Superreticoli
I s. sono particolari eterostrutture a buche quantiche multiple (Multiple Quantum Well, MQW). Si tratta di strutture periodiche artificiali, costituite da strati alternati di due differenti semiconduttori aventi diversa gap ottica fondamentale, caratterizzate da spessori degli strati di semiconduttore a gap più larga (barriere di potenziale) sufficientemente sottili (dell'ordine di qualche nanometro) da consentire la penetrazione delle funzioni d'onda elettroniche attraverso le barriere per effetto tunnel. La sovrapposizione delle funzioni d'onda di buche quantiche vicine determina la formazione, all'interno di ciascuna buca quantica, di minibande la cui ampiezza può essere predeterminata scegliendo opportunamente lo spessore dello strato a gap più ampia.
Sin dalla loro scoperta i s. si sono rivelati particolarmente interessanti ai fini della messa a punto di nuovi e innovativi dispositivi caratterizzati da prestazioni sempre più elevate. Per la loro straordinaria versatilità, dovuta alla possibilità di variarne a piacimento le proprietà ottiche ed elettriche, queste strutture artificiali hanno spesso portato non solo alla scoperta e alla dimostrazione di numerosi nuovi fenomeni fisici (quali per es. la formazione di subbande e minibande elettroniche, il confinamento dei fononi ottici, il piegamento dei fononi acustici, l'introduzione dei modi di interfaccia, il fenomeno del tunneling risonante e dell'effetto Hall quantistico), ma anche alla realizzazione di importanti e innovative applicazioni. Tra i parametri che influenzano le prestazioni di un s., particolare menzione merita la qualità delle interfacce fra i due semiconduttori componenti (nota come eterogiunzione), che è determinata dalle proprietà chimiche e fisiche dei medesimi, con particolare riferimento alla differenza fra le loro costanti reticolari. Infatti, quando si cresce un semiconduttore (strato epitassiale) su un altro (substrato), con la stessa costante reticolare, è facile ottenere il perfetto allineamento fra gli atomi dei due semiconduttori. L'allineamento dei reticoli, noto come crescita pseudomorfica, è auspicabile al fine di ottenere eterogiunzioni di alta qualità. Tuttavia per ottenere una crescita pseudomorfica non è indispensabile che i due semiconduttori abbiano la stessa costante reticolare, in quanto si può forzare lo strato epitassiale ad assumere la stessa costante reticolare del substrato. Si ottiene in questo caso uno strato epitassiale sotto tensione (strained) ma egualmente perfetto, a patto che il suo spessore si mantenga al di sotto di un valore limite, noto come spessore critico, al di sopra del quale si creano inevitabilmente delle dislocazioni. Purché sia rispettata quest'ultima condizione è possibile, in linea di principio, crescere s. SLS (Strained-Layer Superlattices) a partire da qualsiasi coppia di semiconduttori senza tener conto dell'accoppiamento fra le loro costanti reticolari. Grazie allo sviluppo delle sofisticate tecniche di crescita e di fabbricazione dei s., quali la MBE (Molecular Beam Epitaxy) e la MOCVD (Metal-Organic Chemical Vapor Deposition), è possibile crescere s. SLS di alta qualità a partire da svariate coppie di semiconduttori. Si è aperta così la strada alla scoperta di nuovi fenomeni fisici e conseguentemente alla progettazione e/o realizzazione di sempre nuove e avveniristiche applicazioni nei campi più disparati. I s., originariamente proposti per applicazioni nel campo dei dispositivi microelettronici e optoelettronici, hanno subito uno sviluppo veramente straordinario, tant'è che vengono ormai considerati la forza trainante per molti sviluppi di frontiera non solo nel campo della fisica dei semiconduttori e dei dispositivi, ma anche in quelli della scienza dei materiali, della fisica delle superfici, della fisica molecolare e della chimica.
Applicazioni. - La possibilità di variare a piacimento le proprietà ottiche ed elettriche dei s., attraverso un'opportuna scelta dei materiali componenti e un attento controllo della loro progettazione e fabbricazione, ha consentito il superamento di numerosi problemi che ne condizionavano lo sviluppo tecnologico. Di seguito sono presentate alcune delle più recenti applicazioni dei s., tra i numerosi risultati conseguiti, proposte e/o realizzate nei diversi settori strategici per lo sviluppo tecnologico.
