Taharqa
Re di Kush e faraone della XXV dinastia egiziana (regno 690-664 a.C.). Il suo regno fu caratterizzato da grande prosperità, ma anche dal conflitto con la potenza che dominava il Vicino Oriente in quegli anni. T. era il più giovane dei figli di Piankhy, il conquistatore dell’Egitto. Fu incoronato a Menfi, la residenza favorita dei re kushiti. Nei primi anni di regno T. fece costruire templi in stile egiziano nelle maggiori città di Kush, Napata, Kawa, Sanam, Qasr Ibrim, con un programma decorativo che esaltava il ruolo di Ammone come dio creatore e che stilisticamente si ispirava ai monumenti dell’Antico e Medio regno egiziano. Per eseguire queste opere erano stati impiegati artigiani e operai menfiti. Anche in Egitto ebbe una intensa attività di costruttore, soprattutto a Tebe, dove dedicò vari edifici sacri a Karnak e Medinet Habu. Per queste attività affluivano in Egitto e a Kush materiali di pregio, quali legno di cedro e bronzo, soprattutto dalle città costiere della Siria-Palestina con le quali T. aveva allacciato rapporti di alleanza e collaborazione. Nel 677 a.C. Sidone tentò di ribellarsi al dominio assiro, ma fu sconfitta e i suoi abitanti deportati. Asarhaddon si volse allora contro l’Egitto che offriva protezione alle città della costa siro-palestinese. Un primo scontro si risolse a favore degli egiziani; ma poco dopo una seconda spedizione, guidata da Asarhaddon stesso, fu vittoriosa. Gli assiri presero Menfi e T. fuggì a Tebe, lasciando nelle mani del re assiro parte della sua famiglia, compreso il figlio. Gli assiri si ritirarono affidando il controllo del Paese ai principi del Delta, ostili ai kushiti. T. riprese prontamente il controllo del Paese, ma una seconda spedizione assira, organizzata da Assurbanipal, penetrò in Egitto fino a Tebe. T. sfuggì alla cattura, ma dovette riparare a Napata dove morì l’anno seguente. Fu seppellito a Nuri, dove aveva fatto costruire la sua tomba, sormontata da una piramide, proprio di fronte al Gebel Barkal, la montagna sacra di Ammone.