Tanzania
(App. IV, iii, p. 577; V, v, p. 391)
Geografia umana ed economica
di Paolo Migliorini
Popolazione
La popolazione della T. ammonta, secondo una stima del 1998, a 32.102.000 abitanti; la densità media è salita a 34 ab./km². La T. ha uno dei tassi di accrescimento demografico più elevati dell'Africa e si segnala d'altra parte per il valore particolarmente basso del reddito pro capite dei suoi abitanti. La capitale ufficiale, Dodoma, è rimasta un simbolo: a venticinque anni dalla decisione di spostare la nuova capitale nella regione centrale dell'Ugogo, la città conta poco più di 200.000 abitanti, mentre la vecchia capitale di origine coloniale, ubicata sulla costa, Dār es Salāām, ne conta quasi 2 milioni. Il paese accoglie numerosi rifugiati hutu, in parte provenienti dal Ruanda e dal Burundi.
Condizioni economiche
La T. rimane uno dei paesi più poveri del mondo; le condizioni di vita degli abitanti si mantengono molto arretrate e, nonostante la Dichiarazione di Arusha del 1967 avesse individuato nei problemi della sanità, dell'istruzione e della povertà le priorità sulle quali orientare l'azione dell'Esecutivo, molto rimane ancora da fare. Anche le politiche a sostegno del settore primario non hanno sortito effetti significativi; l'industria ha più volte rasentato il collasso e le direttrici attuali della spesa pubblica, abbandonati i piani quinquennali, hanno tuttora per oggetto sanità, istruzione e obiettivi di infrastrutturazione del territorio (trasporti).
Agricoltura e allevamento restano di gran lunga le più importanti attività produttive, ma non coprono i fabbisogni alimentari interni, che crescono continuamente, determinando nella popolazione delle zone rurali livelli dell'economia di sussistenza sempre più bassi. Le avverse condizioni climatiche rendono ancor più precari i raccolti (la siccità del 1996-97 ha quasi dimezzato le quantità complessive). La ricerca di nuove terre coltivabili e di nuovi pascoli induce la popolazione a occupare anche le aree più periferiche e marginali e a sfruttarle in modo irrazionale, provocandone il rapido degrado. Tra le colture commerciali ve ne sono alcune che alimentano consistenti flussi di esportazione: il caffè (340.000 q prodotti nel 1998; 18% del valore complessivo delle esportazioni), il cotone (540.000 q di fibra; 16,3%), il tabacco e i chiodi di garofano; la bilancia commerciale rimane, tuttavia, cronicamente passiva. Modesto è l'apporto delle industrie manifatturiere (6,1% del PIL); inoltre, lo sfruttamento delle risorse minerarie segna il passo, se si eccettuano alcune iniziative finalizzate alla ricerca di idrocarburi. Il turismo, che si sta affermando nelle isole di Zanzibar e Pemba (326.000 arrivi nel 1997), rappresenta una promettente risorsa, ancora in larga misura allo stato potenziale. Favorevoli aspettative sono connesse alla recente svalutazione dello scellino.
Le difficoltà economiche in cui si dibatte il paese e il sempre incombente rischio di insicurezza alimentare contribuiscono a mantenere una permanente tensione tra le diverse popolazioni e hanno fatto crescere pericolose aspirazioni separatiste tra i musulmani di Zanzibar, sull'onda della rinascita mondiale dell'islamismo.
In anni recenti, il presidente Mkapa, eletto nel novembre 1995, ha avviato una politica di lotta alla corruzione e di rigore nella gestione amministrativa, politica che ha indotto il Fondo monetario internazionale ad accordare alla T. alcune linee di credito, prontamente seguite da altri aiuti internazionali, grazie alle quali dovrebbe essere consentito un miglioramento dei conti con l'estero e della situazione economica generale.
bibliografia
D. Bevan, P. Collier, J.W. Gunning, Agriculture and the policy environment: Tanzania and Kenya, Paris 1993; K.J. Havnevik, Tanzania. The limits of development from the above, Uppsala 1993; P. De Valk, African industry in decline: the case of textiles in Tanzania in the 1980, Houndmills-New York 1996.
Storia
di Emma Ansovini
La T. si è per almeno due decenni identificata con il socialismo rurale, la Ujamaa, progetto politico di J.K. Nyerere, presidente del paese dal momento dell'indipendenza e figura di grande prestigio nel processo di decolonizzazione dell'Africa. Si è trattato di un esperimento economico-sociale, basato non sull'industrializzazione, ma sull'agricoltura gestita, secondo le tradizioni africane, dalle comunità di villaggio, e volto a sottrarre il paese dalla dipendenza dalle potenze occidentali. Tuttavia, anche se ha garantito alla T. una sostanziale stabilità interna, il socialismo rurale non è riuscito a innescare un processo di sviluppo, fallendo l'obiettivo di una crescita autocentrata.