Microrefrigeratori a superreticoli
Nel campo dei dispositivi microelettronici la tendenza è orientata verso livelli di integrazione e miniaturizzazione sempre più spinti. Tutto ciò dà luogo a dissipazioni di potenza via via crescenti all'interno dei circuiti integrati (IC), con conseguente aumento della temperatura della piastrina e inevitabile perdita di qualità e affidabilità degli stessi. In base alle previsioni della Intel, entro il 2010-2015 le richieste di aumento di potenza dei circuiti integrati richiederanno notevoli capacità di raffreddamento, con abbassamenti di temperatura di circa 20 °C. In particolare, il controllo della temperatura dei dispositivi elettronici e optoelettronici a semiconduttore, da effettuarsi in situ attraverso l'impiego di microraffreddatori basati sull'utilizzo di GaAs e quindi capaci di garantire un'integrazione monolitica con i chip, costituisce un problema molto sentito e la richiesta di una sua soddisfacente soluzione diventa sempre più pressante. La motivazione tecnologica è forte in quanto è ormai noto che un efficiente raffreddamento in situ degli IC basati su GaAs comporta un sensibile miglioramento del loro funzionamento; inoltre, un efficiente raffreddamento di molti tipi di diodi laser, ivi inclusi i laser a cascata quantica (QCL) fabbricati su substrati di GaAs e operanti nella regione infrarossa dello spettro elettromagnetico, comporta un sensibile miglioramento delle loro prestazioni in termini di abbassamento della corrente di soglia e aumento della potenza di uscita e della stabilità spettrale. Il controllo della temperatura dei dispositivi elettronici e optoelettronici a semiconduttore viene effettuato utilizzando raffreddatori termoelettrici convenzionali basati su Bi2Te3, che, però, sono difficilmente integrabili con i semiconduttori di uso comune quali Si, GaAs, InP. La soluzione al problema del raffreddamento in situ prevede l'utilizzo di specifici microraffreddatori a s. di AlGaAs, cresciuti su un substrato di GaAs. Particolare menzione merita a riguardo la peculiare barriera termica prescelta, per la cui realizzazione è stato utilizzato un s. di tipo-n composto da 100 periodi di Al0,10Ga0,90As-Al0,20 Ga0,80As. La scelta è stata motivata dalle peculiari proprietà termiche ed elettriche dei composti di arseniuro di gallio e alluminio con basso contenuto di Al. Essi infatti, pur presentando una conduttività elettrica confrontabile con quella del GaAs, sono caratterizzati da una conduttività termica più bassa di quella del GaAs (il che comporta un innalzamento della figura di merito del dispositivo) e possono essere drogati n a più elevate concentrazioni. È stato dimostrato che il microraffreddatore proposto, sfruttando una superficie attiva di 60 μm × 60 μm, consente di ottenere un raffreddamento massimo di 0,8 °C a 25 °C e di 2 °C a 100 °C. Si prevede però di poterne ulteriormente migliorare le prestazioni attraverso l'ottimizzazione della struttura del s., della resistenza ai contatti, del livello di drogaggio e dei parametri geometrici del dispositivo.
