superinfusa
È hapax della latinità dantesca in Pd XV 28, nell'allocuzione di Cacciaguida: O sanguis meus, o superinfusa / gratïa Dei, sicut tibi cui / bis unquam coeli ianüa reclusa?, per cui le interpretazioni correnti sono: " infusa dall'alto ", " desuper missa " (Benvenuto), " venuta di sopra " (Buti), scarsamente accolte dai moderni; " sovrabbondante ", accettata dai più dei moderni per l'accostamento ovvio con il v. 48 che nel mio seme se' tanto cortese. Ma deve decidere l'esame della struttura e un reale accertamento delle intenzioni di Dante.
La struttura è dichiaratamente ispirata ali'‛ auctoritas ' virgiliana (cfr. vv. 25-27 Sì pïa l'ombra d'Anchise si porse, / se fede merta nostra maggior musa, / quando in Eliso del figlio s'accorse): da Virgilio D. ricalca qui, dinnanzi al proprio progenitore, la situazione, che considera equivalente, nei toni profetico e affettivo, dell'incontro di Enea con Anchise nell'Eliso. Una traccia del collegamento col VI dell'Eneide è nel bis unquam coeli ianüa reclusa atteggiato su Aen. VI 134 " bis Stygios innare lacus ". Ma è chiaro che questa sorpresa coincidenza si appunta soprattutto nel sanguis meus che viene raccolto infatti dalla profezia cesarea di Anchise (VI 835-836 " tuque prior, tu parce, genus qui ducis Olympo, / proice tela manu, sanguis meus ! "). L'identità figurativa Anchise-Cacciaguida è, del resto, evidente anche nel seguito dell'allocuzione di Cacciaguida (vv. 49 ss.).
Dello spunto virgiliano di Aen. VI 835, s. può essere, metodicamente, o variazione, o stacco da esso in altre direzioni. Per la seconda soluzione starebbero la maggior parte dei commentatori, classificandolo " aggettivo di stampo biblico " (Sapegno): e sarebbe accettabile, anche senza possibilità di verifica, per la constatata frequenza in D. di voluti accostamenti ‛ fra auctoritates ' pagane e cristiane e di loro contaminazioni. Ma si obietta: ci saremmo aspettati un accostamento conseguenziale, dove le due ‛ auctoritates ', la virgiliana e quella di eco biblica, fossero vicendevolmente spiegate. Il che non appare, e si accetti pure l'una o l'altra delle interpretazioni di superinfusa. E si aggiunga che per dubitare dell'interpretazione " sovrabbondante " pare di rigore il confronto con If II 13-33: se ne deduce letteralmente che non soltanto per D. la grazia " sovrabbondante " ha, in definitiva, permesso che bis fosse reclusa la ianua coeli ma, oltre che per il parente di Silvio, anche e principalmente per lo Vas d'elezione, e non serve la giustificazione che Paolo fu rapito in cielo, mentre D. vi perviene per gradus (Pietrobono). L'incongruenza rimane, e non si può sanare se non spostando le parole di Cacciaguida sul piano di un procedimento allusivo ben determinato, a cui D. si sentisse tanto obbligato da preterire, di fronte a un ormeggio testualmente simbolico, le esigenze del discorso logico.
Appiglio per questa interpretazione potrebb'essere l'osservazione che le parole di Cacciaguida sono in più punti vere e proprie risposte puntuali a dubbi ed esitazione del cammino infernale. Soprattutto l'esaltazione dell'Arcadia fiorentina e della genealogia dantesca, suonano come una solenne risposta alle dispettose insinuazioni di Farinata e di altri dannati ostili a D. per classe e disposizione politica. Lo stesso latino con cui s'inizia l'allocuzione è in questo senso giustificato, oltre che dalle esigenze della profezia, forse, anche dal tentativo di nobilitare in un'aura di arcaica dignità quella aurea aetas fiorentina, che D. e il suo avo intendono opporre alla degenere malizia della nobilitas.
Su questa posizione si può tentare di ricavare il significato di s. dallo stesso tono virgiliano dell'episodio di Anchise o da sue attinenze. Superinfundo è di uso raro anche in ambiente classico (Forcellini-De Vit si limitano a registrarne le giunture della farmacopea con l'acqua e con il miele: ma cfr. Bonaventura Breviloqu. V IV [257]: " superinfunditur gratia " che conferma la mia interpretazione). Tuttavia è anche in Virgilio, e proprio nel VI dell'Eneide qui sfruttato, in tmesi (v. 254): " pingue super oleum infundens ardentibus extis " (cosa probabilmente leggeva D. secondo la Vulgata Medicea).
Penserei che questo significato (" infuso dall'alto ") fosse il più consueto alla mente di D.: per esso s. verrebbe a chiarirsi come azione della gratia Dei, rugiada al cespite dell'erba inaridita, acqua di salvezza e di eternità. Ma allora deve anche affiorare nello sfondo il confronto con il " genus qui ducis Olympo " di Virgilio: la grazia divina è santificante per D., come il genus olimpio lo era stato di Cesare e dei Giuli. Essa " viene dall'alto " come il genus cesareo.
Il passaggio può essere chiarificato da un intermediario inedito (Prud. Perist. II 455-466): " absterge, Christe, hoc dedecus, / emitte Gabriel tuum, /agnoscat ut verum Deum / errans Iuli caecitas. / et iam tenemus obsides / fidissimos huius spei, / hic nempe iam regnant duo apostolorum principes, / alter vocator gentium, / alter cathedram possidens / primam recludit creditas / aeternitatis ianuas ". Determinante è qui il raffronto fra il " recludit creditas / aeternitatis ianuas " e il bis unquam coeli ianüa reclusa. E si aggiunga pure, ma non è indispensabile, Damaso Epigr. 5, 3 " Petro, cui tradita ianua caeli est ", che completa semanticamente la figura del ianitor paradisiaco, anche per l'eco di Prudenzio (Perist. XIV 81-82): " divide ianuas / caeli obseratas ". Inutili forse Firmico (Err. 24, 2): " clusit ianuas sedis infernae "; 24, 4 " caelestes ianuas "; Math. 5 praef. 5 " ianua sedis supernae "; Girolamo (Epist. XXXIX 4, 2): " paradisi ianuam ". Non esiterei, del resto, per il reclusa, neppure a produrre " inclusas animas " di Virgilio (Aen. VI 680).
In questa temperie di richiami mentali nasce l'hapax ‛ superinfusa ' = " infusa dall'alto ". La parola ha subìto il peso della suggestione del genus giulio che Virgilio e Anchise danno disceso d'Olimpo. Ma è l'accostamento prudenziano fra la " errans Iuli caecitas " (Iulus è qui naturalmente Iulo-Ascanio per il confronto con Aen. VI 789-790 " hic Caesar et omnis Iuli / progenies ", ma anche " caeci Iulidae, posteritas Iuli, Aenea nati: hi sunt Romani ": così C. Keller riferito nell'edizione di Prudenzio di A. Dressel [Lipsia 1860, 325] e che si avvale di Aen. I 288 " Iulius, a magno demissum nomen Iulo ") e la gloria apostolica che finisce col determinare l'immagine pregnante della ianua reclusa e l'implicito e inevitabile confronto con la missione del vocator gentium obsides (= " vas ").
E infine probabile che la forma participiale sia stata fortemente condizionata dal reclusa (" recludit creditas / ... ianuas ") dell'‛ auctoritas ' prudenziana, il rispetto della quale era imposto a D. anche dall'obbligo della rima.