SYMI (Σύμη)
Santuario cretese di grande importanza che richiamava fedeli da tutta l'isola, dedicato a Hermes Kedrìtes e ad Afrodite, scoperto nel 1972, 6 km a NE del villaggio di Kato Symi, nell'eparchia di Viannos. Sorgeva molto vicino ai confini delle provincie di Irak- lion e di Lassithi, sulle pendici settentrionali della mole montagnosa del Dicte a un'altitudine di m 1.130: le antiche città di Viannos e Ierapetra, che si identificano con le omonime località odierne, distano rispettivamente 17 e 36 km.
Il santuario è posto in un grande avvallamento, a guisa di piano inclinato a forma di anfiteatro, circondato a Ν e a E dalle rocce scoscese della piana di Viannos; a SO il paesaggio si apre in un'ampia veduta sul mare Libico fra il colle di Kerato e il promontorio Sentone. L'imponenza di questo paesaggio montano e la presenza di una ricca sorgente d'acqua costituirono i motivi principali per la fondazione del santuario.
Le indicazioni che provengono da ricognizioni di superficie rivelano che il santuario aveva un'estensione approssimativa di 17.000 m2, dei quali ne sono stati scavati 2.200 circa. I resti architettonici e le offerte votive testimoniano una sua continua frequentazione dal periodo pro- topalaziale fino al III sec. d.C.
In questo lungo tempo di vita del santuario si possono distinguere tre periodi di grande floridezza, corrispondenti ai periodi di benessere economico e vivacità artistica principali di Creta: il periodo dal Protopalaziale al Neopala- ziale (2000-1450); il periodo dal Geometrico al Protoarcaismo (900-600) e il periodo tardo-ellenistico (150-1 a.C.).
I pochi resti architettonici frammentari del periodo più antico appartengono a un edificio la cui forma e le cui funzioni ci sono ancora ignote. Al ricco periodo protopalaziale sono datate due fasi architettoniche; alla prima di esse si possono assegnare un edificio di dimensioni notevoli e un altro costituito da molti ambienti che servivano per le necessità di un culto all'aperto; alla prima fase neopalaziale è assegnato un poderoso recinto quadrangolare con una strada processionale lungo i lati esterni di un podio monumentale (12,20 x 8,6ο x 3 m). Nello spazio libero fra il recinto e il podio si compivano azioni liturgiche con sacrifici ignei di animali e offerte votive. Tale insieme architettonico unitario è uno hieròs perìbolos in corpore. Questa tipologia di santuario minoico fino a ora ci era nota solo da raffigurazioni miniaturistiche minoiche.
La seconda fase del periodo neopalaziale è rappresentata da un grande edificio che ha coperto parte del recinto e della via delle processioni; la restante area dello hieròs perìbolos venne usata per le funzioni liturgiche all'aperto fino all'arcaismo tardo.
Questa doppia ripartizione fra luoghi sussidiari coperti e riti liturgici all'aperto con sacrifici ignei contraddistingue la funzione del santuario anche nel periodo postpalaziale, come pure nell'Età del Ferro fino al V sec. a.C. Ciò non di meno, dall'Età del Bronzo a quella del Ferro lo scenario si modifica.
All'imponente peribolo sacro con il podio monumentale del periodo neopalaziale si contrappongono i piccoli nuclei cultuali dell'epoca geometrica: cioè un altare formato da un largo muro, un 'hestìa di ceneri e una banchina triangolare per le offerte. Gli stessi elementi, ma ancora più evoluti, corrispondono alle esigenze dell'epoca geometrico-arcaica: l'altare si ingrandisce, una nuova hestìa è approntata e lo spazio per il culto all'aperto si articola in tre terrazze a vari livelli, circondato da una fossa di purificazione. Questo modo di articolare il terreno risale a una fase più antica dell'uso del santuario, cioè ai due terrazzamenti con diverso orientamento che possono datarsi, con una certa riserva, alla fine dell'Età del Bronzo.
Un modificato contenuto ideologico dal periodo protopalaziale al periodo postpalaziale e, in misura minore, nell'Età del Ferro, denunciano anche i manufatti. Lo strato puro neopalaziale, con le tracce del fuoco dei sacrifici, comprende incredibili quantità di frammenti di vasi in argilla di tipo cultuale (c.d. calici per comunione e decine di tavole d'offerta in pietra); gli ex voto sono, in confronto, pochi.
