Vedi Svezia dell'anno: 2012 - 2013 - 2014 - 2015 - 2016
Nel Diciassettesimo secolo la Svezia rappresentava una della maggiori potenze europee, posizione che andò progressivamente perdendo – assieme ai suoi possedimenti territoriali – già nel corso del secolo successivo. Gli attuali confini svedesi si delinearono, tuttavia, solo nel 1905, con la dissoluzione dell’unione tra Svezia e Norvegia, creata un secolo prima a seguito di un breve conflitto. Proprio la guerra combattuta contro la Norvegia nel 1814 – per contrastarne l’istanza secessionista – ha segnato l’ultimo coinvolgimento militare della Svezia, che in seguito si è affermato come un paese neutrale anche nelle due guerre mondiali. Con la fine della Guerra fredda, pur mantenendo ferma la politica di neutralità e il tradizionale sostegno ai forum di cooperazione multilaterale, la Svezia ha approfondito la collaborazione con la Nato, aderendo nel 1994 alla Partnership for Peace e inviando le proprie truppe nelle missioni di peacekeeping in Bosnia-Erzegovina (1996), Kosovo (1999) e nella missione Isaf in Afghanistan (2003).
Il percorso di avvicinamento alle strutture di cooperazione euroatlantiche si è parallelamente compiuto con l’ingresso svedese nell’Unione Europea (Eu), avvenuto nel 1995. Parte dell’area di libera circolazione di Schengen, la Svezia ha tuttavia respinto l’adozione dell’euro tramite un referendum (con il 56% delle preferenze contrarie), appoggiato dal governo socialdemocratico. Risposta comune alla crisi economica, lotta ai cambiamenti climatici, sviluppo della politica estera e di sicurezza comune e, infine, sostegno al Programma di Stoccolma - che mira a rafforzare le misure di sicurezza salvaguardando i diritti degli individui - sono stati i settori sui quali la Svezia ha maggiormente investito in ambito comunitario. Il rafforzamento della proiezione esterna e della cooperazione regionale con il vicinato europeo è un altro tema prioritario della politica estera di Stoccolma che, non a caso, è stata assieme alla Polonia la promotrice del Partenariato orientale con le sei ex repubbliche sovietiche dell’Europa orientale e del Caucaso (Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Georgia, Moldavia e Ucraina). In questo senso non ha mancato di destare preoccupazione il comportamento recente della vicina Russia in occasione della crisi ucraina. Nella stessa logica rientrano la promozione della strategia Eu per la regione del Mar Baltico – volta a una maggiore cooperazione economica e ambientale – e il sostegno all’allargamento dell’Unione alla Turchia e ai Balcani occidentali. Di grande importanza per la Svezia è inoltre la cooperazione con gli altri membri del Consiglio nordico e la cooperazione nelle aree del Baltico, dell’Artico e del Mare di Barents.
La Svezia è una monarchia parlamentare nella quale il re è capo di Stato; questi esercita una funzione prevalentemente cerimoniale e di rappresentanza. Il Riksdag, il parlamento unicamerale svedese, è stato tradizionalmente egemonizzato dal Partito socialdemocratico (Sap), che ha mantenuto un avanzato welfare e un sistema di tasse elevate. Tale tendenza, inalterata sin dagli anni Trenta del Novecento, si è invertita a seguito delle elezioni del 2006, che hanno segnato un arretramento dei socialdemocratici e la formazione di un’alleanza di governo tra quattro formazioni di centro-destra: il Partito moderato (il maggiore), il Partito liberale, i Democratici cristiani e il Partito di centro. La nuova formazione prende il nome di Alleanza per la Svezia. I socialdemocratici sono tornati al potere in seguito alle elezioni del settembre 2014, non riuscendo però a imporsi con la maggioranza necessaria ad evitare un governo di coalizione. Il nuovo premier Stefan Löfven ha formato una coalizione di minoranza con il partito dei Verdi, contando sul sostegno occasionale in parlamento dei partiti di sinistra fuori dalla coalizione e di centro-destra per poter governare. In particolare, nel suo primo anno al potere il nuovo governo ha potuto contare sul sostegno dei partiti dell’Alleanza, sostegno però incrinatosi a partire da ottobre 2015. Tuttavia la tenuta del governo sembra ancora nell’interesse dei partiti della destra moderata, data l’accresciuta influenza del partito di estrema destra degli Svedesi democratici (Sd), che potrebbe guadagnare ancora più seggi in parlamento rispetto agli attuali 49 in caso di nuove elezioni. Partendo da una piattaforma populista anti-immigrati, l’Sd è riuscito inoltre a conquistarsi l’accesso al parlamento europeo alle elezioni del maggio 2014.
