SUPERGA (A. T., 24-25-26)
Frazione del comune di Torino, a 9 km. dal centro della metropoli, sorge a metri 620, sull'omonima collina, presso la dorsale spartiacque, a breve distanza dalla celebre basilica, dalla cui presenza trae tutta la sua importanza. Contava, nel 1931, 393 persone presenti, di cui 110 agglomerate, in leggiero aumento rispetto al 1901 (328 ab.). Vi si accede mediante carrozzabile, teatro di un'annuale competizione sportiva (Sassi-Superga) e tramvia elettrica: la funicolare da Sassi fu trasformata in elettrotramvia nel 1935. I dintorni della frazione sono coltivati e suggestivi per amene boscaglie, ville, cascinali; esistono cave di calcare; le rocce sono particolarmente ricche di fossili, specialmente molluschi. Dal santuario si gode un impareggiabile panorama sulla sottostante metropoli, la pianura piemontese e lombarda, il Monferrato e su tutte le Alpi Centrali e Occidentali.
Una tradizione tarda presumeva che la chiesa di Superga fosse stata eretta ad adempimento di un voto pronunciato da Vittorio Amedeo II nel settembre 17706 per la liberazione di Torino dai Francesi. Ma i moventi che spinsero Vittorio Amedeo a costruire nei suoi stati tante chiese, rimangono ancora da chiarire. L'incarico di preparare il progetto per la nuova chiesa, che doveva sorgere in sostituzione di un'altra assai più modesta, antica, fu dato a Filippo Juvara, subito al suo giungere in Piemonte. Ed egli eseguì parecchi disegni che mostrano un'elaborazione progressiva d'idee architettoniche. Un modello di legno, assai simile all'attuale chiesa, oggi conservato a Superga, era già pronto alla fine del 1716; la posa della prima pietra ebbe luogo il 20 luglio 1717, la consacrazione il 1° novembre 1731.
La chiesa di Superga è uno dei più celebri edifici monumentali del Piemonte e una delle più celebri fabbriche dello Juvara, una delle pochissime integralmente attuate da lui: tutte le soluzioni dei rapporti architettonici vi appaiono di una rara felicità. La chiesa sporge dal complesso degli edifici del convento retrostante come una rotonda, sormontata da un'alta cupola su altissimo tamburo, fiancheggiata da due brevi ali, sopra cui si elevano i campanili, di forme mosse e aperte, preceduta da un pronao tetrastilo, che s'innesta con rapporto felice alle linee curve della chiesa. Nella partizione delle superficie, nei profili delle lesene, dei cornicioni, delle finestre, in tutto appare quella nitidezza ariosa, elegante e serena, che è una delle più alte caratteristiche dell'architettura juvariana. All'interno la luce diffusa che scende dalla cupola, le delicate gradazioni dei marmi colorati rinnovano l'impressione di nitidezza e di luminosità di un raffinato gusto settecentesco. Gli altari sono ornati di bassorilievi: opera di Bernardino Cametti da Gattinara quelli dell'altar maggiore e della cappella sinistra, di Augusto Cornacchini da Pistoia quello della cappella destra.
Sotto al presbiterio e ai fianchi della chiesa, in forma di croce latina, sono situati i sepolcreti reali. Sebbene Vittorio Amedeo II, nel fondare la chiesa, avesse fin da principio avuto in animo di farne il sepolcreto di famiglia, la sistemazione dei sotterranei fu iniziata soltanto nel 1774 per opera di Vittorio Amedeo III, che incaricò dei lavori Francesco Martinez, nipote dello Juvara. Al punto d'intersezione dei bracci, s'allarga una cappella ottagona rivestita di marmi colorati, ornata di quattro statue dei fratelli Collini e, sull'altar maggiore, di un bassorilievo del Cornacchini, rappresentante la Deposizione; al centro sorge un'urna d'alabastro di Busca con bronzi dorati. Nei due bracci, i monumenti artisticamente più notevoli sono a destra quello di Carlo Emanuele III, opera dei fratelli Collini, e a sinistra quello di Vittorio Amedeo II, disegnato dal Martinez e ornato di statue di G. B. Bernero e dei fratelli Collini.
A oriente dietro la chiesa si stendono i fabbricati del convento racchiudenti un grande cortile a portici, rettangolare, opera dello Juvara.
Bibl.: A. Tellucini, La Real chiesa di Superga, Torino 1922 (con tutta la bibl. anteriore a tal anno); A. E. Brinckmann, Theatrum Novum Pedemontii, Düsseldorf 1931, pp. 63-65.