TANNHÄUSER (nel medio alto-tedesco Tanhuser o Der Tanhusaere)
Poeta medievale tedesco - poi personaggio di leggenda -, nato verso il 1205 di nobile famiglia residente nel Salisburghese e in Baviera, morto verso il 1268. Nel codice Manessiano (v. minnesänger, XXIII, p. 401) è ritratto in manto di crociato, e sembra aver preso parte alla crociata del 1228. Protetto dall'ultimo dei Battenberg ne ricevette casa a Vienna e feudi nella Bassa Austria; ma, perduti i suoi beni, condusse vita d'avventure, vagando di corte in corte nella Germania - forse anche in Francia e in Italia, se già non vi era stato prima, durante il viaggio di ritorno dalla Terrasanta; infine disparve, senza lasciare tracce di sé.
Erede del "Minnesang", ne riprese i motivi, profondendo inchini di omaggio al proprio signore, o intrecciando grazie di amor cortese, in tono ora realistico ora ironico. Amico della "buona vita", fu un gaudente che la sua l'irregolare cultura, la conoscenza del mondo e la padronanza della metrica pose a servigio del suo desiderio di vivere. Indulse così alla "niedere" con più spontaneità che alla "höhere Minne". Con la sua natura si accorda perfettamente il fatto che - passata l'ora del giubilo che echeggia nell'"invito alla danza" dei suoi anni migliori - il sentimento del peccato si sia appesantito sopra la sua anima, traendone implorazioni di penitenza e di preghiera. Se anche si voglia ammettere che il "Busslied" a lui attribuito non sia suo, questo mostra come già nel sec. XIV egli vivesse in immagine di peccatore penitente nella memoria dei suoi contemporanei.
Quando e in qual modo si sia formata intorno a lui la leggenda della sua dimora nel Monte di Venere e del suo pellegrinaggio di penitenza a Roma - dove papa Urbano II gli rifiutò l'assoluzione finché non fiorisse il ramoscello secco che teneva in mano e lo indusse così a un disperato ritorno fra le braccia della dea pagana - non è stato finora possibile accertare. Certo la leggenda presenta molti punti di contatto con quella dei Monti Sibillini presso Norcia, raccolta nel 1420 da Antoine de la Sale, ma già affiorante fin dal 1391 nel romanzo in prosa del Guerino, e largamente diffusa nella Rinascenza. Ma come precisamente T. abbia potuto inserirsi nella leggenda, diventandone l'eroe, non è dato a desumere da nessun testo. Quando nel 1453 - ed è il primo testo giunto fino a noi - Hermann von Sachsenheim, nel poema Die Möhrin, narra di avere incontrato T. a fianco di Venere nel cuore della montagna fatata, la formazione della leggenda, per adattamento della leggenda italiana o per genesi autonoma da elementi affini di leggende tedesche, è ormai compiuta. Ne ebbero conoscenza fra altri il francescano Faber, autore dell'Evagatorium (1483), Sebastiano Brant, Giovanni Agricola, Aventinus, e Hans Sachs (Hoffgesindt Veneris, 1517). Ma alla sua massima vitalità la leggenda giunse nel "Volkslied". Se ne incontrano tracce già nel secolo XIV, anche se le prime stampe sono del 1515. E la diffusione ne fu rapida e vastissima: un'interessante versione è in "plattdeutsch"; in Svizzera "Frau Venus", confondendo i suoi connotati con quelli di Santa Verena, finì col diventare "Frau Vreneli".
E fu ancora dal "Volkslied" che la leggenda rinacque dopoché Arnim e Brentano l'ebbero raccolta e inclusa in Des Knaben Wunderhorn (1806). Già Tieck nel 1799 aveva intrecciata, in uno dei racconti riuniti più tardi nel Phantasus, la leggenda di T. con quella del "treuer Eckart". Ma fu il "Volkslied" che rese la leggenda cara all'estro dei nuovi poeti. Goethe medesimo vi riconobbe "ein grosses christlich-katholisches Motiv". E da Helmine Chézy a Geibel, a F. von Sallet si susseguirono ininterrottamente le rielaborazioni: Brentano meditò di trarne un libretto per la musica di Weber. I fratelli Grimm vi ispirarono il loro racconto nella prosa delle Deutsche Sagen (1816). Heine negli Elementargeister (1837) adattò il testo del "Lied" alla tonalità ironico-sensitiva della sua propria poesia. E lo sbocco finale fu il dramma di Wagner. Il quale incominciò a prendere consistenza nella fantasia di Wagner quando questi lesse nella dissertazione di C. I. Lucas, Über den Wartburgkrieg (1838), l'affermazione che T. e Enrico di Ofterdingen erano una persona sola. All'interesse per la figura di T. si unirono così le suggestioni della poesia fiorita intorno al motivo della "Gara dei cantori alla Wartburg"; e dalla fusione delle due leggende, suggerita forse anche da un passo delle Sagen di L. Bechstein (1836), il Medioevo cattolico cavalleresco tedesco risorse dinnanzi a Wagner con varietà di drammatico movimento e scenica ricchezza di colore. Attraverso il contrasto fra Venere ed Elisabette, "l'amor profano e l'amore sacro", T. divenne la faustiana incarnazione dell'anima romantica che dalla voluttà dei sensi ascende alla purità della mistica estasi, redenta nell'amore e nella morte.
Bibl.: Testo delle poesie di T.: a cura di von der Hagen, in Minnesinger, II; a cura di Pfaff nella stampa della "Liederhandschrift" di Heidelberg; a cura di S. Singer, in Zeitschrift für deutsches Altertum, LIX (1922). V. anche J. Sieber, Der Dichter Tannhäuser, Halle 1934.
Sulla figura storica di T., v.: J. Siebert, op. cit.; Wallner in Anzeiger für deutsches Altertum, LIII (1934) e in Zeitschrift f. deutsches Altertum, LXXI (1934); R. Oehlke, Zu T.s Leben und Dichten, Königsberg 1890.
Per il Volkslied, v.: Uhland, Volkslieder, II; F. v. der Hagen, Minnesinger, IV, Lipsia 1838. Per la storia della leggenda: J. G. Th. Graesse, Die Sage vom Ritter T., Dresda 1846 (il G. aiutò Wagner con le sue ricerche, quando Wagner era a Dresda); K. Reuschel, Die T.sage, ibid.; Pfaff, Die T.sage in Zeitschrift für deutsche Philologie, XL (1908); E. Elster, T. in Sage und Dichtung, Bromberg 1908; V. Junk, T. in Sage und Dichtung, Monaco 1911; G. Paris, in Légendes du Moyen Âge, Parigi 1904; W. Söderhjelm, A. de la Sale et la légende de T., nei Mémoires de la Société philologique à Helsingfors, II (1897); A. Graf, in Miti, leggende e superstizioni del medioevo, II; E. Schmidt, Tannhäuser, in Charakteristiken, II, 2a ed., Berlino 1912; W. Golther, in Zur deutschen Sage und Dichtung, Lipsia 1912. Per le composizioni posteriori a Wagner (oltre un'opera di Margold su testo di E. Duller, 1846, si susseguirono fino ad oggi, drammi, romanzi, poemetti, ballate, novelle, ad opera di A. Böttger, K. Siebel, R. Paul, J. Wolff, A. Widmann, H. Hiltebrant, E. Grisebach, F. Hackländer, F. Held, A. v. Adlersfeld-Ballestiern, R. Huch, H. H. Ewers, W. Arminius, P. Eberhart, ecc., e, fuori di Germania, A. Beardsley, ecc.) manca ancora un'indagine sistematica.