La popolazione è composta prevalentemente da svedesi (81%) e finnici (5%). Oltre ai sami – piccola comunità indigena che vive nella regione artica – la Svezia, divenuta dopo la Seconda guerra mondiale un paese di massiccia immigrazione, ospita numerose comunità provenienti dai paesi confinanti, ma anche da Grecia, Turchia, ex Iugoslavia e, in misura minore, da Iran e Iraq. Il paese accoglie ben 142.207 rifugiati e oltre 56.000 richiedenti asilo, provenienti prevalentemente da Afghanistan, Siria ed Eritrea. Più dell’80% degli svedesi vive nella parte meridionale del paese, in prevalenza nelle aree urbane. La popolazione è cresciuta dello 0,49% tra il 2005 e il 2010 (nel 2014 ha mantenuto un tasso dello 0,9%), mentre circa il 20% della popolazione è sopra i 60 anni.
Il welfare svedese è molto avanzato: il sistema sanitario nazionale copre tutti i residenti e il paese spende circa il 7,9% del pil per la sanità; il sistema scolastico, prevalentemente pubblico (solo il 2% degli studenti frequenta scuole private), offre un’istruzione di buona qualità. Il governo svedese, inoltre, investe intorno al 3,3% in ricerca e sviluppo, in particolare nel campo della scienza e della tecnologia; la Svezia è tra i principali innovatori al mondo secondo il Global Innovation Index, pubblicato dall’Organizzazione mondiale per la proprietà intellettuale (Wipo). La Svezia è uno dei primi paesi al mondo per la diffusione di Internet (92,5% nel 2014). Dal 2006 sulla scena politica è intervenuto anche il Partito pirata, che ha fatto della libertà dello scambio di contenuti su Internet il suo cavallo di battaglia ed è riuscito a ottenere un seggio al parlamento europeo nelle elezioni del 2009.
La Svezia è al quarto posto nella classifica mondiale secondo l’indice di disuguaglianza di genere redatto dal World Economic Forum. Lo stato svedese riconosce inoltre il matrimonio e le adozioni da parte di coppie omosessuali dal 2003.
Il pil pro capite svedese è piuttosto elevato (47.319 dollari nel 2015), ben al di sopra della media europea, come del resto avviene anche negli altri paesi scandinavi. Anche gli standard di vita sono notevoli, con il paese che si attesta al dodicesimo posto nella classifica dell’Indice di sviluppo umano delle Nazioni Unite.
Tradizionalmente la Svezia è caratterizzata da un’economia di mercato aperta, accompagnata da un elevato livello di spesa sociale. Il welfare svedese è tuttavia finito sotto revisione e riforma già dagli anni Novanta, prima ad opera degli esecutivi socialdemocratici, poi, in misura più marcata, da parte del governo di centro-destra, attraverso il contenimento della pressione fiscale sulle imprese, la facilitazione delle assunzioni e la riduzione dei benefici previsti dal welfare. A seguito della riconferma alle elezioni del 2010, la coalizione di centro destra aveva quindi puntato a ridurre il peso e la presenza dello stato nell’economia, procedendo a privatizzazioni e liberalizzazioni. Il settore pubblico in Svezia, a ogni modo, continua a rivestire un ruolo chiave. Il nuovo governo social-democratico deve necessariamente mediare con le istanze dei partiti di centro per poter governare, tuttavia presenta un’agenda molto ambiziosa per le riforme in ambito sociale: obiettivo del Sap è che la Svezia raggiunga il minor tasso possibile di disoccupazione entro il 2020. Il governo vuole inoltre aumentare il sostegno per le persone senza occupazione e ridurre le tasse a pensionati e lavoratori dal basso reddito.
Sebbene l’agricoltura conti solo per l’1,4% del pil, il settore ha una produttività molto elevata. Il paese ha inoltre notevoli risorse naturali: la Svezia è un grande produttore di ferro e solfuro e, poiché la metà del territorio è ricoperto da foreste, le industrie della carta e del legname sono settori chiave dell’economia. Nel corso del Ventesimo secolo, e in misura particolare negli anni Novanta, le tradizionali imprese a basso valore aggiunto del ferro e dei prodotti forestali hanno compiuto progressi notevoli, grazie a un rilevante sviluppo nel settore delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Nonostante il paese sia stato colpito dalla crisi globale, come testimoniato dalla diminuzione del pil di cinque punti percentuali nel 2009, già dall’anno successivo l’economia svedese è tornata a crescere, arrivando a segnare tassi di incremento intorno al 2,7% nel 2011. Nel 2012, invece, una diminuzione della domanda interna ed esterna ha fatto rallentare la ripresa (+0,3%), mentre dal 2014 la crescita è tornata superiore al 2%, per poi raggiungere nel 2015 il 2,8%.
