. 31; F. Nicolai, Percorso di T. L. pittore viterbese, in Studi romani, XLIX (2001), 3-4, pp. 376-390; L.P. Bonelli, Tra paesaggio manierista e visione naturalistica: il soffitto della sala Regia, in La sala Regia. La storia, il restauro. Atti della Giornata di studio… 2000, a cura di M.G. Bonelli - L.P. Bonelli, Viterbo 2001, pp. 83-86; A. Lo Bianco, La sala Regia: considerazioni sul restauro, ibid., pp. 20-22; I. Faldi, La pittura del tardo Cinquecento a Viterbo, ibid., p. 126; F. Cappelletti, Pittura di paesaggio e pratica di bottega. Qualche iniziale riflessione per Lilio, Bril e L., in Caravaggio nel IV centenario della cappella Contarelli. Atti del Convegno… Roma 2001, a cura di C. Volpi, Città di Castello 2002, pp. 317-320; L. Spezzaferro, Caravaggio accettato. Dal rifiuto al mercato, ibid., p. 48; L. Sickel, Un affresco inedito di T. L.: la "prospettiva" nella galleria del palazzo Massimo alle Colonne, in Bollettino d'arte, LXXXVII (2002), 120, pp. 93-98; B.A. Bailey, Between Renaissance and Baroque. Jesuit art in Rome, 1565-1610, Toronto-Buffalo-London 2003, pp. 169 s.; F. Cappelletti, Ancora su Paul Bril intorno al 1600. Qualche osservazione sul paesaggio con storie sacre, la tradizione degli eremiti e un nuovo committente, in Decorazione e collezionismo a Roma nel Seicento. Vicende di artisti, committenti, mercanti, a cura di F. Cappelletti, Roma 2003, pp. 9 s., 17 s.; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXXIV, p. 428 (s.v.Viterbo, Tarquinio da).