Summa contra Gentiles
Opera di Tommaso d'Aquino citata tre volte da D.: in Cv IV XV 12, dove il passo di Cont. Gent. I 5 è riportato a sostegno dell'invettiva di D. contro la presunzione intellettuale; in Cv IV XXX 3, dove D. chiama la canzone che sta commentando (Le dolci rime) Contra-li-erranti sull'esempio della S., libro che il buono frate Tommaso d'Aquino... fece a confusione di tutti quelli che disviano da nostra Fede; e in Mn II IV 1-3, dove la definizione di miracolo di Cont. Gent. III 101 - citata a memoria e non alla lettera - è applicata da D. alla sua interpretazione provvidenziale della storia di Roma.
Prima di soffermarci sull'uso dantesco della S., sarà opportuno esaminarne le circostanze, la data di composizione, gli scopi e le caratteristiche.
Circostanze e data di composizione. - Un'antica tradizione mette la S. in rapporto con le missioni domenicane presso gl'infedeli, e più precisamente i mussulmani e gli ebrei di Spagna. In una Vita di s. Raimondo di Peñafort (inserita nella storia del regno di Giacomo I di Aragona, 1213-1276), un cronista domenicano, il catalano Pietro Marsilio (morto intorno al 1327), afferma che il santo indusse " cfr. Thomas de Aquino " a scrivere la S. come ausilio per la conversione di quegl'infedeli (v. R.-A. Gauthier, Introduction historique, pp. 60-65).
Una diversa tradizione, mettendo in relazione un passo della Historia ecclesiastica (XXII 24) di Tolomeo da Lucca (c. 1235-1326/27) con quanto udito in una testimonianza al primo processo di canonizzazione di S. Tommaso (Napoli 1319; v. Fontes vitae S. Thomae Aquinatis, fasc. IV, a c. di M.-H. Laurent, Tolosa 1932-1934, 355-359), data la composizione della S. al periodo compreso tra il 1258 circa e la morte di Urbano IV (1264). L'insieme di queste due tradizioni formarono quella che, fino a tempi piuttosto recenti, è stata l'opinione comunemente accettata sull'origine della S.: s. Tommaso l'avrebbe iniziata su richiesta di s. Raimondo intorno al 1258, durante il suo primo periodo d'insegnamento a Parigi, e l'avrebbe terminata in Italia prima della fine del 1264. Questa opinione, ormai accreditata, è stata oggetto di critiche, anche se in maniera diversa, nei due più importanti studi storici recenti sulla S.: quello già citato del Gauthier e l'introduzione di P. Marc (in collaborazione con C. Pera e P. Caramello) alla nuova edizione Marietti della Summa (3 voll., Torino 1961-1967). Il Gauthier rigetta il nesso tra l'opera e s. Raimondo di Peñafort, ma accetta il 1258 circa come data d'inizio; P. Marc, da parte sua, accetta il nesso con s. Raimondo e con l'attività missionaria, ma è decisamente favorevole a una datazione più tarda. Egli ritiene possibile provare che s. Tommaso iniziò la S. a Parigi verso la fine del 1269, finendola poi a Napoli nel 1273. Le argomentazioni, in entrambi i casi, sono estremamente complesse e non è questa la sede per prenderle in esame, anche solo sommariamente; comunque, si potrà forse notare en passant, in favore della tesi del Marc, che le ampie sezioni filosofiche, specificamente antiaverroistiche, del I e II libro sembrano rispecchiare l'ambiente parigino del 1269-1272 piuttosto che quello del 1256-1259 quando, come ha osservato lo Chenu, " la crise proprément latine de l'averroisme se prépare, mais n'est pas commencée " (M.-D. Chenu, p. 250).
