TALAMONE
(XXXIII, p. 192)
L'antico centro etrusco, come hanno rivelato recenti ricerche, occupò nell'età del Ferro l'altura del Poggio Talamonaccio, per trasferirsi poi, alla metà del 6° secolo a.C., sul vicino colle di Bengodi. Per quanto secondario, il centro controllava una delle poche insenature naturali della costa medio-tirrenica: ceramiche d'importazione e terrecotte architettoniche suggeriscono, per l'età tardo-arcaica, forme di culto legate alla funzione commerciale del sito, conosciuto verosimilmente dai mercanti greci (di un'eventuale frequentazione greca il nome stesso di T. dovrebbe conservare le tracce). Nel 4° secolo a.C. venne nuovamente occupato il colle di Talamonaccio, che fu fortificato con una cinta muraria a doppia cortina (distrutta in età moderna) includente aree residenziali che culminavano in un tempio occupante la sommità. Delle necropoli relative, che erano situate nel fondovalle sulla riva sinistra del torrente Osa, si conservano solo oggetti bronzei (specchi, candelabri e incensieri) di buona qualità. Il tempio, di medie dimensioni (m 12,84 × 19,40 = 44 × 66 piedi italici), venne modificato nella prima metà del 2° secolo a.C.: a unica cella preceduta da un vestibolo a quattro colonne su due file o da due colonne sempre su due file fra ante, fu completamente rinnovato nella decorazione.
L'esame e il restauro dei frammenti scoperti soprattutto negli scavi 1888-92 e poi nelle ricerche 1962-69 hanno permesso di ricomporre le lastre di un unico grande quadro fittile, che riempiva lo spazio frontonale, centrato sul mito dei guerrieri argivi che soccombono sotto le mura di Tebe. Vi sono rappresentati, simultaneamente, secondo la tradizione cui fanno capo le Fenicie di Euripide: al centro, Edipo cieco fra Eteocle e Polinice uccisisi vicendevolmente, e, sopra, Capaneo che sale sulle mura di Tebe; a sinistra, Adrasto su quadriga, sostenuto da una Furia; a destra, Anfiarao, anch'egli su quadriga, che sta sprofondando sotto terra. Il modello iconografico appartiene a cartoni circolanti nella prima metà del 2° secolo a.C. in Etruria, utilizzati soprattutto nelle urne funerarie, mentre da un punto di vista stilistico la decorazione s'inserisce nell'ambito di quel rinnovamento edilizio degli edifici di culto che si riscontra nelle colonie romane poste sulla costa (Cosa, Luni) e nelle città etrusche (Vulci, Vetulonia, Volterra).
Distrutto agli inizi del 1° secolo a.C. da un incendio, forse da connettere con le vendette sillane dell'82 a.C., il sito fu abbandonato, tranne che per un breve periodo (seconda metà del 7° secolo d.C.), quando fu occupato da un gruppo longobardo. Il polo abitativo si trasferì dall'altro lato del golfo, dove fu edificata intorno al 100 d.C. una villa marittima, di proprietà imperiale, malnota e in via di degrado.
Bibl.: O.-W. von Vacano, in Notizie degli Scavi, 1961, pp. 251-60; 1962, pp. 285-300; 1965, pp. 30-39; 1972, pp. 345-402; P. Sommella, Antichi campi di battaglia, Roma 1967, pp. 11 ss.; I Galli in Italia, catalogo della mostra, ivi 1978, pp. 207-17; O.-W. von Vacano, B. von Freytag, Talamone, Il mito dei Sette a Tebe, in Studi e materiali, 5 (1982), pp. 177-287; O.-W. von Vacano, Gli Etruschi a Talamone, Bologna 1985; La romanizzazione dell'Etruria: il territorio di Vulci, catalogo della mostra, Milano 1985, pp. 115-21, 155-57; B. von Freytag, Das Giebelrelief von Talamone, Heidelberg 1987; L. Sensi, Gli scavi di G. Sordini sul Poggio di Talamonaccio, Firenze 1987; O.-W. von Vacano, Der Talamonaccio. Alte und neue Probleme, ivi 1988.