supplentite
s. f. (iron.) Nella scuola, il ricorso patologico ai supplenti, in mancanza di personale docente stabile.
• Basta con la «supplentite» è la promessa che il governo Renzi ha fatto ad insegnanti e genitori. Ma complice l’apertura delle graduatorie provinciali e l’immissione in ruolo di tanti docenti arrivati da altre regioni a Milano e in Lombardia si rischia un inizio d’anno a dir poco caldo. Graduatorie rivoluzionate, incarichi annuali in aumento e il rischio che i presidi si trovino costretti a coprire in emergenza assenze dell’ultima ora. Con i supplenti, appunto, e in barba alla tanto auspicata continuità didattica. (Cinzia Arena, Avvenire, 14 settembre 2014, Cronaca di Milano, p. I) • Assunti e «stabilizzati» sì, ma a prescindere, o magari ipotizzando che a trasferirsi siano gli alunni, da Nord a Sud. Così, accade ‒ anche perché il Governo non ha a sua volta fatto bene i conti ‒ che si faccia un mezzo passo indietro nella battaglia contro la «supplentite», come l’ha definita il premier [Matteo] Renzi. Molti incarichi a tempo saranno ancora possibili nelle province dove risiedono gli insegnanti precari. E i trasferimenti, per almeno un anno se non due, resteranno nel cassetto. (Guido Gentili, Sole 24 Ore, 24 agosto 2015, p. 1, Prima pagina) • La riforma doveva mettere fine alla «supplentite»: tra le altre misure i docenti avrebbero dovuto rimanere nella stessa scuola per tre anni almeno. Era il principio della «continuità didattica» per gli studenti, che oggi diventa un effetto collaterale del compromesso trovato a tarda notte: resta nella stessa scuola solo chi ha ottenuto proprio il trasferimento che voleva, gli altri insegnanti possono muoversi di anno in anno. (Gianna Fregonara, Corriere della sera, 10 febbraio 2018, p. 18, Cronache).
- Derivato dal s. m. e f. supplente con l’aggiunta del suffisso -ite.
- Già attestato nel Corriere della sera del 3 settembre 2014, p. 9, Primo piano (Tommaso Labate).