Un altro problema riscontrato negli IC è da attribuirsi al peculiare profilo di temperatura che li caratterizza. La non uniforme distribuzione della temperatura all'interno del chip porta alla formazione di punti caldi, denominati hot spot, responsabili delle notevoli variazioni di temperatura (5÷30 °C) che si hanno passando da un punto all'altro del microprocessore. I microprocessori in uso sono caratterizzati da un flusso medio di calore pari a 10÷50 W/cm2, che negli hot spot può raggiungere valori di picco anche sei volte superiori al valore medio. Riuscendo a ridurre o addirittura a eliminare gli hot spot, sarebbe possibile semplificare sensibilmente la progettazione, realizzazione e montaggio dell'intero IC, in modo particolare dal punto di vista della dissipazione termica. Le tecnologie di raffreddamento in uso, ivi compresa quella termoelettrica, sono capaci di raffreddare il circuito nel suo complesso e non i singoli hot spot, a causa delle dimensioni di questi ultimi (diametri dell'ordine dei 300÷400 Nm), ridottissime rispetto anche a quelle del più piccolo raffreddatore termoelettrico. Per la rimozione degli hot spot dagli IC è stato proposto l'utilizzo di un particolare microrefrigeratore, costituito da uno strato di s. di SiGe/Si di spessore pari a 3 μm, drogato con concentrazione pari a 5∙1019 cm−3 e costituito da 200 periodi, ciascuno dei quali a sua volta composto da uno strato di Si spesso 3 nm depositato su uno strato di Si0,75Ge0,25 spesso 12 nm. Lo strato di s. è posto tra due strati di Si0,8Ge0,2 di cui quello inferiore, che funge da strato separatore (buffer layer) fra il substrato di Si e lo strato di s., ha lo stesso drogaggio del s., mentre quello depositato sulla superficie superiore del s. (cap layer) ha un drogaggio maggiore con una concentrazione pari a 1,9∙1020 cm−3. La parte più importante del dispositivo è rappresentata dallo strato di s. che, oltre a fungere da barriera per i processi di emissione termoionica, svolge anche la funzione di ridurre la conduttività termica prevenendo così il passaggio di calore dal substrato alla giunzione fredda. Il buffer layer, depositato sulla superficie superiore del substrato di Si, ha invece la funzione di ridurre lo strain dovuto al disaccoppiamento reticolare fra il substrato e il s., mentre il cap layer, caratterizzato da un drogaggio a concentrazione più elevata, ha la funzione di migliorare il contatto ohmico fra il metallo e il semiconduttore.
Il microrefrigeratore a s. di SiGe/Si proposto ha consentito di raggiungere una densità di potenza di raffreddamento di 600 W/cm2 e una risposta di transiente particolarmente veloce (minore di 40 μs). Se confrontato con i dispositivi termoelettrici tradizionali, il dispositivo refrigeratore a s. di SiGe/Si si profila come un ottimo candidato per potenziali applicazioni nel campo dei dispositivi optoelettronici di alta potenza e di elevata velocità, nonché nel controllo della temperatura dei microprocessori. Si prevede però che, in futuro, sia l'efficienza di raffreddamento sia l'integrazione diretta dei microrefrigeratori a s. con i dispositivi elettronici e optoelettronici siano suscettibili di ulteriori sensibili miglioramenti.
Batterie ad alta capacità nichel-idruro di metallo
Il mercato al dettaglio delle batterie ricaricabili basate sull'utilizzo di nichel-idruro di metallo (Ni-MH) si sta sempre più espandendo, seguendo così di pari passo l'evoluzione del mercato delle camere digitali. Anche la capacità delle batterie sta aumentando, rispondendo alla domanda di una sempre maggior durata delle stesse. Tuttavia, utilizzando materiali convenzionali come le leghe assorbenti idrogeno di Mm-Ni (Mm, Mischmetal) con struttura CaCu5, sembra difficile poter ipotizzare un ulteriore incremento della capacità delle batterie, al di sopra dei livelli già raggiunti. Tale incremento passa necessariamente attraverso lo sviluppo di nuovi materiali atti a sostituire quelli convenzionali, come le nuove leghe assorbenti idrogeno, con struttura a s., costituite da terre rare-magnesio-nichel (R-Mg-Ni). Tali leghe sono caratterizzate, oltre che da una capacità elettrochimica superiore del 30% rispetto a quella delle leghe Mm-Ni, anche da una buona riciclabilità, potendo subire cicli di carica e scarica per alcune decine di volte. In particolare, studiando varie combinazioni di materiali, è stata sviluppata una nuova lega ternaria a s. di tipo R-Mg-Ni, la La0,7 Mg0,3 Ni 3,3, che si caratterizza per una più elevata capacità