T'OROS ROSLIN
Artista del sec. 13°, la cui opera costituisce la massima espressione della miniatura armena.T. fu attivo in Cilicia, che tra il 1199 e il 1375 fu importante regno autonomo, detto Piccola Armenia, staccato dalla madrepatria e legato da molteplici vincoli all'Europa meridionale e all'Italia in particolare, anche per la sua strategica posizione sulla direttrice crociata della Terra Santa.
La raffinata cultura elaborata in quella regione, solo in parte erede del patrimonio della Grande Armenia, non insensibile al mondo bizantino, ma rivolta all'Occidente e connessa anche al mondo mongolo e ilkhanide, costituisce lo stimolante ambito entro il quale si trovò a operare l'artista.Nonostante la breve durata del regno di Cilicia e la completa distruzione di tutti i centri armeni della regione, sono pervenute sette opere certe di T., custodite a Erevan (Matenadaran, 10450), a Gerusalemme (Armenian Patriarchate, Lib. of St Thoros, 251, 1956, 2027, 2660) e a Baltimora (Walters Art Gall., 539). Benché in numero ridotto, tali opere permettono una lettura critica della produzione di T., anche in relazione ad altri miniatori della sua epoca. Ulteriori manoscritti miniati attribuiti a T. si trovano ancora a Erevan (Matenadaran, 9422), a Washington (Freer Gall. of Art, 32.18) e a Malibu (J. Paul Getty Mus., 5994.MB.71).
La Cilicia, come la madrepatria, aveva nei suoi conventi importanti scriptoria, fucine di amanuensi, ma anche di pittori, cui ricorreva, per i codici miniati di particolare pregio, la committenza locale, religiosa o reale che fosse. Hṙomkla, convento e sede dello scriptorium del Patriarcato, ospitò T. almeno dal 1250 al 1260.L'opera di T., accertata negli anni 1256-1268, comporta soggetti esclusivamente religiosi, influenzati dai desideri dei committenti e dalle consuetudini decorative dell'epoca, ma si diversifica in modo inequivocabile dalla produzione coeva, anche per la sua linea evolutiva nel volgere degli anni. La miniatura bizantina delle regioni a lui più vicine, che va senz'altro considerata la base della formazione dell'artista, si riflette generalmente nella struttura delle composizioni, nella scelta dei soggetti dipinti sui margini delle pagine, negli sfondi, mentre la grande produzione dei secoli precedenti - per es. il Salterio di Parigi (BN, gr. 139), del sec. 10° - lascia solo deboli tracce in qualche personaggio minore di ascendenza classica, come nella scena del Battesimo di Cristo nel Vangelo di Malatya (Erevan, Matenadaran, 10675, c. 22v.), dove una divinità fluviale occupa l'angolo inferiore sinistro. Una ricerca di varietà e di differenziazione dei personaggi - i pastori nella Natività del Vangelo di Hṙomkla (Gerusalemme, Armenian Patriarchate, Lib. of St Thoros, 251, c. 15v), del 1260, i pescatori della scena di Giona gettato alla balena del Rituale di Vardan (Gerusalemme, Armenian Patriarchate, Lib. of St Thoros, 2027, c. 1v) - rende meno stereotipe le figure, mentre una netta tendenza a rappresentare i corpi nella loro tridimensionalità, pur senza parlare di una improbabile ricerca di verismo pittorico, accresce la vivacità delle scene. I volti sono resi con un'attenzione tutta particolare e le diverse espressioni risultano palesate con sicurezza, la direzione degli sguardi sottolinea l'azione e costituisce, in molti casi, la rete delle direttrici dinamiche della scena. Gli atteggiamenti dei personaggi sono nell'insieme assai più naturali che nelle miniature coeve, ancora legate a posizioni puramente convenzionali. Nessuna ricerca di mimesi si coglie invece negli sfondi naturalistici, meri calligrammi a sostegno più simbolico che fisico delle varie composizioni. I diversi piani appaiono aggiunti gli uni agli altri piuttosto che rappresentati secondo una visione di tipo prospettico. L'uso abbondante dell'oro rende ancora più vivaci le scene, già caratterizzate da una tavolozza variegata, ricca di colori brillanti e di sfumature delicate. Più legati alla tradizione sono i frontespizi, i ritratti degli evangelisti e le elaborate tavole dei canoni.
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