TANCREDI da Corneto
TANCREDI da Corneto. – Originario di Corneto (odierna Tarquinia) «de Provincia Patrimonii» secondo quanto egli stesso narra nel proemio della sua Compendiosa, suo padre era «Rubeus de Malascottis» (Nardi, 2009, p. 14), identificabile con Rosso Malascorte di Tolfa Vecchia. La data di nascita, da collocarsi nella seconda metà del Duecento, non è nota, così come nulla si sa riguardo alla sua famiglia.
Della sua carriera nelle magistrature conosciamo quanto è attestato dalla documentazione senese: a Siena fu giudice e presenziò a importanti atti fra il 1295 e il 1311, con la qualifica di legum minister; di nuovo prestò giuramento come giudice nel 1314, al seguito del capitano del popolo Tommaso di Bevagna (chiamato alla carica dal 1° novembre 1314 al 30 aprile 1315); sempre in questo periodo, nel quale è attestato a Siena anche Cino da Pistoia come collaterale del podestà, è documentata la frequente partecipazione di Tancredi alle sedute del Consiglio generale del Comune sia in qualità di vicario del capitano del Popolo, quando questo era assente, sia di deputato per occuparsi di problemi particolarmente spinosi. La sua attività di giudice è testimoniata a Siena un’ultima volta nel luglio del 1319, al seguito del podestà Benedetto Caetani d’Anagni. Non vi sono invece prove di un suo insegnamento senese.
La fama di Tancredi da Corneto, che non va confuso con il glossatore canonista Tancredi da Bologna, è legata a una Summula quaestionum detta Compendiosa, un fortunato trattato di carattere pratico, strutturato come un insieme di questioni prevalentemente riguardanti temi processuali e, in minor misura, statutari, nonché una ragguardevole disputa sul valore probatorio del marchio di fabbrica. Databile, a giudicare dalle opere e dagli autori citati, al primo decennio del Trecento, lo scritto fu composto, come afferma l’autore, traendo i materiali principalmente dalle opere di Guido da Suzzara e di Dino del Mugello. Il riconoscimento dei debiti da parte di Tancredi conferma l’autonomia del Tractatus de dictionibus, trattato che la tradizione attribuisce con insistenza anche se non costantemente a Dino, il cui testo sembra collimare con un estratto della Compendiosa. Con l’età della stampa l’opera di Tancredi passò sotto i torchi almeno due volte con la sua vera paternità; ma, a partire dall’edizione lionese del 1513, fu intitolata Practica e messa sotto il nome di Baldo e, a parte alcune addizioni di età più risalente dovute specialmente alla penna di Antonio da Cremonte, presentata con pesanti manipolazioni, mutilazioni e inserimenti mistificatori fraudolentemente operati dal giurista borgognone Celse-Hugues Descousu.
Fonti e Bibl.: A. Solmi, Di un’opera attribuita a Baldo, in Archivio giuridico “Filippo Serafini”, n.s., LXVII (1901), 8, 3, pp. 401-434 (rist. in Id., Contributi alla storia del diritto comune, Roma 1937, pp. 417-450); P. Peruzzi, Angelus de Amelia, decretorum doctor, qui fuit tempore Bartoli (1307 ca.-1366 ca.), in Studi urbinati, n.s. A 28, XLIV (1975-1976), pp. 38-49 (per il Tractatus dictionum); D. Maffei, Giuristi medievali e falsificazioni editoriali del primo Cinquecento. Iacopo di Belviso in Provenza?, Frankfurt am Main 1979, pp. 25-34 per la falsificazione editoriale, con nota 72 per la tradizione manoscritta; P. Nardi, Contributo alla biografia di Federico Petrucci con notizie inedite su Cino da Pistoia e T. da C., in Scritti di storia del diritto offerti dagli allievi a Domenico Maffei, a cura di M. Ascheri, Padova 1991, pp. 165-168 (rist. in Id., Maestri e allievi giuristi nell’Università di Siena. Saggi biografici, Milano 2009, pp. 13-17).