e durata del ciclo rispetto a quelle convenzionali di tipo Mm-Ni con struttura CaCu5. Un abbassamento del contenuto di ossigeno di circa il 40% rispetto alla La0,7Mg0,3Ni3,3, importante ai fini del prolungamento della vita delle batterie, è stato raggiunto sostituendo parzialmente in quest'ultima il nichel con l'alluminio: si è così ottenuta la lega quaternaria La0,7Mg0,3Ni3,2Al0,1. Il miglioramento della durata del ciclo e contemporaneamente la riduzione del costo di tale lega è stato invece raggiunto non solo sostituendo il lantanio con il Mm, ma anche portando il contenuto di Al a 0,2 e ottimizzando il contenuto di magnesio. La lega Mm0,83Mg0,17Ni3,1Al0,2 con struttura Ce2Ni7 così ottimizzata ha infatti consentito di ottenere un sensibile miglioramento della durata del ciclo e della capacità elettrochimica rispetto alle leghe convenzionali Mm-Ni con struttura CaCu5. Utilizzando leghe a s. ulteriormente perfezionate nella struttura, sono state sviluppate e commercializzate nuove batterie a Ni-Mm appartenenti alla serie Ni-Mm 2500/900, in particolare il tipo 2500mAh-AA e il tipo 900mAh-AAA. Questi nuovi modelli hanno portato a un aumento della capacità delle stesse di 200 mAh rispetto al modello precedente Ni-MH2300, che utilizza la lega convenzionale Ni-Mm. Ci si aspetta, tuttavia, che lo sviluppo di nuove leghe di tipo R-Mg-Ni possa condurre a ulteriori sensibili miglioramenti nelle prestazioni delle batterie di tipo Ni-Mm.
Diodi laser e rivelatori UV
La richiesta sempre crescente di sorgenti laser in grado di emettere in zone dello spettro elettromagnetico non ancora coperte ha portato all'utilizzo, per la loro fabbricazione, di materiali nanostrutturati, come i s., promuovendo fortemente la ricerca di base in questo settore. Particolare menzione meritano a riguardo gli sforzi compiuti e i progressi conseguiti nella messa a punto di diverse tecniche per la crescita di leghe ternarie di magnesio-zinco-ossigeno (MgxZn1−xO) su substrati differenti. Tali leghe, infatti, suscitano notevole interesse a livello internazionale per le loro possibili e auspicabili applicazioni nel campo dei dispositivi optoelettronici. La continua evoluzione di fase, da quella esagonale a quella cubica, ottenibile nei film di MgxZn1−xO all'aumentare della concentrazione (x) di magnesio (Mg) e responsabile della stabilità termica dei medesimi e delle loro interfacce, ha consentito la fabbricazione di eterostrutture MgxZn1−xO di elevata cristallinità e quindi di eccellenti s. e strutture a MQW. Si è così aperta la via alla realizzazione di nuovi diodi laser MQW a bassa soglia oltre che di nuovi dispositivi optoelettronici. In particolare, le eterostrutture ottenute combinando strati di MgxZn1−xO a gap di energia più alta con strati di ZnO a gap di energia più bassa, si sono rivelate molto indicate per la fabbricazione di dispositivi a tunneling risonante. È stato fabbricato un dispositivo a doppia barriera di Mg0,2Zn0,8O/ZnO/Mg0,2Zn0,8O, costituito da due barriere di Mg0,2Zn0,8O non drogato spesse 7 nm e una singola buca quantica spessa 6,8 o 50 nm di ZnO, anch'esso non drogato, nella quale sono stati osservati, per la prima volta, sia effetti di tunneling risonante sia picchi di resistenza differenziale negativa, evidenti a temperatura ambiente e a 200 K. Utilizzando, invece, film sottili di MgxZn1−xO, con diverso contenuto percentuale (x) di magnesio (0〈x〈0,4), è stato possibile costruire, grazie alla variazione con continuità della loro gap di energia nell'intervallo considerato, una schiera monolitica di fotorivelatori operanti nella regione spettrale che si estende da 290 a 380 nm, caratterizzati da un'elevata risoluzione in un ampio intervallo di lunghezze d'onda. Si è così aperta la strada alla fabbricazione di microspettrometri compatti a singolo chip. Infine, utilizzando film sottili di Mg0,55Zn0,45O cubici ad ampia gap di energia, sono stati fabbricati nuovi dispositivi metallo-isolante-silicio. Esistono tuttavia ancora molte aree di applicazione delle leghe MgxZn1−xO, come per es. quelle legate alla realizzazione di leghe MgxZn1−xO di tipo-n e di tipo-p per la fabbricazione di giunzioni p-n di alta qualità, tuttora oggetto di approfondite ricerche. Il più grave impedimento all'utilizzo di eterostrutture di tipo ZnO/MgxZn1−xO nei campi dell'elettronica e della fotonica per la realizzazione di dispositivi, quali i diodi laser, risiede proprio nella difficoltà, ancora non superata, di controllarne efficacemente il drogaggio.