Finalità e caratteri dell'opera. - Le finalità della S. sono esplicitamente dichiarate in Cont. Gent. I 2 " propositum nostrae intentionis est veritatem quam fidem catholicam profitetur, pro nostro modulo manifestare, errores eliminando contrarios ". Lo scopo è quindi duplice: positivo l'uno (" veritatem manifestare "), negativo l'altro (" errores eliminare "). Gli errori in questione sono soprattutto, o più direttamente, filosofici nei libri I-III e teologici (‛ eresie ' in senso stretto) nel IV libro. In questo senso tutta l'opera è contraddistinta da un intento polemico; ciò nonostante rimane predominante la finalità positiva di ‛ manifestare ' il contenuto del credo cattolico, perlomeno limitatamente alle sue proposizioni maggiori.
Ma dove l'accento batte in particolare è sul rapporto tra dogma cristiano e ragione. Un rapporto che Tommaso esamina sulla base di tre postulati: anzitutto l'impossibilità della ragione umana, se usata correttamente, di confutare la fede (cfr. Cont. Gent. I 6, 7, 9); in secondo luogo, la possibilità che ha la ragione di dimostrare per via filosofica certe verità preliminari intorno a Dio (I 3, 9); in terzo luogo la possibilità che la ragione ha di prestare un ulteriore ausilio alla fede con l'offrire, dietro il suo stimolo, alcune analogie (" aliquas verisimilitudines ") per i misteri rivelati che la trascendono (I 3, 8). Quest'ultima funzione è predominante nel IV libro, laddove si tratta dei misteri del cristianesimo; le altre due, invece, compaiono specialmente nei primi tre libri (cfr. I 49-88; II 15-101, III 41-50, 64-107 e 122-163), nei quali Tommaso esamina criticamente - alla luce della fede cristiana - la tradizione filosofica greco-araba, soprattutto qual è rappresentata da Avicenna e Averroè. La ‛ filosofia ', in quanto potenzialmente ostile alla fede, è infatti il principale ‛ avversario ' cui allude l'espressione " contra errores infidelium " che compare nel titolo (De Ventate catholicae fidei contra errores infidelium) apposto all'opera probabilmente dallo stesso Tommaso (nell'opera, il termine gentiles significa, di fatto, " pagani ": cfr. ad es. I 2, 20, 27, II 38, 90, III 106; ma il titolo piuttosto ambiguo di Summa contra Gentiles compare assai presto nei manoscritti; cfr. per questo l'Opera omnia nell'ediz. Leonina, vol. XIII XII ss.). Pertanto, se consideriamo l'opera nell'ambito dell'apostolato missionario tra i mussulmani, risulta giusta l'osservazione dello Chenu: " l'oeuvre déborde de beaucoup le manuel missionaire qu'aurait pu laisser supposer l'anecdote de Marsilio " (op. cit., p. 250). Il Gauthier si è spinto oltre, negando senz'altro che la S. sia " un ouvrage missionaire " (op. cit.; p. 69), mentre il Marc, da parte sua, ha cercato di confutare il Gauthier adducendo argomenti in favore della tesi ‛ missionaria ', quanto meno in forma modificata (op. cit., I 53-79 e 286-304). Chiaramente, la questione è tuttora sub iudice.
Il carattere della S. è quello di un'opera ‛ teologica ' - e teologica nel suo insieme -, nonostante il fatto che solo il IV libro tratti direttamente di verità rivelate e nonostante le ampie prolungate argomentazioni filosofiche dei primi tre libri. Tutto questo argomentare, infatti, è al servizio di una finalità che sovrasta tutte le altre, la finalità del sapiens cristiano che intende esporre la verità cattolica e confutare gli errori che la minacciano. Quanto ai contenuti, ricordiamo che i libri trattano rispettivamente: di Dio (I), della creazione, degli angeli e dell'uomo (II), di etica (III), della Trinità, dell'incarnazione, dei sacramenti e dei ‛ novissimi ' (IV).
