BARONCELLI, Tano
Figlio di Micchi (forma abbreviata e popolareggiante di Michele), nacque a Firenze nel decennio 1260-1270: niente si sa della madre di lui. Nel 1288, e quindi in età ancora relativamente giovane, sposò Caterina di messer Banco dei Cavalcanti.
I Baroncelli erano, anche nel Duecento, una delle famiglie più importanti della città ed erano di vecchissima origine, forse addirittura feudale: avevano case e torri nel nucleo più centrale della città e un vicolo fiorentino porta ancora oggi il loro nome (chiasso dei Baroncelli) e mostra chiaramente il luogo in cui abitò l'intera consorteria: questo spiega il matrimonio del B. con la Cavalcanti, la cui faniiglia era sullo scorcio del Duecento una delle più in vista della città. Popolani grassi, quindi, e come tali appartenenti alle forze economicamente e politicamente più attive in Firenze, dopo l'istituzione del Priorato, espressione appunto delle maggiori Arti fiorentine che tendevano a sostituirsi ai Grandi.
Non ci si deve stupire se il B., pur esplicando una notevolissima attività econonùca, partecipasse intensamente alla vita politico-amministrativa di Firenze: fece parte dei priori (15 giugno-15 ag. 1299; 15 giugno-15 ag. 1315; 15 ott. 15 dic. 1329) e fu anche (settembre 1332-febbraio 1333 e marzo-agosto 1335) dell'ufficio dei XII Buonomini, organo consultivo della Signoria e magistratura importante nella costituzione fiorentina, tanto da essere, con la Signoria e i XVI Gonfalonieri di compagnia, uno di quegli organi detti volgarmente "li tre maggiori Uffici" dello Stato.
Ma l'Appartenenza a questi maggiori uffici non esaurì affatto l'Attività politicoamministrativa del B., tanto che c'è quasi da stupirsi che gli sia rimasto il tempo di attendere ai propri affari commerciali.
Il 9 ott. 1292 fu dai consigli oppositi del Comune eletto ambasciatore a Genova per faccende che il conte Lotto di Donoratico aveva pendenti con quella Repubblica, mentre il 30 dicembre dell'Anno 1298, insieme con i consorti Mato e Iacopo, il B. fu fatto sindaco per la conferma di un trattato commerciale fra le due città; questa frequenza di incarichi genovesi potrebbe far pensare che il B. avesse in quella piazza qualche traffico e conoscenze in alto loco.
Il 3 maggio 1317 era fra quei cittadini di rilievo che intervennero in Palazzo Vecchio come testimoni del saldo fatto al Comune da parte di Pietro conte di Eboli, fratello di Roberto re di Napoli.
Nel 1299 si immatricolò nell'Arte del Cambio, mentre di diversi anni prima era l'immatricolazione a quella dei Mercanti (Calimala), cui competeva l'esportazione dei manufatti di lana: in conseguenza della sua appartenenza all'Arte del Cambio, fu ripetutamente (1308, 1313, 1321, 1324, 1331) degli Ufficiali della moneta (magistratura che presiedeva ai coni della Zecca), mentre dell'Arte di Calimala fu console negli anni 1305, 1308, 1315, 1331. Quando ai primi del sec. XIV Firenze si divise nelle fazioni dei Bianchi e dei Neri e le strade videro scorrere di nuovo il sangue dei cittadini, il B. seguì la sorte dei Donati (Neri), i quali, dopo essere usciti vincitori dalla lotta mercé l'Aiuto di Carlo di Valois, subito si diedero a perseguitare i propri avversari, cacciandoli in esilio, confiscandone i beni e indagando su tutta la loro attività politica: il B. fu tra i sei ufficiali incaricati (1303) di sindacare gli atti del Comune dall'Avvento dei Neri al potere.
Oltre che banchiere in proprio, il B., spesso in compagnia del fratello Gherardo, fu ripetutamente socio della compagnia Peruzzí: così nel 1300 fece parte della compagnia intitolata prima a Filippo di Amideo Peruzzi e compagni e dopo a Tommaso di Arnoldo Peruzzi e compagni (capitale versato dai Baroncelli: fiorini 13.000) e poi via via in altre, fino al 1343; si ha anzi ricordo che il 16 ag. 1316 il fattore del banco di Tommaso e soci fu derubato a Serravalle Pistoiese di merci e denari per la rilevantissima somma di 2,924 fiorini d'oro, per cui il Comune di Pistoia dovette risarcire i danni in seguito ad una sentenza arbitrale e all'intervento della Repubblica fiorentina.
Niente sappiamo della morte del B., ma essa dovette avvenire verso la metà del sec. XIV.
Numerosa fu la figliolanza avuta da monna Caterina: fra tutti sono da ricordare Iacopo (marito di Biagia di Iacopo Girolami), Gherardo (marito di Simona di Coppo Mumelli), Francesco (marito di Sismonda di Francesco Scali), Giovanni (marito di Masa Tolosini).
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Priorista fiorentino Mariani, I, c. 177; Carte Dei, VIII, n. 7; Le consulte della Repubblica fiorentina dall'Anno 1280 al 1298, Firenze 1896-98, 11, p. 677; Il liber censuum del comune di Pistoia, a cura di O. Santoli Pistoia 1915, n. 719, pp. 405-406; Cronaca fiorentina di Marchionne di Coppo Stefani, in Rer. Italic. Script., 2 ediz., XXX, 1, a cura di N. Rodolico, pp. 78, 119; G. Arias, I trattati commerciali della repubblica fiorentina, I (sec. XIII), Firenze 1901, P. 494; Y. Renouard, Les relations des papes d'Avignon et des compagnies commerciales et bancaires de 1316 à 1378, Paris 1941, p. 620; A. Sapori, Studi di storia economica, II, Firenze 1955, pp. 666-669, 671-672, 694.