A partire dalla fine degli anni Settanta il peggioramento delle ragioni di scambio delle materie prime colpì duramente un'economia fondata sull'esportazione di pochi prodotti agricoli, proprio nel momento in cui cominciavano a emergere segni di opposizione nei confronti del regime a partito unico. Il Chama Cha Mapinduzi (CCM, Partito rivoluzionario della Tanzania), partito che nelle intenzioni di Nyerere doveva garantire un ramificato sistema di partecipazione diretta della popolazione, assicurata anche attraverso la possibilità di votare candidati diversi, per quanto tutti appartenenti al partito, andò progressivamente trasformandosi in un apparato burocratico rigido e centralizzato. Nel 1985 la decisione di Nyerere di rinunciare alla presidenza favorì, pur tra molte difficoltà e lentezze, la trasformazione in senso multipartitico del sistema politico e l'adozione di politiche economiche liberalizzatrici, sotto il controllo del Fondo monetario internazionale. Queste ultime scelte economiche, se da un lato determinarono una crescita degli investimenti e del prodotto interno in termini reali, dall'altro furono all'origine di un peggioramento complessivo degli indicatori di salute e di istruzione della popolazione.
Le elezioni legislative e presidenziali dell'ottobre 1995, le prime tenutesi dopo l'adozione di un regime multipartitico, registrarono la vittoria del partito di governo (CCM), che ottenne 186 dei 232 seggi dell'Assemblea nazionale, e del suo candidato B.W. Mkapa, che venne eletto presidente con il 61,8% dei suffragi. Il Civic United Front (CUF), partito favorevole all'autonomia di Zanzibar, si affermò come il principale partito di opposizione con 24 seggi, e altri tre partiti ottennero la rappresentanza parlamentare. Anche a Zanzibar il CCM conquistò, seppur di misura, la presidenza con S. Amour, eletto con il 50,2% dei voti, e la maggioranza parlamentare con 26 seggi su 50. Questo risultato fu duramente contestato dalle opposizioni, che denunciarono brogli e rifiutarono per più di un anno di partecipare ai lavori parlamentari. Il malcontento emerso in occasione delle elezioni faceva di Zanzibar un fattore di profonda instabilità nel panorama politico della Tanzania. L'arresto di alcuni esponenti del CUF all'inizio del 1998 aggravò ulteriormente la tensione nell'isola e solo nel giugno del 1999 un accordo, per quanto precario, tra governo e opposizione sembrò aprire spiragli a una soluzione pacifica. Mkapa, che fu nominato dal giugno 1996 anche capo del partito, favorì un ricambio del tradizionale personale politico - l'esecutivo apparve anche più rappresentativo della composizione etnica e culturale del paese - e avviò una decisa battaglia contro la corruzione, giunta a livelli molto preoccupanti nella precedente amministrazione, e divenuta uno dei problemi più avvertiti dall'opinione pubblica. L'impegno personale del nuovo presidente in questa battaglia si espresse nell'adozione di uno stile di vita molto sobrio e nella dichiarazione pubblica dei beni posseduti dalla sua famiglia al momento dell'elezione. In politica economica fu confermata sostanzialmente l'impostazione liberista del passato governo e nel novembre 1996 fu ottenuta la riapertura dei crediti da parte del FMI, che aveva interrotto i finanziamenti nel 1992 a causa dei ritardi nell'attuazione delle riforme economiche. In una situazione resa difficile dai tagli della spesa pubblica, imposti dalle politiche di aggiustamento strutturale, un elemento di ulteriore aggravio economico e un fattore di crescente tensione sociale era inoltre rappresentato dalle drammatiche dimensioni raggiunte dal problema dei profughi dal Ruanda e dal Burundi. La disponibilità ad accogliere rifugiati dalle vicine aree di crisi aveva sempre caratterizzato la politica dei governi della T. e, fin dal 1963, migliaia di profughi erano giunti in T. dal Burundi, trovando spesso nel paese una sistemazione stabile e acquisendone la cittadinanza. A partire dal 1994 il nuovo flusso di profughi dal Ruanda e dal Burundi, per la tragica evoluzione del conflitto civile in quei paesi, mise duramente alla prova un atteggiamento tradizionalmente ospitale e nell'aprile 1994 il governo cercò di frenare l'ulteriore afflusso di profughi in Tanzania. Mkapa confermò una politica di contenimento dei nuovi arrivi attuandola però con grande difficoltà, mentre il colpo di Stato, avvenuto in Burundi nel 1996, portava a un peggioramento dei rapporti tra i due paesi.
bibliografia
W. Fengler, Konfliktformationen und Zukunftsperspektiven der tanzanischen Union, Hamburg 1997; H. Glickman, Tanzania: from disillusionment to guarded optimism, in Current history, 1997, pp. 217-21.