Vedi TARQUINIA dell'anno: 1966 - 1973 - 1997
TARQUINIA (etr. Tarch(u)na, lat. Tarquinii: v. anche Tarconte)
Città etrusca e romana nella zona della medievale Corneto, a 100 km da Roma lungo il litorale tirrenico. L'abitato antico sorgeva sopra una altura naturalmente munita, a circa 6 km dal mare; intorno ad esso si estendono i sepolcreti, particolarmente addensati nella necropoli dei Monterozzi. Fu uno dei centri più importanti della dodecapoli etrusca: già formato nell'VIII, fiorì soprattutto dal VII al V sec. a. C., soggiacque alla supremazia di Roma nel IV, ma continuò con ordinamenti e vita culturale autonoma fino all'ultimo secolo della Repubblica romana.
Le scarse testimonianze monumentali dell'abitato consentono tuttavia di riconoscere tracce di una planimetria urbanistica regolare, a vie diritte ed incrociate. L'edificio più notevole che si conosce è il basamento di un grandioso tempio (la cosiddetta Ara della Regina), di forma rettangolare con unica cella e forse con colonnato su tre lati, presumibilmente di m 25 × 44, costruito nel IV o nel III sec. a. C. Il tempio, la scalea di accesso con podi sagomati e la muraglia di sostruzione lungo il lato S sono di opera quadrata con blocchi di tufo: colonne e modanature erano di nenfro; la trabeazione di legno con rivestimenti di terracotta.
La cinta urbana, in gran parte riconoscibile lungo un perimetro totale di circa 8 km, è anch'essa di opera quadrata, senza torri, con sviluppo irregolare che segue l'andamento dell'altura: può datarsi tra la fine del V e la metà del IV sec. a. C. L'architettura sepolcrale è rappresentata dai tumuli (VII-VI sec. a. C.); ma più diffuso appare il tipo del sepolcro scavato nella roccia, con elementi imitanti gli interni delle case, generalmente con soffitto a doppio spiovente, ma anche a cassettonato (età ellenistica) e in forma displuviata (Tomba della Mercareccia).
L'interesse artistico di T. si concentra essenzialmente nelle testimonianze della pittura funeraria, che costituiscono il nucleo più notevole di monumenti pittorici conservato, non soltanto in Etruria, ma in tutto il mondo classico prima dell'età imperiale romana. Dopo le scoperte compiute a partire dal 1958, con l'ausilio di nuovi mezzi tecnici di ricerca, si ha notizia di circa 150 tombe dipinte, delle quali 85 ancora indentificabili o con qualche elemento superstite. Si possono visitare attualmente nella necropoli dei Monterozzi, in ordine topografico, partendo dall'abitato moderno, le tombe dei Loculi, del Guerriero, del Padiglione di Caccia, della Caccia e Pesca, delle Leonesse, della Pulcella, dei Giocolieri, dei Caronti, 8o8, del Gorgoneion, Cardarelli, 1701, dei Fiorellini, della Caccia al Cervo, Bartoccini, dei Festoni, dei Leopardi, dei Baccanti, Querciola, della Mercareccia, del Morto, del Tifone, degli Scudi, del Cardinale, dell'Orco, dei Vasi Dipinti, del Vecchio, del Morente, delle Iscrizioni, del Topolino, Francesca Giustiniani, del Mare, Giglioli, del Barone, del Frontoncino, dei Leoni di Giada, dei Tori, della Capanna, dei Tritoni, degli Auguri, del Pulcinella; si conservano distaccati nel Museo Archeologico di Firenze un frontone della Tomba Tarantola e nel museo di T. parte dei dipinti della Tomba Bruschi; più di recente è stata distaccata integralmente, per salvarla da irreparabile perdita, la decorazione delle tombe delle Bighe, del Triclinio, del Letto Funebre, delle Olimpiadi, della Nave e della Scrofa Nera, ad opera dell'Istituto Centrale del Restauro.
