Swaziland
(XXXIII, p. 118; App. III, ii, p. 887; IV, iii, p. 570; V, v, p. 383)
Geografia umana ed economica
di Claudio Cerreti
Popolazione
La popolazione dello S., 952.000 ab. secondo stime del 1998, continua a registrare tassi di crescita alquanto elevati: con una natalità del 35,4‰ e una mortalità del 9,8‰ (1996), la crescita si attesta oltre il 31‰. Come in altri paesi in via di sviluppo, però, l'accrescimento ha registrato una flessione considerevole: rispetto al quinquennio 1990-95 il tasso annuo è diminuito di circa il 10‰. La distribuzione della popolazione si va bilanciando fra i vari distretti, presentando una densità media di 55 ab./km², senza che sia emersa una forte spinta all'inurbamento: la popolazione urbana costituisce (1996) appena il 25% del totale, ma i centri principali ospitano poche decine di migliaia di abitanti ciascuno. Ciò malgrado, sono in atto progetti di decentramento urbano, e in particolare è previsto che le funzioni legislative statali vengano insediate nel centro di Lobamba, non lontano da Mbabane.
Condizioni economiche
Lo S. conserva fondamentalmente la sua caratteristica di paese a base agricola e zootecnica, e mentre la proprietà dei terreni agrari continua a essere elemento di grande rilievo sociale e causa di tensioni all'interno del paese, fenomeni meteorologici come la siccità registrata nel 1995 contribuirono a mettere in evidenza la debolezza strutturale del paese. Lo S., tuttavia, presenta un settore industriale abbastanza sviluppato, anche se prevalentemente orientato su produzioni a scarso valore aggiunto (zucchero, pasta di legno, tessili): è però da queste produzioni che si ricava una gran parte delle entrate commerciali. Una certa rilevanza hanno anche altre produzioni agricole (frutta), quelle zootecniche e quelle minerarie: amianto (la cui domanda, però, in pochissimi anni ha subito un drastico tracollo a causa dei rischi di cancerosità) e diamanti.
Nell'insieme, la bilancia commerciale denuncia un costante, ma non grave, passivo, mentre rilevante è il debito pubblico, tanto da aver indotto gli organismi finanziari internazionali a richiedere interventi di riaggiustamento, come nella maggior parte dei paesi africani. A compensare in qualche misura questo sbilanciamento valgono i redditi dei cittadini dello S. che lavorano in Sudafrica (circa 16.000, poco meno del 15% della forza lavoro complessiva dello S.). Si è invece risolta recentemente la questione dei profughi mozambicani rifugiati in S., rientrati nel paese di provenienza, che aveva certamente contribuito in qualche maniera ad aggravare le condizioni dello Swaziland.
Nonostante gli indubbi progressi compiuti e una progressiva, ancorché altalenante, crescita economica (circa il 2,5% annuo nel corso degli anni Novanta), il paese presenta condizioni socioeconomiche insoddisfacenti sotto vari aspetti, come dimostrano il PIL per abitante, il tasso di analfabetismo, la diffusione di malattie come la tubercolosi, ricorrenti crisi istituzionali legate alla gestione del potere tradizionale e a conflitti di lavoro.
bibliografia
J. Crush, The culture of failure: racism, violence and white farming in colonial Swaziland, in Journal of historical geography, 1996, pp. 177-97.
A.K. Terry, The economic and environmental sustainability of the sugar industry in the northern lowland of Swaziland, in South African geographical journal, 1997, pp. 195-98.
Storia
di Emma Ansovini
Dopo l'indipendenza, raggiunta nel 1968, la vita politica del piccolo stato etnico dello S. fu dominata in modo esclusivo dalla famiglia reale e dai contrasti tra i diversi gruppi presenti al suo interno, e segnata da un'evoluzione in senso autoritario con l'affermazione di un modello di organizzazione dello Stato fondata sul riconoscimento dell'autorità e della struttura tribale. Solo nel corso degli anni Ottanta un crescente malcontento cominciò a trovare espressione in forme organizzate, prima sindacali e poi direttamente politiche, con l'avvio di manifestazioni e proteste e la costituzione di raggruppamenti di opposizione, che chiedevano profonde riforme costituzionali.
Nella seconda metà degli anni Novanta le pressioni per l'avvio di un processo di effettiva democratizzazione si fecero più intense sia sul piano internazionale che su quello interno. I movimenti di opposizione, per quanto illegali, andarono accrescendo la loro capacità di mobilitazione e nel corso del 1995 insieme ai sindacati organizzarono scioperi e manifestazioni che bloccarono in vari momenti l'attività economica del paese. Mswati iii alternò fasi di dura repressione, con l'arresto di numerosi dirigenti sindacali e pesanti tentativi di condizionamento della magistratura per ottenere pronunciamenti di illegalità degli scioperi, ad atteggiamenti di apertura tra i quali la disponibilità alla trattativa intorno a progetti di revisione in senso democratico della Costituzione. All'inizio del 1996 gli scioperi vennero sospesi per consentire l'avvio di negoziati con il governo, e a maggio 1996 l'intenzione annunciata da Mswati iii di formare una commissione per definire una nuova legge costituzionale raccolse il sostegno dell'Unione Europea, che si dichiarò disponibile ad assistere attivamente questo tentativo e suscitò speranze e attese all'interno del paese.
La composizione della commissione, come pure i rimaneggiamenti dell'esecutivo effettuati dal sovrano nella seconda metà del 1996, non produssero però risultati significativi; i movimenti di opposizione si ritirarono perciò dalla commissione e i sindacati annunciarono, nel febbraio 1997, la ripresa delle agitazioni, che sfociarono in nuove manifestazioni di protesta e in un susseguirsi di scioperi. In un clima contrassegnato da tensioni e contrasti, nell'ottobre 1998 si svolsero le elezioni generali, boicottate dal principale movimento di opposizione e contestate nei risultati dalla maggioranza dei candidati indipendenti. Sul piano internazionale, l'assoluta dipendenza economica dalla Repubblica Sudafricana continuò immutata anche dopo la fine del regime di apartheid (1994), mentre rimasero difficili i rapporti con il Mozambico per il perdurare delle tensioni provocate dalla permanenza di profughi mozambicani nelle zone orientali del paese.