TABARIN
Attore e autore di farse francesi, dette "farces tabariniques", delle quali certe facezie salaci e incongrue sono dette "tabarinades", come per analogia si dice in italiano arlecchinate. Il carattere buffonesco è comune al tipo, all'attore e alle composizioni sceniche. Nella storia del teatro, Tabarin è un mistero. Sulla Place Dauphine o sul Pont-Neuf, a Parigi, nei primi anni del secolo XVII apparve un cerretano, il quale per vendere i suoi specifici aveva avuto l'idea d'impiantare una pedana o palco sul quale cantava, suonava, ballonzolava e soprattutto recitava scenette buffe, quadretti di vita comune, bozzetti, burlette, facezie dialogate e figurate: qualcosa di paragonabile ai mimi di Eroda o ai modernissimi "sketches". Le "questions tabariniques" dovettero essere qualcosa di originale e caratteristico, se ebbero allora e conservano tuttora il nome del loro inventore: erano certamente qualcosa di divertente, che aveva l'efficacia desiderata d'incitare l'adunanza a comprare lo specifico. Tuttavia s'ignora chi fosse, donde esattamente venisse e come o dove finì. Alcuni lo credono venuto da Napoli: la sua origine italiana (il nome sarebbe forse Tabarrino) è ammessa da tutti gli storici, e le farse che restano col suo nome hanno un netto carattere italiano. Ad ogni modo, costui fu uomo di tanto spirito e brio e fantasia da lasciare nella storia del teatro francese un ricordo e una popolarità durevoli, affidati in gran parte alla tradizione e documentati dalle farse e dalle "questions" scritte che ci restano col suo nome, e che non si sa esattamente se siano di altro autore fatte famose dall'attore, o se siano la trascrizione di quelle inventate da lui stesso.
Esse sono poco più che aneddoti sceneggiati o appena dialogati per preparare qualche battuta buffa o l'immancabile bastonatura finale. Senza dubbio c'è in esse dello spirito e qualche spunto di situazione scenica, che pare non sia stato disprezzato dal Molière; e si dice che le tabarinades divertissero il La Fontaine. È in ogni modo vero che il Boileau rimproverava al Molière di avere "sans honte à Térence allié Tabarin": documento incontestabile della popolarità e dell'originalità dello spirito tabarinesco. Il costume di T. è bianco, fatto di una casacca senza bottoni, attillata e orlata di verde e rosso con un cappello di feltro scuro con piuma verde. Il cappello di T., al quale egli dava tutte le forme possibili, è celebre quanto le sue farse ed è proverbialmente ricordato come cosa mutevole e varia per fantasia e docilità. Secondo il Fournier, che propende a credere T. soltanto attore e non anche autore di ciò che recitava, sarebbe stato costui un Antonio Girard, fratello di Filippo e marito di una Vittoria Bianca romana, che recitavano con lui chiamandosi in scena Mondor e Franceschina, personaggi consueti di quelle farse, ciò che fa supporre T. una maschera del teatro italiano di cui il nome sarebbe rimasto all'attore. Invece G. Mazzoni ritiene, da un T. veneto e comico del sec. XVI, che l'attore francese fosse un comico o un cerretano italiano, il nome del quale sarebbe rimasto alla figura scenica divenuta poi una maschera del classico tipo degli zanni, sopravvissuta, si dice, sul teatro dei burattini bolognesi fino al sec. XIX. Le composizioni sceniche sono scritte in un linguaggio misto di italiano e francese, con un po' di spagnolo e sono raccolte in edizioni accurate (la migliore: Øuvres complètes, a cura del D'Harmonville, Parigi 1858)
Oggi il nome di T. è passato a designare un genere di ritrovi notturni dove è pretesto di radunata un piccolo spettacolo di canto e recita o un'orchestra disposta su una pedana.
Bibl.: G. Mazzoni, Abati, soldati, attori, autori del Settecento, Bologna 1924; A. G. Bragaglia, Il segreto di Tabarrino, Firenze 1933. Entrambe le opere contengono numerosi riferimenti bibliografici.