La documentazione della pittura tarquiniese si estende dal VI al II-I sec. a. C.: essa presuppone un fiorente ed ininterrotto sviluppo della decorazione pittorica degli edifici sacri e civili etruschi, ed è preziosa anche ai fini della conoscenza della tecnica, dei caratteri e della storia della grande pittura parietale greca, purtroppo perduta. I dipinti furono eseguiti a fresco sopra un lievissimo strato di intonaco (eccezionalmente in modo diretto sulla roccia spianata); e per lo più preparati da un disegno graffito, che attesta il procedimento dei pittori imitanti a mano libera i loro modelli ed offre talvolta la gradevole spontaneità dello schizzo. Dal punto di vista del significato e del valore delle pitture funerarie, occorre tener presente che esse erano destinate essenzialmente ai defunti, e piuttosto con intenti magico-religiosi che genericamente commemorativi; benché non si possano trascurare, come è evidente, nella decorazione dei sepolcri anche le esigenze sociali e le capacità economiche dei committenti. Ciò spiega la raffinatezza di figurazioni per destinazione precluse alla pubblica ammirazione e giustifica la ipotesi che alla loro esecuzione possano essere stati chiamati pittori di vaglia.
Il gruppo più antico di tombe dipinte, di stile arcaico, appartiene al VI e al V sec. a. C. Fatta eccezione per il quadro mitologico della Tomba dei Tori (agguato di Achille a Troilo), il repertorio consueto dei soggetti comprende scene di banchetto allietate dalla musica e dalla danza, di giochi e di agoni, probabilmente funerari, e di cerimonie sicuramente funerarie: rappresentazioni, dunque, di vita reale, seppure alludenti alla morte. Per ciò che concerne lo sviluppo stilistico, non si conoscono a T. pitture di tradizioni orientalizzante o dedalica, come in altre località etrusche (per esempio Cerveteri, Veio): le prime tombe dipinte, come quella dei Tori, rivelano già pienamente l'influsso figurativo greco-orientale, o ionico, dominante in Etruria nelle fasi dell'arcaismo medio e maturo. Composizioni vivaci, talvolta sbrigliate e con particolari ricchi di carattere, figure per lo più carnose e in atteggiamenti movimentati, talvolta elementi di paesaggio contraddistinguono il disegno dei complessi pittorici degli ultimi decenni del VI sec. a. C. (Tombe delle Iscrizioni, delle Olimpiadi, del Maestro delle Olimpiadi, degli Auguri, delle Leonesse, della Caccia e della Pesca, dei Baccanti, dei Giocolieri, Cardarelli, 1701, 1999, ecc.); il colore, distribuito uniformemente in campi delineati nettamente dal contorno grafico, appare intenso e con forti contrasti, spesso decorativamente irreale. Le figurazioni dipinte si presentano più sobrie, composte, ritmate nella Tomba del Barone; mentre in altri casi tendono ad irrigidirsi in una stilizzazione manierata delle formule ionizzanti (Tomba dei Vasi Dipinti, fregio inferiore della tomba delle Bighe). I riflessi del disegno attico si manifestano, a partire dal 500 circa, già nella Tomba delle Bighe, ed in particolar modo nel fregio superiore con scene di ludi agonistici; e successivamente nelle tombe del Triclinio, dei Leopardi, del Letto Funebre, del Frontoncino, della di kölix di Hieron, di cui soprattutto la prima, databile fra il 480 e il 470, riflette taluni schemi raffinati, dinamici e lievemente patetici, del disegno greco del tardo arcaismo, trattati da un pittore di mano felice nel delineare le figure e nell'armonizzarne i colori. La tradizione di stile severo si prolunga nella pittura funeraria tarquiniese, con mediocri esemplari (tombe Francesca Giustiniani, Querciola, della Pulcella, della Nave, ben oltre i limiti della sua scomparsa in Grecia sotto l'impulso rinnovatore della pittura classica, e probabilmente sino alla seconda metà del V sec. a. C.