Superreticoli fra politipi di carburo di silicio
La possibilità di fabbricare eterostrutture costituite da strati di modificazioni (politipi) diverse di uno stesso semiconduttore ha catturato l'interesse internazionale. Tra i diversi composti che presentano politipismo, il SiC è ritenuto il candidato più promettente ai fini applicativi in quanto, oltre a possedere proprietà elettriche uniche, può cristallizzare secondo diverse modificazioni aventi la stessa natura chimica ma proprietà elettriche significativamente diverse. Inoltre i suoi numerosi politipi si caratterizzano per un'elevata stabilità termica e chimica. L'interesse per la fabbricazione e lo studio di strutture eteropolitipi basate sul SiC è notevolmente aumentato in seguito ai numerosi vantaggi da queste prospettati rispetto ai s. convenzionali costituiti da semiconduttori di diversa natura chimica. Tra tali vantaggi meritano particolare menzione: l'assenza di mutua diffusione dei componenti costituenti l'eterostruttura; il trascurabile disaccoppiamento reticolare; le identiche proprietà chimiche dei componenti; la possibilità di crescere s. su strutture già esistenti. È quindi lecito attendersi che le strutture eteropolitipi a base di SiC, essendo caratterizzate da una più alta perfezione strutturale e di conseguenza da una più bassa densità di difetti all'interfaccia rispetto alle eterogiunzioni fra semiconduttori di natura chimica diversa, possano portare alla realizzazione di strutture dotate di più elevata mobilità dei portatori e probabilità di ricombinazione radiativa. Si sono così aperte prospettive molto interessanti per l'applicazione delle eterostutture basate su politipi di SiC, in particolare nel campo dell'elettronica a semiconduttore. Tra queste, quelle che al momento appaiono più promettenti riguardano la fabbricazione di HEMT (Transistors ad Alta Mobilità Elettronica), per i quali è stato ipotizzato l'utilizzo di s. eteropolitipi di tipo nH-SiC/3C-SiC, con particolare riferimento al 6H-SiC/3C-SiC e al 4H-SiC/3C-SiC, e di LED (Light Emitting Diode) di alta potenza operanti nella regione spettrale del blu, per i quali si prevede l'uso di strutture a buca quantica basate su politipi di SiC. Altre possibili applicazioni riguardano la fabbricazione di nuovi tipi di laser a cascata quantica e di rivelatori a buca quantica, che consentirebbero un miglioramento delle prestazioni dovuto al superamento dei problemi derivanti dal disaccoppiamento reticolare e dalle rugosità all'interfaccia, propri dei s. a semiconduttore di tipo convenzionale. I risultati conseguiti e i continui progressi registrati nello sviluppo delle tecniche di crescita di tali s. inducono a prevedere che lo sviluppo di nuovi dispositivi basati su eterostrutture fra politipi di SiC diventerà, nel prossimo futuro, una delle aree privilegiate di sviluppo dell'elettronica a semiconduttore.
