TAIWAN.
– Demografia e geografia economica. Storia. Architettura. Bibliografia. Cinema
Demografia e geografia economica di Michele Castelnovi. – Stato insulare dell’Asia sud-orientale. La popolazione è distribuita in maniera disomogenea, concentrata soprattutto nelle grandi città industriali della costa occidentale. Secono una stima UNDESA (United Nations Department of Economic and Social Affairs), nel 2014 la popolazione è stata di 23.359.928 abitanti. La densità è talmente elevata nel Nord che nel 2010 il governo ha riconosciuto lo status urbano a New Taipei City, composta dai sobborghi fittamente abitati attorno alla capitale, Taipei, nell’estremità settentrionale dell’isola. Gli abitanti di Taipei nel 2014 sono stati circa 2.675.000, mentre quelli di New Taipei City più di 3.941.000. Le altre tre aree metropolitane riconosciute come ‘municipalità speciali’ sono, da Nord verso Sud, Taichung (2.687.000 ab.), Tainan (1.881.000 ab.) e Kaohsiung (2.778.000 ab.). Le donne taiwanesi presentano uno dei più bassi tassi di natalità (8,6‰, 2014) dell’Asia, anche in assenza di esplicite disposizioni di legge riguardo alla ‘politica del figlio unico’.
Le rivendicazioni territoriali avanzate dai taiwanesi devono essere esaminate su due livelli differenti. Nel primo livello occorre considerare l’affermazione di rappresentare l’unica realtà politica erede della Cina storica: una tesi in base alla quale, prima o poi, tutto il territorio della Repubblica Popolare Cinese (RPC) attuale (e la Mongolia esterna) dovrebbe ricongiungersi alla Repubblica Cinese sotto la guida di Taipei. Negli ultimi dieci anni il numero degli Stati che riconoscono questo ruolo a T. si è assottigliato ulteriormente, in proporzione alla crescita dell’influenza internazionale di Pechino, soprattutto in Africa e in America Latina (il cosiddetto Beijing consensus). Nel secondo livello, invece, mettendo temporaneamente tra parentesi la questione dell’unità cinese, si possono considerare le rivendicazioni territoriali che contrappongono T. a qualsiasi altro Stato dello scacchiere del Sud-Est asiatico. In particolare, T. si contrappone al Giappone, alle Filippine e al Vietnam per il controllo di determinate aree del Mar Cinese Meridionale e Orientale.
T., come è noto, non è riconosciuta da Pechino come uno Stato sovrano autonomo e indipendente, ma è considerata come una normale provincia della RPC. Il 15 marzo 2006 l’Assemblea popolare nazionale di Pechino ha approvato un’apposita legge antisecessione, per riaffermare che T. appartiene alla RPC. Nel 2008, la pacifica partecipazione taiwanese alle Olimpiadi di Pechino ha suscitato molto scalpore, quasi come se fosse un segno di un possibile riconoscimento reciproco, o ricongiungimento. Negli anni successivi è capitato più volte che Pechino e Taipei condividessero le medesime scelte in ambito geopolitico, per es., sulla questione delle isole Tiaoyu (note anche sotto la denominazione giapponese Senkaku) nel Mar Giallo Meridionale per contrastare le mire giapponesi. Nel 2010, su istanza del presidente taiwanese Ma Ying-jeou e del presidente pechinese Hu Jintao, è stato concordato un importante patto commerciale con l’abbassamento reciproco dei dazi doganali.
