Sunset Boulevard
(USA 1950, Viale del tramonto, bianco e nero, 110m); regia: Billy Wilder; produzione: Charles Brackett per Paramount; sceneggiatura: Charles Brackett, Billy Wilder, D.M. Marshman Jr.; fotografia: John F. Seitz; montaggio: Arthur P. Schmidt; scenografia: Hans Dreier, John Meehan; costumi: Edith Head; musica: Franz Waxman.
All'alba, Los Angeles, Sunset Boulevard. Una coda di mezzi della polizia sfila per il viale. Una voce narrante accenna a un omicidio compiuto in una villa, proprietà di una diva del muto. È la voce stessa del cadavere che ora galleggia nella piscina, e rievoca la propria vicenda. Sei mesi prima Joe Gillis, sceneggiatore al verde, capita per caso in una villa in rovina. Ne conosce la proprietaria, Norma Desmond, stella cinematografica inattiva dall'avvento del sonoro, e il suo servitore Max. I due lo scambiano per un necroforo, inviato per le esequie dello scimpanzé della diva. Chiarito il fraintendimento, Gillis si vede offrire dalla bizzarra attrice la revisione del copione di un film, destinato all'interpretazione della stessa Desmond. Gillis accetta, ma è costretto a trasferirsi nella villa, tra le reliquie di un passato fastoso. La diva non accetta la realtà mutata e spera in un ritorno al cinema, sotto la direzione di Cecil B. DeMille alla Paramount. Gillis è consapevole dell'illusorietà dei sogni di Norma, ma tace, per continuare a godere degli agi offertigli. Lo sceneggiatore diviene l'amante dell'attempata attrice, incline alla depressione e al suicidio. Nel frattempo, Gillis collabora alla stesura di un altro copione con Betty, aspirante sceneggiatrice: presto i due si innamorano. La situazione precipita: Max rivela a Gillis di essere stato il primo regista e marito della Desmond, e di servirla per adorazione; la diva cerca di trattenere Gillis con tutti i mezzi; lo sceneggiatore è sempre più disgustato di sé e delle circostanze. Quando decide di abbandonare la villa e la professione, Norma, preda della follia, lo uccide. La diva è ormai pazza: le cineprese dei cinegiornali venuti a riprendere la scena del delitto ai suoi occhi sono quelle del proprio film. Inconsapevole, recitando si avvicina all'obbiettivo.
Sunset Boulevard è forse il film più noto realizzato da Hollywood su se stessa. Non è la prima opera riflessiva sull'industria del cinema statunitense a porre particolare attenzione all'ambivalenza della fama. Sunset Boulevard fu preceduto da commedie e drammi imperniati sulla fabbrica dei sogni: tra le prime, Show People (Maschere di celluloide, King Vidor 1928) e Bombshell (Argento vivo, Victor Fleming 1933); tra i secondi, What Price Hollywood? (A che prezzo Hollywood?, George Cukor 1932) e il celebre A Star Is Born (È nata una stella, William A. Wellman 1937). D'altro canto, il film di Billy Wilder fu seguito da esempi analoghi, di cui il più famoso è il funereo e morboso What Ever Happened to Baby Jane? (Che fine ha fatto Baby Jane?, Robert Aldrich 1962). Ma la torbida relazione tra una diva decaduta e uno sceneggiatore spiantato rimane un prototipo delle narrazioni metacinematografiche hollywoodiane.
I racconti riflessivi sul cinema di solito oppongono due mondi: lo scintillante sogno cinematografico e la dura vita a esso sottesa. Sunset Boulevard sostanzia tale antitesi con ulteriori motivi. In primo luogo, il confronto tra cinema muto e sonoro, schiacciante per un'intera generazione di attori, come già suggerito in Dinner at Eight. In seconda istanza, l'opposizione tra vecchiaia e giovinezza, tra amore mercificato e sogno romantico, tra una femminilità mortifera e una vivificante. Un ruolo fondamentale per la credibilità della vicenda è svolto dall'impiego di figure appartenenti a un passato star system: Norma Desmond e Max sono interpretati da Gloria Swanson, celeberrima diva degli anni Venti nelle commedie di Cecil B. DeMille, e da Erich von Stroheim, cineasta che diresse l'attrice in Queen Kelly (1928), estromesso dall'avvento del sonoro; gli ospiti ai bridge sono glorie del muto, tra cui spicca un cereo Buster Keaton; negli studi della Paramount la Desmond fa visita a DeMille, impegnato nelle reali riprese di Samson and Delilah (Sansone e Dalila, 1949).
Sunset Boulevard impiega elementi realistici e verosimili e, allo stesso tempo, ne deforma alcuni, come già sperimentato da Wilder in The Lost Weekend (Giorni perduti, 1945) e A Foreign Affair (Scandalo internazionale, 1948). In questo senso, per le tematiche trattate, lo stile della messa in scena e la struttura narrativa, il film ha tratti comuni con le opere a cavallo tra anni Quaranta e Cinquanta poi raggruppate sotto l'etichetta noir, a cui pure Wilder diede un significativo contributo con Double Indemnity. Al noir rimandano il racconto di una vicenda morbosa e la cinica coincidenza di relazioni affettive ed economiche, così come l'accento disilluso del protagonista. Le costruzione narrativa si fonda su un flashback impossibile, dal punto di vista di un morto; quindi, Wilder e il suo sceneggiatore prediletto Charles Brackett ripresero un modello tipico degli anni Quaranta (a partire da Citizen Kane), basato sulla narrazione retrospettiva, per portarlo alle estreme conseguenze. Addirittura, nel primo montaggio del film la vicenda si apriva con l'ingresso del cadavere di Joe Gillis all'obitorio e con un dialogo tra le salme; ma le risposte negative del pubblico delle anteprime indussero il regista a mutare l'incipit. Le inquadrature rivelano spesso un uso della profondità di campo e del chiaroscuro diffuso nel cinema hollywoodiano degli anni Quaranta (in maniera particolare nel noir), per le capacità di astrazione e deformazione dell'immagine; questi aspetti meno realistici sono accentuati nelle sequenze ambientate nella villa e convivono con momenti rappresentati con maggior verosimiglianza, producendo come effetto il grottesco, raggiunto anche con stili di recitazione incompatibili: la gestualità ampia e la mimica eccessiva di Gloria Swanson e la solennità improbabile di Erich von Stroheim da un lato, l'underplaying di William Holden dall'altro. Sunset Boulevard fu candidato all'Oscar in più categorie, vincendo per la sceneggiatura, la scenografia e la musica. L'opera di Wilder divenne presto un film di culto: un suo fotogramma impreziosì la copertina del primo numero della più celebre rivista di cinema, i "Cahiers du cinéma", nell'aprile del 1951.
Interpreti e personaggi: William Holden (Joe Gillis), Gloria Swanson (Norma Desmond), Erich von Stroheim (Max von Mayerling), Nancy Olson (Betty Shaefer), Fred Clark (Sheldrake), Lloyd Gough (Morino), Jack Webb (Artie Green), Larry Blake, Charles Dayton (agenti assicurativi), Harry B. Warner, Buster Keaton, Anna Q. Nilsson (ospiti di Norma Desmond), Cecil B. DeMille, Hedda Hopper, Ray Evans, Jay Livingston (sé stessi).
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Sceneggiatura: in Best American Screenplays 3, a cura di S. Thomas, New York 1995.