sutura
In anatomia, una delle sinartrosi tipiche dello scheletro osseo. In rapporto alla forma dei margini, le s. si dicono dentate, quando i margini ossei sono frastagliati; squamose, quando risultano dalla sovrapposizione di margini tagliati a sbieco; armoniche, quando le superfici articolari sono pianeggianti o flessuose (per es., le s. delle ossa del naso). Sono di particolare importanza le s. del cranio, ciascuna delle quali ha una propria denominazione: s. sagittale, metopica, coronale, lambdoidea, temporo-parietale, parietomastoidea, occipito-mastoidea. ● In chirurgia, operazione intesa a riunire tra loro, con mezzi idonei, i margini di una ferita o tessuti e organi vari.
La s. più anticamente conosciuta, e la più diffusamente impiegata, è quella delle ferite. Attualmente s. di vario tipo vengo utilizzate per la fissazione di organi ptosici (splenopessia, isteropessia, nefropessia, ecc.), o trasposti in sedi diverse da quella fisiologica (per es., gastro-esofagostomia intratoracica, ano preternaturale, ecc.). La s. delle arterie viene eseguita per riparare ferite accidentali oppure, più spesso, nel corso di altri interventi praticati sulle arterie: anastomosi, trapianti, embolectomia. Per eseguire rapidamente suture vascolari a pieno canale sono entrati in uso appositi dispositivi automatici detti anastomizzatori. I mezzi comunemente impiegati per la s. sono le grappette o i fili di materiale diverso (lino, seta, nailon, acciaio, catgut, materiali sintetici, ecc.) applicati con aghi appositi (aghi da s.) di vario tipo, con cruna o senza (aghi atraumatici), utilizzati con o senza l’ausilio di pinze speciali (portaaghi). Il filo di s., quando non sia di materiale riassorbibile (catgut), deve essere rimosso. Vengono inoltre impiegate, in partic. nella microchirurgia e nella neurochirurgia, sostanze adesive, soprattutto biologiche (colla di fibrina umana).