PASERO, Tancredi
PASERO, Tancredi (Giacinto Tommaso). – Uno dei maggiori bassi del Novecento, nacque l’11 gennaio 1893 a Torino, nella centralissima via Barbaroux, da Pietro, ferroviere, e Maddalena Marchiaro, casalinga.
Studiò due anni pianoforte al Conservatorio di Torino e circa sei mesi col baritono Arturo Pessina, col quale provava i duetti, mentre fece pratica musicale nel coro della parrocchia. Fin dai dodici anni fece l’accompagnatore al pianoforte sia di film muti, sia di cantanti nella 'tampa lirica' di via Mazzini, un ritrovo di melomani e addetti ai lavori dei teatri d’opera allora attivi a Torino. In una di queste occasioni, accompagnando il tenore Giuseppe Vogliotti, il diciottenne Pasero incontrò l’impresario Ciro Ragazzini, che era alla ricerca di un sostituto per un basso, e si propose: fu subito scritturato. Il debutto ufficiale avvenne nel dicembre 1918 al teatro Eretenio di Vicenza, Rodolfo nella Sonnambula di Bellini. Fino all’anno prima aveva fatto l’elettrotecnico.
Capace di grande autonomia e spirito d’iniziativa, ricordava di essersi cimentato nell’Aida preparandosi in pochi giorni dopo aver accettato l’invito di Giovanni Chiarella e Federico Del Cupolo, proprietario e direttore del teatro Chiarella, che alla 'tampa lirica' l’avevano sentito cantare la romanza Il lacerato spirito dal Simon Boccanegra (cfr. l’intervista con Pasero, in Clerico, 1983, pp. 2-26). L’episodio rivela ch’egli doveva disporre in origine di un’estensione decisamente grave, e il Fa acuto se lo dovette ‘costruire’.
Nel 1930 sposò la bellissima cantante lirica Libuše Pavlicová (nata a Praga nel 1903), che dopo il matrimonio si ritirò dalle scene e per Pasero fu poi una sorta di coscienza artistica; tra l’altro, ne migliorò la presenza scenica. Il figlio Riccardo nacque nel 1944.
Ricordato da molti colleghi per il carattere cortese e scherzoso, sotto una scorza di apparente burbanza, prodigo di consigli e apprezzamenti nei confronti dei più giovani, verso i quali teneva un atteggiamento paterno, ebbe la stima di grandi direttori d’orchestra. Non facile ma proficuo fu il rapporto con Arturo Toscanini. A proposito del Don Carlo, la loro prima collaborazione (Milano, Scala, 1926), il cantante narrò che «la sera della prima veniamo alla ribalta per ricevere i nostri applausi, e lui mi dice: “E allora, Pasero, è contento del suo maestro?”, intendendo che quegli applausi che riceviamo erano solo merito suo… ed io allora gli ho risposto: “Sì, ma io ho anche una bella voce!» (cfr. ibid., p. 15).
Il repertorio di Pasero copriva i più diversi ruoli, dal basso profondo (Sarastro nel Flauto magico) a quelli quasi baritonali (Escamillo nella Carmen). Nel corso di una carriera protrattasi fino ai primi anni Cinquanta, interpretò circa cento parti primarie, di cui undici in prima esecuzione assoluta, in opere di Mascagni (Nerone), Pizzetti (Orsèolo), Refice (Margherita da Cortona), Ghedini (Re Hassan) e altri. Fu primo basso alla Scala di Milano dal 1926 al 1952; cantò al Metropolitan di New York e al Covent Garden di Londra negli anni 1929-1933; si esibì regolarmente nei principali teatri d’Italia e all’estero, Sud America inclusa (dal 1924 in avanti). La sua voce «ampia, estesa magnifica, unita a una squisita dolcezza di modulazione» (Bruno Barilli, Il Tevere, 4 gennaio 1926), si adattava con eguale attitudine al melodramma italiano, al francese, a quello tedesco e russo, e si è legata perennemente a sublimi interpretazioni di Boris Godunov e Mefistofele nelle opere omonime di Musorgskij e Boito («La sua forza non si rivela soltanto attraverso la sua gola di bronzo, ma anche in quei suoi atteggiamenti vibranti, aspri e larghi, che hanno per così dire un rilievo fisico enorme»; Barilli, Il Popolo, 16 febbraio 1941). Eccelse nel Gurnemanz del Parsifal wagneriano, oltre che nei maggiori ruoli di basso nelle opere verdiane (famoso il suo Filippo II nel Don Carlo). Per Boris Godunov si valse dei consigli del famoso baritono polacco Zygmunt Zalewski, fu apprezzato da Chaliapine (come pure per il suo Mefistofele), e col suo esempio contribuì alla formazione di due grandi Boris di origine slava venuti dopo di lui, Boris Christoff e Nicola Rossi Lemeni.
Fu però anche ottimo e perfezionato interprete rossiniano, segnatamente nel ruolo eponimo del Mosè e in quello di Don Basilio nel Barbiere, ch’egli tenne anche nel film-opera Rossini (1942, regìa di Mario Bonnard, accanto a Memo Benassi e Paolo Stoppa); cantò Assur nella Semiramide al Maggio musicale fiorentino del 1940 (ne rimane una breve, parziale registrazione). Fu Seneca nella storica ripresa fiorentina dell’Incoronazione di Poppea di Monteverdi del 1937.
Insegnante di canto, tra gli allievi più noti ebbe anche il cantante jazz pugliese Ninni Maina. Ritiratosi dalle scene, nel 1957 aprì all’Isola d’Elba l’Hotel Désirée.
Pasero morì a Milano il 17 febbraio 1983.
Rimangono incisioni fonografiche di alcune opere complete: si segnalano quelle di Aida (direttore Lorenzo Molajoli, Columbia 1930; Tullio Serafin, AMV 1946), Norma (Vittorio Gui, Cetra 1939), La forza del destino (Gino Marinuzzi, Cetra 1943), e alcuni memorabili estratti, come il monologo di Filippo nel Don Carlo (Molajoli, 1928; Ugo Tansini, 1936).
Fonti e Bibl.: Le grandi voci, a cura di R. Celletti, Roma 1962, coll. 605-607; G. Berutto, I cantanti piemontesi, Torino 1972, pp. 204 s.; A. Sguerzi, Le stirpi canore, Bologna 1978, pp. 155 s.; G. Gualerzi - C. Marinelli Roscioni, 50 anni di opera lirica alla RAI 1931-1980, Torino 1981, ad indicem; C. Clerico, T. P. voce verdiana, Torino 1983 (con cronologia, discografia, antologia della critica); R. Celletti, Il teatro d’opera in disco, Milano 19883, ad indicem; The New Grove dictionary of music and musicians (ed. 2001), p. 182; J. Kesting, Die großen Sänger, Kassel 2010, pp. 974-976.