Superreticoli nanometrici
La frontiera nel campo dei s. è rappresentata dalle nanostrutture multiple a s., costituite da insiemi di s. nanometrici accoppiati. Il grande interesse suscitato a livello internazionale da tali strutture è da attribuirsi alle peculiari proprietà collettive, capaci di generare risposte con caratteristiche non convenzionali e comunque diverse da quelle prodotte dal singolo componente, nonché alla possibilità di manipolare gli stessi in unità funzionali integrabili. L'attenzione a livello internazionale, che è stata rivolta ai comportamenti derivanti da fenomeni di accoppiamento sulla scala delle lunghezze dell'ordine di λ/2 o λ/4 (con λ lunghezza d'onda ottica) evidenziati nei cosìddetti cristalli fotonici, si è estesa al regime di accoppiamento a campo prossimo, caratterizzato da distanze fra nanoelementi adiacenti molto più piccole delle lunghezze d'onda ottiche e quindi appartenenti alla scala nanometrica. Su tale scala, infatti, si prefigurano meccanismi di accoppiamento drasticamente diversi dai precedenti, quali, per es., gli accoppiamenti a corto range via tunneling elettronico, gli accoppiamenti a corto range via tunneling fotonico (attraverso l'interazione anche con un campo ottico non ancora emesso) e gli accoppiamenti del campo elettromagnetico a lungo range. In questo regime, le eccitazioni e le risposte risonanti sincronizzate (coerenti) dei nanoelementi possono assumere carattere di vera eccezionalità e si prospettano proprietà e/o comportamenti completamente nuovi quanto inaspettati in diversi materiali di uso comune. La completa comprensione e il dominio delle peculiari proprietà derivanti dai comportamenti collettivi dei sistemi di s. nanometrici in presenza di accoppiamenti da campo prossimo costituisce la sfida del prossimo futuro, in quanto consentirà di esplorare, progettare e mettere a punto nuovi e interessanti dispositivi nanoelettronici, nanofotonici e nanomagnetici, nonché subsistemi funzionali capaci di imprimere nuovo impulso allo sviluppo tecnologico. L'avvio dell'investigazione sistematica del regime dei forti accoppiamenti elettronici e fotonici di tipo collettivo è però condizionato dalla possibilità concreta di disporre di strutture e sistemi nanometrici di s. (s. bidimensionali o tridimensionali) caratterizzati non solo da dimensioni critiche della configurazione molto più piccole delle lunghezza d'onda di interesse, ma anche da una buona uniformità su larga scala dei nanoelementi componenti. Poiché tale possibilità va spesso al di là della portata delle convenzionali tecniche di fabbricazione, è in corso un'intensa attività di ricerca finalizzata allo sviluppo e messa a punto di nuove tecniche di nanofabbricazione, allo scopo di ottenere estese schiere di nanoelementi altamente ordinati e uniformi. La flessibilità e il controllo accurato sui processi di nanofabbricazione sono infatti molto importanti in quanto danno la possibilità di controllare varie proprietà fisiche che sono determinate dalla forma, dimensione, composizione e drogaggio delle nanostrutture. Particolare menzione merita a riguardo la tecnica non litografica, proposta per la fabbricazione di s. nanometrici bidimensionali, basata sull'utilizzo di una speciale mascherina porosa di ossido di alluminio anodizzato (AAO) altamente ordinata. Un'attenta definizione delle caratteristiche della mascherina AAO è fondamentale, in quanto sono queste ultime che determinano la densità di impacchettamento e la dimensione dei s. nanometrici da realizzare, oltre che l'uniformità dei medesimi. È stato dimostrato che, cambiando le condizioni di anodizzazione della mascherina AAO, è possibile variare il diametro dei nanopori da 20 a 120 nm e portare la loro densità a valori di 1012 cm−2. È stato dimostrato, inoltre, che questa tecnica innovativa può funzionare per la realizzazione di differenti forme strutturali, quali punti quantici, nanotubi e colonne, a partire da diversi tipi di materiali, come metalli, semiconduttori e nanotubi di carbonio, a riprova della generalità dell'approccio di nano-fabbricazione proposto. Tale tecnica, insieme ad altre innovative introdotte negli anni compresi tra la fine del 20° e l'inizio del 21° sec., apre la strada alla potenziale scoperta di nuovi e interessanti fenomeni fisici, con importanti applicazioni non solo nel settore della fotonica, ma anche in quelli dell'elettronica, dell'ottica, della meccanica e delle biotecnologie.
bibliografia
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