TANCREDI re di Sicilia
Figlio naturale di Ruggiero duca di Puglia e di Emma dei conti di Lecce. Conte di Lecce egli stesso nel 1149, benché non ritenuto atto alla successione al trono, appunto per la sua origine, dovette nel 1154 fuggire a Costantinopoli per sottrarsi alla persecuzione dello zio Guglielmo I, che temeva in lui un pericoloso rivale per la corona siciliana. Alla morte di Guglielmo I, le sue buone relazioni personali col cugino Guglielmo II gli consentirono però di ritornare in Sicilia, dove le sue doti personali gli accattivarono le simpatie di gran parte della nobiltà nazionale normanna. Cosicché, quando morì Guglielmo II e la corona siciliana passò, per disposizione del defunto re, allo svevo Enrico VI, marito di Costanza d'Altavilla, la nobiltà siciliana espresse la sua protesta contro quella designazione coronando re di Sicilia, nel 1190, a Palermo, Tancredi di Lecce. Il suo regno trascorse naturalmente agitato tra le varie vicende della guerra civile e degli assalti dei pretendenti alla successione. Poiché, oltre a Enrico VI, anche Riccardo Cuor di Leone, fratello di Giovanna, già sposa di Guglielmo II, rivendicava il regno e, in viaggio verso la Palestina, per la crociata, s'era perfino impadronito della cittadella di Messina. Fortunatamente per T. una terribile epidemia distrusse l'esercito che Enrico VI aveva inviato contro di lui, mentre col pagamento di considerevoli somme di danaro egli riusciva a liberarsi di Riccardo Cuor di Leone. Per consolidare la sua posizione egli cercò anche l'alleanza dell'imperatore di Costantinopoli, Isacco l'Angelo, facendo sposare la figlia di lui al suo primogenito Ruggiero.
Venuto personalmente Enrico VI nel 1191, dopo la sua coronazione a imperatore, a prendere possesso del regno di Sicilia, di nuovo il suo esercito fu decimato dalle malattie e dovette ritirarsi, mentre l'imperatrice Costanza, ritenuta come prigioniera dai Salernitani, cadeva in mano di Tancredi, che la rimandò all'imperatore con ricchi doni. La guerra si trascinò ancora senza giungere a risultati definitivi fino al 1194, anno in cui T. morì. Gli successe il figlio Guglielmo III.