Storia di Samuele Dominioni. – Nelle elezioni legislative del gennaio del 2008, il Guomindang (Kuomintang, KMT) – che aveva perso le ultime due consultazioni del 2001 e del 2004 – riottenne la maggioranza dei seggi con la sua Coalizione pan-azzurra (85 su 113), sconfiggendo il Democratic progressive party (DPP) e la sua Coalizione panverde (27 seggi). L’ottimo risultato delle elezioni per il rinnovo del Parlamento fu ulteriormente rafforzato dagli esiti delle presidenziali del marzo successivo, nelle quali il candidato del KMT Ma Ying-jeou si aggiudicò il 58,4% dei voti e sconfisse l’esponente del DPP Frank Hsieh Chang-ting. Negli anni all’opposizione (2001-08), il KMT riuscì a ricostruire la sua appannata immagine e a riproporsi come un partito più responsabile, spostandosi verso l’elettorato di centro e la classe media. La campagna elettorale fu imperniata su una piattaforma di riforme economiche e sulla volontà di migliorare in particolare i rapporti con la Cina.
Nei mesi successivi si registrarono sviluppi positivi nel campo delle relazioni con Pechino: il dialogo con la Cina – interrotto nel 1999 – fu ripreso, e nel novembre del 2008 il capo negoziatore cinese Chen Yunlin si recò sull’isola; tuttavia la visita della più importante autorità cinese a T. in cinquant’anni fu accolta dalle proteste dei sostenitori della piena indipendenza di T. dalla Cina. Ulteriori passi in avanti nelle relazioni sino-taiwanesi si ebbero nel corso del 2009 quando nel mese di luglio, per la prima volta in sessant’anni, i presidenti dei due Paesi si scambiarono messaggi diretti. Nel 2010, questo clima positivo si concretizzò nella firma di un Accordo quadro di cooperazione economica tra Cina e Taiwan.
Nelle elezioni del gennaio del 2012, il Guomindang e la Coalizione panazzurra conservarono la maggioranza dei seggi in Parlamento (69 su 113) e Ma Ying-jeou fu riconfermato presidente per un secondo mandato, pur con una percentuale di consensi (51,6%) ridotta rispetto al precedente scrutinio.
Negli anni successivi, le resistenze alla politica di riavvicinamento alla Cina voluta dal KTM si fecero più marcate. Dopo lo storico primo vertice a livello governativo tra i due Paesi, tenutosi a Nanchino nel febbraio del 2014, il Parlamento taiwanese fu infatti occupato nel mese di marzo da centinaia di manifestanti che si opponevano all’entrata in vigore dell’accordo sui servizi siglato da Cina e T. nel giugno 2013. Nel novembre del 2014 inoltre, il KTM subì una pesante sconfitta nelle elezioni municipali: il voto pareva evidenziare i dubbi della popolazione verso gli orientamenti del partito di governo nei confronti di Pechino, oltre a rivelare innanzitutto un generale malcontento per la situazione del Paese, con salari stagnanti e una crescente disuguaglianza sociale. A seguito del risultato negativo, Ma Ying-jeou rassegnò le sue dimissioni dalla leadership del KTM, venendo sostituito da Eric Chu, e anche il premier Jiang Yi-huah lasciò il suo incarico. Il riavvicinamento alla Cina tuttavia proseguì, e nel maggio 2015 Chu incontrò a Pechino il presidente cinese Xi Jinping, nel vertice di più alto livello tra i due Paesi.
In ambito internazionale T., pur avendo instaurato importanti relazioni bilaterali, continuava a essere riconosciuto come Stato da un numero esiguo di Stati membri dell’ONU (21 al settembre 2015).
Architettura di Leone Spita. – L’isola subtropicale di Formosa – provincia cinese ribelle, prima, e tigre asiatica poi – è al centro del commercio dell’Estremo Oriente e la capitale, Taipei, aspira ad analoga posizione nel mercato interno cinese.
L’architettura di T. è stata per lungo tempo quasi ignorata dalla pubblicistica specializzata, ma negli ultimi anni, la qualità e l’importanza delle realizzazioni e dei progettisti di fama internazionale l’hanno posta tra i luoghi ai quali guardare con attenzione e interesse.
