tapino
Il vocabolo è presente due volte nell'Inferno con valore sostantivale: in XXIV 11 esso è riferito al villanello indigente che pensando di non poter condurre fuori il suo gregge a causa della neve, ritorna in casa, e qua e là si lagna, / come 'l tapin che non sa che si faccia; in XXX 91 t. è adoperato per designare due dannati nelle parole di D. personaggio: Chi son li due tapini / che fumman come man bagnate 'l verno...? In entrambi i casi è implicita nel termine un'idea di commiserazione: " misero ", " infelice ", " tribolato ".
Come aggettivo t. s'incontra due volte nel Fiore. In CXXXII 4 e dimandò qual'era la cagione / ch'egli andavan sì matti e sì tapini, la coppia è spiegata con " umili e dimessi " (Petronio): dove t. è da considerarsi comunque un termine usuale per qualificare la condizione del mendicante (da cui l'antico ‛ tapinare ', " andar mendicando "; cfr. il tapinando di Fiore LXXXIX 6 e il tapinatori di CXXXIV 14, per l'appunto riferito ai due pellegrini di CXXXII: ma c'è chi spiega i due termini con " ingannando " e " ingannatori "). In CLXXXI 3 Lassa tapina, ben mi posso / chiamar dolente, l'aggettivo è incluso in una formula commiseratoria attestata nella letteratura del tempo (cfr. Rinaldo d'Aquino Già mai non mi conforto 31; Odo delle Colonne Oi lassa, 'namorata 13).