La produzione pittorica così intensa durante l'arcaismo, come si è visto, pare successivamente diradarsi ed interrompersi, almeno per un certo periodo. Tuttavia non mancano, specialmente dopo le ultime scoperte singole testimonianze di questa fase intermedia compresa tra la fine del V e la seconda metà del IV sec. e caratterizzata dal progressivo affermarsi degli elementi dello stile classico nella composizione, nel disegno delle singole figure, nel chiaroscuro, ecc. Tra queste, in particolare, la riscoperta Tomba della Scrofa Nera. In generale persistono alcune assuefazioni tradizionali, con particolare riguardo all'iconografia e al predominio del contorno lineare. Ma, a partire dal IV sec. e, poi, nell' età ellenistica, si avvertono considerevoli innovazioni rispetto alle pitture funerarie arcaiche; giacché lo schema del banchetto appare trasferito nel mondo dell'Oltretomba, con una più evidente individualizzazione dei personaggi rappresentati, e con la presenza di divinità e demoni dell'averno greco ed etrusco; mentre si aggiungono anche scene di commiato e di partenza e di viaggio dei defunti verso il regno delle ombre. Specialmente notevole è l'intento di accentuare la desolazione e l'orrore della morte attraverso figurazioni di esseri infernali mostruosi che, se pure non mancarono nella pittura greca, ebbero in quella etrusca uno sviluppo maggiore e più caratteristico. Alla seconda metà del IV sec. a. C. o agli inizi del III appartengono i cicli pittorici della Tomba dell'Orco, nell'ambiente di destra, con il famoso finissimo frammento di testa femminile di Velia consorte di Arnth Velchas, e nell'ambiente di sinistra, con il grande fregio della Nèkyia. Al III e al II sec. a. C. si aggiudicheranno la decorazione della Tomba degli Scudi, dove il disegno scarno e vigoroso accenna a volte al ritratto individuale, delle tombe Bruschi, dei Caronti, Giglioli e di altre minori: i dipinti della Tomba del Cardinale, quasi del tutto scomparsi, sono degni di rilievo per il complesso ed oscuro soggetto escatologico del fregio (una sorta di Libro dei Morti figurato) e per la presenza, nel primo ed unico caso constatabile a T., di una tecnica compendiaria. Sia con questo complesso che con la Tomba del Tifone, che offre motivi di sapore asiatico (i dèmoni anguiformi) e classicistico, oltreché una scena di marcia agli inferi non priva di riscontri con il ritratto ed il rilievo romano, siamo già pervenuti ai limiti tra il II ed il I sec. a. C.
La scultura in pietra tarquiniese è caratterizzata, in età arcaica, dai rilievi a quadretti su lastre di pietre pertinenti alla struttura ed alla decorazione delle tombe; mentre, a partire dal IV sec. a. C., si concentra soprattutto nelle figure dei sarcofagi con defunti distesi o recumbenti, e nei rilievi con soggetti mitologici e scene di viaggi e soggiorni nell'Oltretomba. Salvo casi eccezionali, il livello di queste sculture funerarie è piuttosto scadente; non mancano, per altro, esempî di ritratti concepiti con un certo vigore espressivo, come quello del sarcofago di Laris Pulenas e, soprattutto, di un grande sarcofago calcareo anonimo, proveniente dalla Tomba dei Partunu e conservato nel museo di T., che può annoverarsi tra le opere più nobili della plastica etrusca di età ellenistica. Assai poco, rispetto ad altri centri, si conserva della plastica fittile di decorazione architettonica; ma il frammento di altorilievo frontonale con figure di cavalli alati, proveniente dal tempio dell'Ara della Regina (IV-III sec.) offre un indizio quanto mai suggestivo della esistenza di complessi stilisticamente e tecnicamente eccellenti anche in questo genere di produzione figurata ed ornamentale tipicamente etrusca. Altre categorie di monumenti e di oggetti (ceramiche plastiche, incise e dipinte, suppellettili e statuette di bronzo, intagli di avorio e d'osso, oreficerie e armi decorate) rientrano nella comune produzione etrusca di "arte applicata", senza che sia lecito finora individuarne una sicura provenienza da botteghe tarquiniesi specializzate o con tratti distintivi e caratteristici.