La presenza di due iconici progetti di Toyo Ito (National stadium Kaohsiung, 2009, e National Taichung theater, la cui apertura è prevista nel 2016) manifesta quanto l’influenza della cultura architettonica giapponese,
retaggio della lunga dominazione, sia ancora molto forte. Va però sottolineato che a essa si è affiancata un’endogena ricerca formale, costruttiva e funzionale, della quale il più autorevole rappresentante è C.Y. Lee, impegnato a rivelare uno spirito cinese all’interno dell’architettura moderna. La sua opera più nota è il Taipei 101 (2004) che con i suoi 509 m di altezza fino al 2010 è stato il grattacielo più alto del mondo e, soprattutto, l’edificio che ha ridisegnato lo skyline della capitale fino a quel momento senza una chiara riconoscibilità. È evidente il ruolo catalizzante che Taipei riveste per l’architettura, i cui esempi più recenti e interessanti sono: il Louis Vuitton Tapei building (Kumiko Inui, 2006); il TED (Technology, Entertainment & Design) centre (BIG Studio, 2010); il Butterfly Pavilion per la Taipei international flora expo (King Shih Architects, 2010); il Water-Moon monastery (Kris Yao/Artech, 2012); il College of social science (Toyo Ito Architects, 2014). Si segnala inoltre una serie di importanti progetti tra i quali certamente spiccano il Performing arts center (TPAC) di OMA, in fase di costruzione, e il Pop music centre dello studio Reiser+Umemoto non ancora realizzato.
Taichung costituisce un altro importante centro dell’isola con una forte aspirazione a diventare punto di riferimento internazionale per le arti e la cultura. Tale obiettivo è confermato dal già citato teatro dell’Opera di Ito, ma anche dagli esiti di due concorsi: il primo per il Centro congressi della città, vinto nel 2009 dallo studio cinese MAD architects – un progetto quasi alla scala del paesaggio –, e il secondo per un centro culturale, vinto nel 2013 dai giapponesi Kazuyo Sejima e Ryue Nishizawa di SANAA, una composizione di bianchi volumi fasciati da un velo leggero. Tra i lavori realizzati va inoltre citata la National library of public information (J.J. Pan & Partners, 2012).
La THSR (Taiwan High Speed Rail, la ferrovia ad alta velocità) è stata il più importante progetto di infrastrutture viarie di T. e ha contribuito a dare un forte impulso all’architettura fuori dalla capitale, attraverso la costruzione di alcune stazioni ferroviarie, tra le quali emergono quelle a Zhubei (Kris Yao/Artech, 2007) e a Kaohsiung (Sinotech, 2006), e il monumentale ingresso alla metropolitana Formosa Boulevard station a Kaohsiung (Shin Takamatsu, 2008). Tali costruzioni hanno inoltre avviato lo sviluppo urbano delle aree limitrofe e incoraggiato la nascita di ambiziosi progetti architettonici. A tale proposito, sempre a Kaohsiung, si segnalano: il National Kaohsiung center for the arts (Mecanoo), in fase avanzata di costruzione, e il Kaoh siung port and cruise service centre (Reiser+Umemoto) che, una volta ultimati, modificheranno il volto del secondo agglomerato urbano del Paese.
La gara tra le grandi città di T. ha senza dubbio incrementato il numero dei programmi di sviluppo edilizio, ma non ha soffocato il desiderio dei centri più piccoli, finanche delle zone rurali, dove si distinguono, tra gli esempi più interessanti: un ponte pedonale a Wang Gong (Liao Wei-li/Ambi Studio, 2004), il Lanyang museum a Yilan (2010) e il Palace museum southern Branch a Chiayi (non ancora ultimato) entrambi del citato studio taiwanese Kris Yao/Artech.
Bibliografia: U. Meyer, Architectural guide Taiwan, Berlin 2012.
