Sontag, Susan
Saggista e scrittrice statunitense, nata a New York il 16 gennaio 1933. Rappresentante tra le più prestigiose della cultura radical statunitense, nell'ambito del suo pensiero estetico, che rifiuta il concetto e la pratica dell'interpretazione per porre in primo piano la concretezza materiale dell'opera d'arte, ha più volte affrontato la riflessione sul cinema, cimentandosi anche, occasionalmente, nella regia.
Dopo aver studiato a Tucson (Arizona) e a Los Angeles, seguì i corsi di filosofia all'Università di Chicago e ottenne nel 1954 la specializzazione in letteratura inglese e teologia presso la Harvard University, continuando poi tra il 1957 e il 1958 gli studi a Oxford e a Parigi. Tornata a New York, iniziò la sua attività di saggista e scrittrice, insegnando contemporaneamente in alcune università degli Stati Uniti, per poi dedicarsi completamente all'attività creativa grazie a una serie di borse di studio della Fondazione Guggenheim e della Fondazione Rockefeller. Nel corso degli anni ha pubblicato saggi e racconti in alcune delle più prestigiose riviste anglo-americane, come "The New Yorker", "The New York review of books", "The Times literary supplement", "Art in America", "Antaeus", "Parnassus", "The threepenny review", "The nation", "Granta". La sua formazione, avvenuta tra Europa e Stati Uniti, le ha consentito di affrontare con rigore il problema delle forme della modernità attraverso strumenti e categorie che provengono dal pensiero critico europeo (dalla scuola di Francoforte alle teorie di R. Barthes) e dal radical thought americano.
Nella sua multiforme attività, la S. si è soffermata spesso sul cinema e, più in generale, sulle forme contemporanee dell'immagine. In Against interpretation (1966; trad. it. 1967), una raccolta di saggi in cui si affrontano temi e autori disparati ‒ da J.-P. Sartre ad A. Camus, da S. Weil a S. Beckett, da C. Lévi-Strauss fino ai film di fantascienza ‒ è contenuto un famoso saggio sul cinema di Jean-Luc Godard; qui la S. ribadisce la necessità di rovesciare l'approccio interpretativo all'opera d'arte, rileggendo il corpus del cinema godardiano nella sua materialità, nel suo essere oggetto corporeo. Il film, dunque, non viene visto come un testo da interpretare ma come una delle possibili forme della cultura materiale, attraverso cui le idee della modernità trovano una loro manifestazione. Questa attitudine estetica di carattere 'anti-intellettuale' ritorna nella raccolta di saggi Styles of radical will (1969; trad. it. 1975), dove la materialità dell'oggetto estetico assume una valenza erotica e sensuale, nella relazione tra il suo creatore e il suo fruitore. Il lavoro sull'immagine come elemento che caratterizza la contemporaneità è proseguito con On photography (1977; trad. it. 1992), opera vincitrice del premio del National Books Critics' Circle nel 1977 come migliore saggio critico. In questo testo, riflettendo sulla presenza pervasiva della fotografia nella società moderna, la S. pone in rilievo due aspetti strettamente connessi: se da una parte si può attribuire all'immagine contemporanea una valenza e un potere impensabili nei secoli precedenti, dall'altra questo potere finisce per sospendere la capacità di distinguere il reale dal simulacro, la materia dalla sua rappresentazione fotografica, riproducendo così un modo di sentire tipico delle società arcaiche ‒ dove la cosa e la sua immagine sono forme diverse del medesimo spirito vitale ‒ con una differenza sostanziale dovuta al fatto che la nuova società attribuisce alle cose la qualità dell'immagine.
La problematica dell'immagine come perno attraverso cui comprendere le dinamiche della contemporaneità prende corpo anche nei film scritti e diretti dalla S.: Duett för kannibaler, conosciuto come Duet for cannibals (1969) e Bröder Carl, noto come Brother Carl (1971), entrambi girati in Svezia; Promised lands (1974), girato in Israele durante la guerra del 1973, e Unguided tour (1983; Giro turistico senza guida), tratto dal suo racconto omonimo, girato a Venezia. L'elemento che accomuna questi film risiede infatti nella ricerca di uno sguardo sulle tensioni politiche e culturali della contemporaneità, in cui la potenza del cinema e la sua capacità di mostrare 'immediatamente' gli spazi e i corpi, le loro ferite e le loro contraddizioni, permettono di oltrepassare i limiti dell'interpretazione che, con lo scopo di comprendere il contenuto di un film, lo pone in realtà a distanza, oggettivandolo nel discorso.
Nel 1992 la S. ha ricevuto il premio Curzio Malaparte e nel 1999 è stata nominata Commandeur de l'Ordre des arts et des lettres dal governo francese. I suoi testi sono stati tradotti in trentadue lingue.
L. Piré, Un transito nel moderno: l'esempio di Susan Sontag, in "Contesti", 1988, 1, pp. 179-97; S. Sayre, Susan Sontag. The elegiac modernist, New York-London 1990.