La Summa nell'opera di Dante. - Nei decenni seguiti alla morte di s. Tommaso, l'Italia - dopo Parigi - costituì il principale centro di diffusione della S. (v. Gauthier, op. cit., pp. 12-15). È da presumere che D. avesse almeno sentito parlare dell'opera prima di scrivere la canzone Le dolci rime (1294-1296; cfr. v. 141). Non è tuttavia chiaro se diede a essa solo uno sguardo prima d'iniziare il Purgatorio o se la studiò mai veramente a fondo.
Daremo qui di seguito l'elenco dei passi in cui l'uso della S. è più o meno evidente: i rinvii seguono l'edizione Marc, Pera e Caramello, con le relative suddivisioni in libro, capitolo e numero del paragrafo.
A parte il riferimento generico, già accennato, di Cv IV XXX 3, si trovano due citazioni esplicite: in XV 12 (per cui cfr. Cont. Geni. I 5 n. 31) e in Mn II IV 1-3 (cfr. Cont. Gent. III 101 n. 2763).
Nell'esaminare la Commedia sarà bene suddividere i luoghi in cinque gruppi: a) quelli in cui l'uso della S. è ‛ molto probabile '; b) quelli in cui l'uso è soltanto ‛ probabile '; c) quelli in cui l'uso è semplicemente ‛ possibile '; d) quelli in cui, affrontando il medesimo problema, D. usa un argomento e s. Tommaso uno diverso; e infine e) quelli in cui D. appare chiaramente in disaccordo con s. Tommaso.
a) Le visioni che possono venire in sogno (Pg IX 13-18, Cont. Gent. II 81 n. 1625). La sete natural per la visione beatifica (Pg XXI 1-3, cfr. anche Pd IV 124-132, XXVIII 108, Cont. Gent. III 25, 37, 50 n. 2277). Il desiderio naturale che ogni creatura ha di Dio, nei modi a ciascuna propri (Pd I 101-141, Cont. Gent. III 17-20, 22, 24). La definizione di miracolo (Pd XXIV 101-102, Cont. Gent. III 101 n. 2763, 102 passim). Il ‛ miracoloso ' diffondersi del cristianesimo (Pd XXIV 106-111, Cont. Gent. I 6 n. 40; cfr. anche IV 54 n. 3924). La conoscenza dei futuri contingenti da parte di Dio (Pd XVII 18, 37-42, Cont. Gent. I 55 passim, 63 n. 523, 66 n. 547, 67 nn. 558-565; cfr. III 72 passim).
b) Il rapporto tra ragione umana e misteri soprannaturali (Pg III 31-45, Cont. Gent. 13 n. 16, 4 passim, III 47 passim). Le ‛ chiavi ' della Chiesa (Pg IX 94-126, Cont. Gent. IV 72 nn. 4074-4077). Il rapporto libero arbitrio-influenze astrali (Pg XVI 67-81, Cont. Gent. III 85 passim). L'intrinseca bontà dell'amor naturale (Pg XVII 91-94, Cont. Gent. III 2-11 passim). I primi eretici cristiani (Pd XIII 127-129, Cont. Gent. IV 4-9 passim). La creazione come manifestazione incompleta di Dio (Pd XIX 40-51, Cont. Gent. II 45 passim). L'inconoscibilità, anche da parte dei beati, delle singole scelte di Dio (Pd XXI 91-96, Cont. Gent. III 56 n. 2328). Il modo di conoscere degli angeli (Pd XXIX 78-81, Cont. Gent. II 97 passim).
c) L'unità dell'anima umana (Pg IV 5-6, Cont. Gent. II 58 n. 1351). L'emanazione del Verbo in Dio (Pd XIII 52-57, Cont. Gent. IV 11 nn. 3461-3479). La resurrezione della carne (Pd XIV 43-51, Cont. Gent. IV 79 n. 4136). La definizione della fede (Pd XXIV 61-69, Cont. Gent. III 152 passim).