Cinema di Giona Antonio Nazzaro. – Terzo lato del triangolo del cinema cinese composto da Repubblica Popolare Cinese e Hong Kong, T. ha conosciuto agli inizi degli anni Ottanta una rinascita cinematografica che ha permesso l’affermazione di autori come Hou Hsiao-hsien ed Edward Yang. A cavallo del decennio successivo, la spinta propulsiva della prima generazione di autori della nouvelle vague taiwanese ha ceduto il passo a un gruppo di nuovi autori, dei quali Tsai Ming-liang è il nome più rappresentativo; poi, con l’affermarsi di Ang Lee, cineasta dalle ambizioni autoriali meno evidenti, si è orientata nella direzione di un confronto più diretto con il pubblico. Il successo di Wo hu cang long (2000; La tigre e il dragone), riproposizione del film di arti marziali classico della tradizione hongkonghese, con il corollario dei numerosissimi premi ottenuti, compreso l’Oscar per il miglior film straniero, hanno fatto di Ang Lee il principale cineasta taiwanese contemporaneo. Regista affermato a livello mondiale, artefice di un cinema transnazionale, che conserva comunque nel suo DNA le proprie radici taiwanesi, Ang Lee è un autore complesso e sfaccettato, dalla filmografia multiforme, oscillante fra produzioni hollywoodiane spettacolari come Hulk (2003), lavori dalla vocazione più ambiziosa, Brokeback Mountain (2005; I segreti di Brokeback Mountain) e Se, jie (2007; Lussuria - Seduzione e tradimento), ricostruzioni filologiche, Motel Woodstock (2009) e, soprattutto, caratterizzato da una vocazione a sperimentare con le nuove tecnologie digitali, tensione evidenziata da Life of Pi (2009; Vita di Pi), realizzato in 3D e anch’esso pluripremiato.
Rispetto alla carriera internazionale di Ang Lee, il cinema taiwanese dei primi anni Duemila ha esplorato temi più vicini al sentire nazionale, pur ponendosi il problema costante di dialogare con un pubblico più ampio.
Lan se da men (2002; Incrocio d’amore), diretto da Yee Chih-yen, introspettiva commedia sentimentale, situandosi nel solco delle innovazioni poetiche e formali della prima generazione della nouvelle vague taiwanese e il tentativo di aprirsi a un pubblico nuovo, è opera esemplare, per esiti e riscontro, di un fecondo momento di transizione. Sheng xia guang nian(2006, noto con il titolo Eternal summer) di Leste Chen mette in scena in forme intimiste un romanzo di formazione all’ombra delle relazioni complesse che legano Taiwan alla Cina. Di queste è espressione il film in costume Lei wangzi(2009, noto con il titolo Prince of tears) firmato da Yonfan e presentato alla Mostra d’arte cinematografica di Venezia. Jiu jiang feng (2008, noto con il titolo Winds of september), invece, diretto da Lin Shu-yu, affrontando problematiche relative all’adolescenza con una schiettezza inedita per il cinema taiwanese, ha avuto il merito di ampliare i termini della discussione critica. Hái-kak chhit-ho (noto con il titolo Cape no. 7), commedia sentimentale di Wei Te-sheng, campione d’incassi a sorpresa al botteghino taiwanese nel 2008, ha riaperto invece le porte del grande successo economico ai film nazionali. Sulla scia di Hái-kak chhit-ho, titoli come Báng-kah (2010; Monga) di Doze Niu, Fu hou qi ri (2010, noto con il titolo Seven days in heaven) di Essay Liu e Yu-Lin Wang, e Ji pai ying xiong (2011, noto con il titolo Nightmarket hero) di Tien-Lun Yeh hanno rilanciato la produzione dell’isola permettendo così al cinema di T. di riprendersi economicamente dopo un lungo periodo durato tutti gli anni Novanta in cui, a causa della pirateria audiovisiva, aveva conosciuto una drammatica fase di flessione. Commedie come Na xie nian, wo men yi qi zhui de nv hai (2011, noto con il titolo You are the apple of my eye), diretto da Giddens Ko, e Zhen tou (2012, noto con il titolo Din Tao: leader of the Parade) di Kai Feng hanno confermato la ritrovata vitalità economica della produzione nazionale taiwanese.