SULMONA
(lat. Sulmo; Solmona nei docc. medievali)
Città dell'Abruzzo (prov. Aquila), collocata su un pianoro al margine meridionale della valle Peligna, in uno snodo vitale delle comunicazioni appenniniche tra N e S, il cui cardine era costituito dalla romana via Numicia, che nel Basso Medioevo, con il nome di via degli Abruzzi, collegava Firenze a Napoli e che, poco più a N, presso Corfinio, incrociava la via Claudia-Valeria, la direttrice trasversale che da Roma conduceva all'Adriatico.Un oppidum sulmonese viene citato per la prima volta da Tito Livio (XXVI, 2, 11), in relazione alla seconda guerra punica (211 a.C.). L'assetto generale della città romana (La Regina, 1966) si è conservato nel nucleo medievale; nulla invece resta del suo volto monumentale. Agli scarsi resti di rilievi e di mosaici pavimentali si è aggiunto di recente il ritrovamento, al di sotto del palazzo dell'Annunziata, di una domus dei secc. 1° a.C.-2° d.C., con resti di decorazione parietale in terzo stile pompeiano, ora al Mus. Civ. (Tuteri, 1996).La sporadica, e per certi versi problematica, attestazione di un Palladio episcopus sulmontinus alla fine del sec. 5° è l'unico indizio della presenza a S. di una diocesi indipendente (Lanzoni, 1927, II, pp. 372-373; Monachino, 1968, p. 81); peraltro almeno dal sec. 8° l'unica sede episcopale della valle Peligna fu la cattedrale di Corfinio, intitolata al martire locale Pelino, con competenze estese all'adiacente conca aquilana e alla val di Sangro. La diocesi e l'entità amministrativa corrispondente sono ricordate nei documenti con il nome di Valva, toponimo dal senso molto discusso in passato, che rinuncia a individuare un centro politico di riferimento, testimoniando nello stesso tempo l'eclissi dei municipi romani e il carattere estremamente disgregato del territorio (Wickham, 1982). Valva fu gastaldato longobardo e sotto il dominio franco, nell'843, venne distaccata con gran parte dell'Abruzzo dal ducato di Spoleto per formare la contea della Marsica. Dal 972 fino alla conquista normanna fu contea indipendente ereditaria, assegnata a un ramo della famiglia dei conti dei Marsi.La rarità dei documenti relativi a questo periodo si accompagna anche a una rarità delle testimonianze materiali. Al di sotto della settecentesca chiesa di S. Gaetano sono riemersi recentemente resti di un edificio sacro databile al sec. 8°, la cui abside presenta una rara decorazione pittorica a velari (Tuteri, 1993). Fuori della città, la chiesa semirupestre di S. Angelo in Vetulis dichiara nel triforio che precede l'abside il debito verso analoghe soluzioni longobarde di area beneventana, attestate tra la fine del sec. 8° e il 10° (Falla Castelfranchi, Mancini, 1994).Nel 1075 il vescovo di Valva Trasmondo promosse contemporaneamente il rinnovamento della cattedrale di S. Pelino a Corfinio e di S. Panfilo (Chronicon Casauriense), la pieve a N del recinto murario sulmonese, che dalla metà del sec. 11° cominciò ad apparire come contitolare di Corfinio della qualifica di cattedrale e residenza vescovile (Celidonio, 1909-1913, I, pp. 163-174). Dell'intervento avviato da Trasmondo, ma concluso verosimilmente al tempo del vescovo Gualtiero (1104-1128; Venanzio Fucinese, 1980), la parte meglio leggibile - dopo le devastazioni subìte nei secc. 13° e 14° e i rifacimenti in chiave barocca seguiti al terremoto del 1706 - è oggi la vasta cripta triabsidata, suddivisa in sette navatelle di tre campate, che accoglie nel suo saldo e unitario impianto il reimpiego di capitelli altomedievali (secc. 7°-9°), probabilmente appartenuti all'edificio preesistente (Pani Ermini, 1971-1972; 1983; Zastrow, De Meis, 1980). Nella chiesa, alla matrice lombarda della cripta e della scansione esterna delle absidi ad archetti pensili su lesene si uniscono elementi di ascendenza campano-cassinese (portale laterale, pianta basilicale a tre navate divise da pilastri circolari) e la reinvenzione del lessico decorativo classico, nel definire un linguaggio affine a quello che contemporaneamente si veniva elaborando nella cattedrale di S. Pelino e che si pone alle radici del rinnovamento romanico in Abruzzo.Il riconoscimento della dignità cattedratica alla pieve di S., seguito dal tentativo di avocare a questa sola le competenze vescovili, aprì un contenzioso con Corfinio, concluso provvisoriamente nel 1238 con un atto di concordia - in seguito più volte reiterato - per l'elezione del vescovo e la divisione delle chiese della diocesi (Codice diplomatico, 1888, doc. XLIX).