Questa proporzione di vasi ed ex voto cambia dopo il periodo postpalaziale nel quale la categoria di questi ultimi più caratteristica è quella di figure di buoi lavorate al tornio. Sebbene nelle fasi minoiche del santuario non manchi la figura umana in argilla o in bronzo, la sua presenza si fa più frequente nell'epoca protogeometrica ed è dominante nel periodo geometrico e protoarcaico.
Per quanto riguarda l'epoca geometrica, gli ex voto più caratteristici sono le statuette di animali, particolarmente in bronzo; nell'epoca arcaica sono frequenti le lamine bronzee. L'espressiva iconografia delle lamine, rapportata ai successivi stadi che precedono e seguono il sacrificio dell'offerente alla divinità della selvaggina, ha dato i seguenti risultati: i dedicanti delle lamine appartenevano alla classe superiore delle città cretesi; la dedica avveniva in occasione di riti e funzioni religiose, che sigillavano il periodo di prova dei giovani nobili per l'ingresso nella classe dei cittadini a tutti gli effetti; le consuete feste dell'iniziazione nel santuario erano poste sotto il patrocinio di Hermes, identificato, almeno dall'VIII sec., come il dio delle piante e dei germogli. È una valenza estranea a quelle dell'Hermes del pantheon olimpio che si conservò a Creta fino al III sec. d.C., come indica l'epiteto Kedrìtes che accompagna il nome del dio nelle epigrafi dell'epoca ellenistica e romana nel tempio di Symi.
Con l'epoca classica sopraggiunge un cambiamento notevole nelle pratiche cultuali: si interrompono i costosi sacrifici ignei e le azioni liturgiche si svolgono all'interno degli edifici che sono quindi usati come templi. Il numero degli ex voto si riduce drasticamente nel V e IV sec. a.C. e aumenta invece nel periodo ellenistico, ma quelli in metallo restano pochissimi a paragone di quelli in terracotta. Questo cambiamento è dovuto alla contemporanea crisi economica delle città cretesi e all'indebolimento graduale dell'istituzione dorica della pederastia e della connessa celebrazione del rito di iniziazione, che terminò in epoca romana quando divenne prerogativa di poche famiglie, e per l'adattamento infine alla visione ontologica del divino, divenuta dominante in tutta la Grecia. Comunque, il mutamento del rituale non significa l'abbandono del luogo ove si svolgeva, né il cambiamento delle divinità onorate.
Ex voto ed epigrafi di S. testimoniano la frequentazione continua della località per ventitré secoli e la coesistenza di Hermes dio dei germogli con l'Afrodite fecondatrice, dall'inizio del VII sec. a.C. fino al III sec. d.C. La perseveranza nel reiterato schema liturgico non dimostra tuttavia un'identità di intendimenti religiosi nel periodo neopalaziale e nell'Età del Ferro. Le contestuali discrepanze dei documenti stratigrafici con segni di sacrificio ci offrono divergenze di significato dello stesso schema liturgico, che si conserva quasi inalterato in due periodi con differenti culture. Malgrado ciò, parallelamente alle differenze fra la fase minoica e quella greca del tempio, esistono molti dati che documentano il ripristino e il riuso degli oggetti minoici, la sopravvivenza e la riutilizzazione di forme architettoniche e di valori costanti nella raffigurazione artistica, la conservazione di riti liturgici per ben undici secoli. Con tutto ciò non dobbiamo identificare meccanicamente la coppia ellenica Hermes-Afrodite con la coppia minoica Grande Dea -Nèos Pàredros, come d'altra parte anche le ragioni dell'opulenza del santuario durante la fase minoica e quella greca non sono necessariamente identiche.
La posizione appartata del santuario, lontano dai centri palaziali, ci dice che la causa della floridezza nel periodo neopalaziale deve essere ricercata in quelle motivazioni del culto che traspaiono nelle caratteristiche del cerimoniale liturgico. Ma i dati di scavo non collegano automaticamente le forme di quel cerimoniale con i riti d'iniziazione che nel VII sec. a.C. erano celebrati nello stesso santuario dai giovani della Creta dorica; né è possibile riportare direttamente alle comunità minoiche l'istituto della pederastia greca, perché ciò presuppone un'identica articolazione economico- sociale nell'isola in periodi culturali assai differenti.
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