Bibl.: M. Pallottino, Tarquinia, in Mon. Ant. Linc., XXXVI, 1937, cc. 1-616 (comprende tutta la bibliografia precedente, anche per i singoli monumenti citati nel testo); P. Ducati, Le pitture delle tombe delle Leonesse e dei Vasi Dipinti, in Monumenti della pittura antica scoperti in Italia, sez. I, fasc. I, Roma 1937; P. Romanelli, Le pitture della tomba della Caccia e della Pesca, ibid., fasc. II, 1938; id., Gruppo fittile rinvenuto a Tarquinia, in Le Arti, I, 1938-39, p. 36 ss.; id., Tarquinia. La necropoli e il museo (Itinerari dei Musei e Monumenti d'Italia), Roma 1940; id., Tarquinia. Scavi e ricerche nell'area della città, in Not. Scavi, S. VIII, vol. II, 1948, p. 193 ss.; M. Pallottino, La Peinture étrusque, Ginevra-Parigi-New York 1952, passim; R. Herbig, Die jüngeretruskischen Steinsarkopaghe, Berlino 1952, passim; G. Becatti-F. Magi, Le pitture delle tombe degli Auguri e del Pulcinella, in Mon. della pittura ant. scoperti in Italia, fasc. III-IV, Roma 1955; L. Banti, Problemi della pittura arcaica etrusca. La tomba dei Tori, in St. Etr., XXII, 1955-56, p. 179 ss.; M. Moretti, Tarquinia. La necropoli villanoviana "alle Rose", in Not. Scavi, 1959, p. 112 ss.; R. Bartoccini-C. M. Lerici-M. Moretti, La tomba delle Olimpiadi, Milano 1959; M. Cagiano de Azevedo, Saggio su alcuni pittori etruschi, in St. Etr., XXVII, 1959, p. 79 ss.; M. Moretti, La tomba della Nave a Tarquinia, Milano 1962; id., Nuovi monumenti della pittura etrusca in Tarquinia, in corso di stampa; (v. anche etrusca, arte; pittura).
Museo nazionale. - Il Museo Nazionale Tarquiniese, con sede nel Palazzo Vitelleschi fu costituito dalla fusione della Raccolta Comunale, che comprende il materiale degli scavi eseguiti a cura della municipalità di Corneto nella seconda metà del secolo scorso, con la Collezione Bruschi-Falgari; e fu inaugurato nel 1924. Attualmente il museo, in continuo incremento, è arricchito dagli oggetti provenienti da scavi governativi e scoperte fortuite sulla città e nella necropoli di Tarquinia. Può considerarsi come una delle più notevoli raccolte di antichità etrusche e di ceramica greca esistenti in Italia: e senza dubbio il maggiore museo locale d'Etruria.
Tra i cimelî d'arte più insigni ordinati nel Museo Tarquiniese sono da ricordare: una kölix attica firmata dal Pittore di Pamphaios; la grande kölix di Oltos ed Euxitheos; un'anfora firmata da Phintias; un vaso plastico in forma di testa femminile firmato da Charinos; le pitture delle tombe tarquiniesi delle Bighe, del Triclinio, del Letto Funebre, delle Olimpiadi, della Nave e della Scrofa Nera; il frammento della decorazione fittile del tempio etrusco dell'Ara della Regina, con un gruppo di due cavalli alati in altorilievo; il grande sarcofago maschile di calcare proveniente dalla tomba dei Partunu. Ma la civiltà figurativa e l'artigianato artistico di Grecia e d'Etruria sono documentati da una esemplificazione particolarmente abbondante e pregevole di oggetti e gruppi di oggetti: quali i bronzi laminati villanoviani; la serie dei vasi protocorinzi, corinzi e rodî, quella dei vasi dipinti italici di stile subgeometrico; i caratteristici rilievi arcaici funerari di pietra; la ceramica attica con figure nere e con figure rosse; i sarcofagi figurati; una serie di terrecotte di età ellenistica e romana.
Bibl.: P. Romanelli, Tarquinia. La necropoli e il museo (Itinerari dei Musei e monumenti d'Italia), Roma 1940; G. Jacopi, C.V.A., Tarquinia, Museo Nazionale.
(M. Pallottino - G. Colonna)