La crisi del petrolio degli anni Settanta e un’alta sensibilità verso i temi ambientali hanno indotto il paese a puntare su una politica energetica volta a ridurre la dipendenza dalle importazioni di petrolio e a incentivare nucleare e rinnovabili (prevalentemente idroelettrico e biomassa), che oggi soddisfano i due terzi del fabbisogno domestico. La strategia energetica nazionale di medio e lungo periodo prevede una graduale eliminazione dell’utilizzo di combustibili fossili, mentre il futuro del nucleare – che avrebbe dovuto essere ridotto sulla base di un referendum del 1980 – appare al momento incerto, a causa della diminuzione dei profitti e dell’aumento delle tasse alle centrali, promosso dalla componente verde (e contraria al nucleare) del governo. Le attuali importazioni energetiche coprono solo un terzo dei consumi primari e sono abbastanza diversificate, a eccezione del gas, che proviene unicamente dalla Danimarca, tramite il gasdotto che unisce i due paesi (il petrolio proviene invece per circa la metà del totale dalla Russia).
La Svezia non è parte di alleanze militari dal Diciannovesimo secolo e non partecipa a guerre dal 1814. L’attuale politica di difesa, oggetto di revisione nel 2002, riconosce tuttavia che la partecipazione a un’alleanza politica come l’Unione Europea comporta che i membri siano collettivamente responsabili della sua sicurezza e che tutti debbano quindi poter fornire o ricevere sostegno militare in caso di attacco. La Svezia, pertanto, è tra i promotori di un’intensificazione nella politica di sicurezza e di difesa comunitaria, così come, sempre in questo campo, è attiva per la promozione di una maggiore cooperazione con gli altri paesi nordici e del Baltico. Le truppe svedesi – assieme a quelle finlandesi, norvegesi, estoni e irlandesi – partecipano al battaglione nordico, che è stato a disposizione dell’Eu nel primo semestre del 2015. Il comportamento aggressivo della Russia in occasione dell’escalation della crisi ucraina (con violazioni dello spazio aereo svedese), ha ravvivato il dibattito sull’adesione della Svezia alla Nato, un’opzione esclusa dal premier Löfven ma sull’ipotesi l’opinione pubblica continua a dividersi. Per ora, nell’ambito del programma Partnership for Peace della Nato, la Svezia partecipa alle missione in Afghanistan (Resolute Support) e ha preso parte a quella nei Balcani (Kfor). Il paese è inoltre impegnato nella missione Minusma in Mali con le Nazioni Unite.
La legge sulla difesa del 2004 ha introdotto una profonda ristrutturazione del comparto militare. Venuto meno l’obiettivo di impedire una potenziale invasione come nel periodo della Guerra fredda, le forze armate sono state ridotte, razionalizzate e rese più flessibili e pronte a essere dispiegate in missioni internazionali. La spesa militare nel 2014 è scesa all’1,15% del pil rispetto al 4,3% del 2007. Tuttavia, nell’aprile 2015, i principali partiti hanno votato a favore di un piano per aumentare la spesa militare nel periodo 2016-2020, investendo 1,2 miliardi di dollari e concentrandosi sul rafforzamento difensivo della strategica isola di Gotland, nel mar Baltico, in risposta all’accentuato attivismo militare russo nella regione.
Da tempo la Svezia promuove la cooperazione internazionale e un effettivo multilateralismo. Negli anni Cinquanta lo svedese Dag Hjalmar Agne Carl Hammarskjöld, segretario generale delle Nazioni Unite dal 1953 al 1961, ha rappresentato una figura di spicco per la comunità internazionale. Oggi il rispetto del diritto internazionale e dei diritti umani è uno dei capisaldi della politica estera svedese: Stoccolma si conferma fortemente impegnata nella promozione di una globalizzazione sostenibile e nel rafforzamento dell’interazione tra diritti umani, democrazia e sviluppo. Particolarmente attiva in materia di aiuti allo sviluppo, la Svezia è in prima linea anche nella difesa della libertà di espressione e nella tutela della libertà e della sicurezza su Internet. L’impegno svedese in tema ambientale risale alla Conferenza di Stoccolma sull’ambiente umano del 1972; è proseguito poi con la Conferenza di Rio sull’ambiente e lo sviluppo del 1992 e continua oggi con la lotta ai cambiamenti climatici. Altro tema prioritario è la promozione dei trattati sulla non proliferazione nucleare, sul commercio di armi e, in generale, sul disarmo.