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BRANCA, Taddeo del

di Guglielmo Gorni - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 13 (1971)
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BRANCA (Branchus, Branchi), Taddeo del (della)

Guglielmo Gorni

Nacque da famiglia veronese nella seconda metà del sec. XIV, abbastanza presto da poter rimpiangere, con cognizione di causa, i tempi in cui la sua città, "Canibus ditata", era libera e potente: certo vari anni prima della caduta degli Scaligeri (1387), se già dal settembre 1393 era maestro a Torino, confermato almeno per un quadriennio e forse fino al 1400. Secondo quanto narra nel Liber Penitentie, poco dopo la nascita restò orfano di madre, poi anche di padre; per ragioni oscure, forse connesse a fatti politici, emigrò in Piemonte, ove pare restasse per tutta la vita professando nelle scuole. Prestò servizio anche presso le scuole di Chieri - centro non privo di ambizioni culturali, se ospitò l'università tra il 1427 e il '34 - almeno dal 1º genn. 1432, secondo una nota di pagamento "magistro Thadeo de Blanchis rectori scollarum Cherii" registrata nel Liber racionum di quel Comune; ma il 4 genn. 1440risulta già collocato a riposo con una pensione annua di venticinque fiorini di Savoia. Una nota di donazione, contenuta nel codice della Spreti ocii vitatio in possesso della Biblioteca Nazionale di Torino, attesta che il ms. fu donato dal B. al convento dei domenicani di Torino il 5 ag. 1444: questa è l'ultima testimonianza nota della sua sopravvivenza.

Il B. scrisse tre laboriosi e artificiosissimi poemi d'argomento religioso, esametrici, ma divisi in lasse regolari, quasi cantari in esametri. Il primo, giusta l'ordine del manoscritto che li contiene, e più lungo (comprende oltre 8.500 versi), è la Spreti ocii vitatio (incipit:"Angele qui quondam descendens culmine Olimpi"). L'opera è divisa in una "stacio" proemiale, i cui primi versi formano l'acrostico "Tadeum", e sette "partes" d'ineguale lunghezza, scandite in "staciones" di sedici versi, le cui lettere iniziali in successione compongono preghiere mariane. Sommariamente, la prima "pars" comprende la narrazione della caduta degli angeli e il sunto dei primi capitoli della Genesi fino al diluvio; la seconda la storia dell'incarnazione e le lodi di Maria; la terza la nascita e la vita di Cristo fino al digiuno nel deserto; la quarta, ambientata negli inferi, lo scontro di Michele con Letifer "condam Lucifer", e un'effusa controstoria del mondo narrata "a parte diaboli" e registrata negli annali infernali dal cancelliere Ascalafo; nella quinta e sesta, le più lunghe, riprende il filo della narrazione evangelica della vita di Gesù, fino ai primi atti degli apostoli; nella settima è narrata la morte di Maria e di ciascun apostolo. Segue nel manoscritto, ma "debuit poni in principio", una prefazione prosaica sul tema scritturale "panem ociosa non comedit", che dà ragione del singolare titolo: "fuga dallo spregevole ozio" è il poema stesso nel suo farsi, in quanto attività che ha per fine la gloria di Dio sommo bene, dunque antidoto sommo dell'ozio.

Circa 1.200 versi contiene il Liber Penitentie (incipit:"Terne consimil forme Deus omnicreator"), suddiviso in "staciones" di dodici, formanti, con il solito gioco acrostico, il nome dell'autore e brani della Salve regina:tratta del peccato originale, del battesimo e dei vizi capitali. Dal testo si può ricavare qualche curioso aneddoto dei primi anni del B.; inoltre tra gli esempi di vanagloria punita e ricordato l'episodio "cuiusdam Dantis", che perdette l'eloquio per aver attribuito alle lunghe veglie e non a Dio la propria sapienza: tale aneddoto, a giudizio del Cipolla, è ispirato da qualche leggenda veronese sull'Alighieri. Il Portus infine, di 1268 versi (incipit:"Trinus personis Deus unus et alphaque finis"), diviso in "staciones" di sedici, è esposizione dei doveri verso Dio e il prossimo, delle virtù teologali, della dottrina cattolica della grazia e dei sacramenti.

Il senso e la pratica destinazione di tali fatiche sono chiariti dall'acrostico dell'ultimo poemetto: "Tadeus dictus Branchus prepositus scolarum adictavit hoc scolasticum dictum ad honorem Dei". Il B. compose quindi ad uso della scuola i suoi poemi, farraginosa enciclopedia e ricchissimo repertorio di figure metriche e retoriche, scritti in un latino mescidato, palesemente "medievale" nel lessico e nella sintassi.

Fonti eBibl.: I tre poemi del B., tuttora inediti, sono contenuti nel ms. 245 della Biblioteca Reale di Torino, contenente chiose e correzioni in parte autografe; presso la Biblioteca Nazionale di Torino si conserva un secondo testimone della sola Spreti ocii vitatio, il ms. G. II. 24, con varianti in parte d'autore, glosse e una nota di donazione da parte dell'autore.

Il merito d'aver scoperto e studiato le opere del B. spetta a C. Cipolla, col saggio T. del B. e una tradizione leggendaria sull'Alighieri, in Misc. di stor. ital., XXV (1887), pp. 375-450, integrato da Nuove congetture e nuovi documenti intorno a maestro T. del B., in Giorn. stor. della letter. ital., IX (1887), pp. 415-30 (in cortese polemica con R. Renier, ibid., pp. 340 s., sull'attribuzione all'Alighieri del citato aneddoto del Liber Penitentie), e da Ancora intorno a T. della B., in Nuovo arch. veneto, n.s., VI (1906), pp. 313-19, in cui è segnalato e descritto il secondo ms. torinese (i primi due contributi si leggono ora in C. Cipolla, Gli studi danteschi, Verona 1921, pp. 101-169). Un breve profilo storico del B. è nell'importante monografia di G. Vinay, L'Umanesimo subalpino nel secolo XV, Torino 1935, pp. 33 e 85 s., e nel saggio di M. Carrara, Gli scrittori latini dell'età scaligera, nell'opera miscellanea Verona e il suo territorio, III, 2, Verona 1969, pp. 72 s.

Vedi anche
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