TANGENTE
. Data una circonferenza c, la nozione di retta a essa tangente in un suo punto P è di dominio comune: la tangente alla c in P è quella, fra le rette passanti per P, che non incontra la c in un secondo punto oltre a P (Euclide). La tangente si può costruire tenendo conto del fatto ch'essa risulta perpendicolare al raggio di c passante per P (fig.1). In base a questa proprietà Euclide dimostra anche che nello spazio compreso fra la tangente r e la c non vi può essere alcun'altra retta; in altri termini ogni rotazione della r intorno a P fa comparire un'intersezione ulteriore e, se questa rotazione è piccola, l'intersezione ulteriore è prossima a P.
Ma è del pari patrimonio dell'intuizione che si può parlare di tangente anche per curve che non siano circonferenze; così, per esempio, chiunque dice tangenti nel punto P - punto di contatto - la retta r e la curva c disegnate nella fig. 2. In questo caso non è più vero che la curva e la tangente abbiano un solo punto in comune; e che questa proprietà non possa essere verificata in generale si comprende facilmente, ove si rifletta ch'essa esprimerebbe una restrizione imposta a tutta la tangente e a tutta la curva, mentre la tangenza deve essere evidentemente legata al comportamento reciproco della curva e della retta nella prossimità di P o, come si suol dire in matematica, nell'intorrio di P (per il cerchio la proprietà in discorso è verificata in quanto si tratta di una curva del secondo ordine; v. cerchio; coniche). Non è poi nemmeno vero, in generale, che una rotazione arbitraria della r faccia comparire un'intersezione ulteriore; però quest'ultima circostanza si presenta, se la rotazione è sufficientemente piccola, qualunque sia il verso in cui essa si compie (orario o antiorario): l'intersezione ulteriore allora esiste ed è prossima a P.
Per giungere a una definizione generale di tangente conviene anzitutto accennare al punto di vista di Cartesio, il quale fonda la nozione di tangente su quella di molteplicità per le radici di una equazione (circa la nozione di molteplicità, per le radici di un'equazione algebrica, v. algebra, n. 35), punto di vista questo comunemente adottato tuttora nella geometria algebrica per definire le tangenti ai rami di una curva algebrica.
L'altro indirizzo invece, seguito da P. Fermat, R.-F. De Sluse, I. Barrow, I. Newton, G.W. Leibniz, porta alla definizione comunemente adottata nell'analisi infinitesimale, che qui si riporterà, e che insieme con la nozione di velocità ha contribuito a condurre alla considerazione della derivata di una funzione e quindi alla scoperta del calcolo differenziale (v. differenziale, calcolo).
Sia c una curva (piana) e P un suo punto fisso, Q un secondo punto mobile su di essa. Se, quando Q si avvicina indefinitamente a P (o tende a P), la retta che unisce Q a P tende verso una posizione limite r, questa retta r è la tangente alla c in P.
Si dimostra allora che, se rispetto a un sistema di coordinate cartesiane ortogonali fissato nel piano di c, l'equazione di c nell'intorno del punto P (x0, y0) è
l'equazione della tangente in P è
dove f′ (x0) è la derivata di f (x) nel punto x0, derivata che esiste se, e solo se, c è dotata di tangente in P; se l'equazione di c è data invece nella forma
allora l'equazione della tangente in P è
fx′(x0, y0) ed fy′(x0, y0) essendo le derivate parziali di f (x, y) nel punto di coordinate x0, y0 (v. differenziale, calcolo, n. 13), quanto si è detto essendo esatto purché uno almeno dei due numeri fx′(x0, y0) ed fy′(x0, y0) sia diverso da zero.
Il ponte di passaggio fra questa definizione e quella di Cartesio è fornito dal fatto che uno zero di una funzione è per essa zero multiplo, se ne annulla anche la derivata prima (vedi, se la funzione è un polinomio, algebra, n. 35).
Il teorema del differenziale (v. differenziale, calcolo, n. 10) afferma allora in sostanza che la tangente r ad una curva c in un suo punto P è quella fra le rette passanti per P che, nell'intorno di P, più si avvicina all'andamento della curva.
Poiché fra la curva c e la retta r vi è in P un contatto (v. contatto), se il punto P è semplice per la c, potremo considerare l'ordine di questo contatto. Se l'ordine del contatto è determinato, finito e dispari, allora una rotazione arbitraria della tangente, purché suffcientemente piccola, fa comparire una intersezione ulteriore prossima a P; se l'ordine è determinato finito e pari, nel qual caso (vedi contatto) la tangente attraversa la curva (fig. 3), allora le piccole rotazioni di r fanno comparire intersezioni ulteriori prossime a P o non ne fanno comparire a seconda che la rotazione avvenga in un verso piuttosto che in un altro. Se poi l'ordine del contatto non è determinato o non è finito, allora non si può più dire verificata nessuna delle proprietà precedenti: p. es., una retta, che ha sé stessa come tangente in ogni suo punto P, ha in comune con la sua tangente r in P infiniti punti, mentre una piccola rotazione di r intorno a P fa scomparire tutti i punti comuni alla retta e alla tangente, meno il solo punto di contatto.
Un altro metodo per la costruzione delle tangenti è stato quasi contemporaneamente indicato da G.-P. de Roberval ed E. Torricelli. Entrambi si basano in sostanza sul seguente principio di cinematica: un punto P mobile su una curva c ha in ogni istante una velocità (vettoriale) diretta come la tangente alla curva nella posizione occupata da P in quell'istante.
2. La restrizione fin qui impostaci di considerare curve piane aveva solo uno scopo semplificativo; le considerazioni svolte si trasportano immediatamente alle curve spaziali (sghembe, gobbe), permettendo di definire anche per queste la tangente in un loro punto.
Naturalmente oltre che la retta tangente a una curva in un suo punto, si considera anche il piano tangente a una superficie in un suo punto: un esempio di ciò è subito fornito da una palla da bigliardo poggiata su un tavolo (piano tangente a una sfera).
Inoltre la nozione di tangenza si applica anche a due curve, due superficie (e anche a due varietà a più di due dimensioni nella geometria iperspaziale): p. es., due curve si diranno tangenti in un punto se in quel punto hanno la medesima tangente; due superficie possono avere in comune un'intera linea di punti di contatto: basta pensare a due cilindri che si tocchino lungo una generatrice.
3. Va infine ricordato che il vocabolo tangente assume un diverso significato nella trigonometria, dove sta a designare una delle funzioni circolari. Si dice tangente di un angolo qualsiasi α e si denota con tang α o anche tg α il rapporto fra il seno e il coseno di α; e, se α è acuto, si può anche definire come il rapporto (fisso) PT: OP fra la distanza PT di un qualsiasi punto T di uno dei lati dall'altro e la distanza OP del piede P di questa distanza dal vertice O (fig. 4) Si dice poi cotangente di un angolo α e si designa con cotang α o cotg α la tangente dell'angolo complementare di α o, ciò che è lo stesso, il rapporto fra il coseno e il seno di α. Per ulteriori notizie v. circolari, funzioni.