d) La questione dei voti (Pd V 13-30, Cont. Gent. III 138). Sia D. che s. Tommaso mettono in relazione i voti - che ambedue, ovviamente, approvano - con il libero arbitrio, ma da diversi punti di vista: mentre s. Tommaso afferma che i voti ‛ non sono contrari ' al libero arbitrio, D. sostiene, per bocca di Beatrice, che essi rappresentano la sua espressione più alta. L'immortalità dell'anima (Pd VII 67-69; cfr. vv. 142-144): l'argomentazione dantesca in favore dell'immortalità poggia sull'immediata dipendenza dell'anima da Dio in esse (e in ciò è simile agli angeli, cfr. vv. 130-132, XXIX 22-36), s. Tommaso invece, cosa interessante, non fa uso di questo argomento né quando discute dell'immortalità degli angeli (Cont. Gent. II 55), né quanto discute dell'immortalità dell'anima (II 79); il suo procedimento è molto più aristotelico. Ancora, il suggerimento di Beatrice (Pd VII 145-148) secondo cui l'immortalità del corpo umano può esser desunta dalla Genesi (2, 7, 21-22) non trova corrispondenza in s. Tommaso.
e) La perfezione della virtù naturale di Virgilio e dei suoi compagni del Limbo (Pg VII 34-36) sembra negata da s. Tommaso in via di principio (Cont. Gent. III 155 passim). La generazione dell'uomo (Pg XXV 49-60, Cont. Gent. II 87-89 nn. 1740-1744): nel passo della S., Tommaso insiste sulla necessaria discontinuità del processo che separa il concepimento dal manifestarsi dell'anima sensitiva, e sulla conseguente necessità di una serie di generazioni e corruzioni distinte; la teoria di D. sembra diversa, a meno che il verso di Pg XXV 54 non sia puramente metaforico. La salvezza dei non battezzati: in Cont. Gent. III 159 n. 3313, Tommaso afferma che Dio offre a ‛ tutti ' la possibilità della grazia e che " illi soli gratia privantur qui in seipsis gratiam impedimentum praestant "; questa non sembra l'opinione di D. in Pd XIX 70-78.
La creazione della materia prima in quanto dotata di esistenza propria (Pd XXIX 22-34) sembra venir esclusa in Cont. Gent. II 43 n. 1195. Ancora, Tommaso si rifiuta (Cont. Gent. II 53 passim) di chiamare la natura angelica " actus purus ", come fa D. in Pd XXIX 33. D., peraltro, considera il vincolo tra angeli e cieli come assai più stretto di quel che non sia per Tommaso (si confronti Pd XXIX 36-45 con Cont. Gent. II 92 nn. 1785, 1788). Da ultimo noteremo che la presenza di bambini nel Paradiso, accettata da D. (Pd XXXII 40-48), non sembra possibile per Tommaso, secondo il quale tutti i beati hanno " aetas Christi, quae est aetas iuvenilis " (Cont. Gent. IV 88 n. 4231; cfr. B. Nardi, Nel mondo di D., Roma 1944, 317 ss.).
Bibl. - S. Thomae Aquinatis Summa contra Gentiles, cum commentariis Fr. Francisci de Sylvestris Ferrariensis, Editio Leonina, XIII-XV, Roma 1918-1930; ID., Liber de Veritate Catholicae Fidei contra errores infidelium, qui dicitur Summa contra Gentiles, ediz. a c. di P. Marc, C. Pera, P. Caramello, 3 voll., Torino 1961-1967; M.D. Chenu, Introduction à l'étude de s. Thomas d'Aquin, Montreal-Parigi 1950; R.-A. Gauthier, Introduction historique, in S. Thomas D'Aquin Contra Gentiles, trad. di R. Bernier e M. Corvez, I, Parigi 1961. Per ulteriore bibliografia su questioni dottrinali v. TOMMASO d'AQUINO, santo.