Nel sec. 12°, sotto la spinta di una rapida crescita economica e demografica, potenziata da fenomeni migratori, l'abitato di S. iniziò a espandersi fuori delle mura, inizialmente a N, nell'area antistante la cattedrale; i radi insediamenti che qui si raccolsero subirono un progressivo spopolamento, che la realizzazione di un'area commerciale e l'attivazione di una fiera nel 1315 (Codice diplomatico, 1888, doc. CXV) non riuscirono ad arrestare (Mattiocco, 1978, p. 56). Maggiore vitalità rivelarono i quartieri meridionali, che, favoriti dalla vicinanza ai principali snodi viari e orientati verso gli abitati montani circostanti, attirarono le attività produttive e mercantili della città.Dalla fine del sec. 12° fino agli inizi del 14°, quattro nuovi borghi si svilupparono ai lati del prolungamento del cardo e intorno a una vasta area a E, detta della Piscaria (od. piazza Garibaldi), destinata ai commerci (Mattiocco, 1978). Il margine occidentale di quest'area venne delimitato da un acquedotto ad arcate ogivali su pilastri quadrati, concluso nel 1256. Precoce fu l'insediamento degli Ordini mendicanti: dal 1241 sono attestati i Francescani a ridosso delle mura a S, seguiti nel 1258 dagli Eremitani a N, mentre i Domenicani si installarono nel 1267 entro l'abitato antico e le Clarisse nel 1269 delimitarono con il loro grande monastero il confine meridionale della Piscaria.Intorno agli eremi del vicino monte Morrone si svolse la vicenda di Pietro Angeleri di Isernia (1215-1296), poi papa Celestino V; per la congregazione da lui fondata nel 1259 venne eretta la chiesa di S. Maria del Morrone, alla quale vent'anni dopo fu annesso il convento, a formare un complesso pervenuto nella sua redazione tardoseicentesca.
Tra la fine del sec. 13° e i primi decenni del successivo, per proteggere i nuovi borghi e inserire la cattedrale nel perimetro urbano, venne prolungato il circuito murario. Fra i nuovi accessi aperti alle estremità dell'abitato e in relazione ai nuovi borghi a S, il più monumentale e meglio conservato è quello meridionale, porta Nuova, poi detta porta Napoli. Terminata intorno al 1315, essa è caratterizzata dal disporsi dei conci ornati a rosette a formare un bugnato che dal piano superiore, dov'è aperta una finestra a sesto acuto, aumenta progressivamente fino a quello inferiore, dove si apre il fornice ogivale.
L'assetto generale guadagnato dalla città tra Duecento e Trecento, sopravvissuto inalterato fino al secolo scorso, è restituito da una serie di piante prospettiche: la più antica, incisa da Franz Hogenberg, fu pubblicata da Braun (1572-1618); la più accurata, quella di Pacichelli (1703), mostra la città ancora chiusa nelle sue mura, alla vigilia della trasformazione settecentesca, l'ultimo di una serie di rinnovamenti edilizi resi necessari dai terremoti, tra i quali particolarmente drammatici furono quelli del 1456 e del 1706, che ridussero a pochi lacerti il volto medievale della città.S., città demaniale fin dall'epoca normanna, ebbe politicamente il più generoso riconoscimento da Federico II, che nel 1234 la elesse sede del giustizierato d'Abruzzo e della prima delle sette fiere annuali del regno (Riccardo da San Germano, Chronica). L'avvento degli Angiò portò la revoca o lo svuotamento progressivo dei privilegi maturati in epoca sveva, a vantaggio della neonata Aquila. La centralità della via degli Abruzzi, chiave della 'guelfizzazione' del regno imposta dai nuovi sovrani, fece presto riguadagnare a S. una posizione rilevante e assicurò alle classi mercantili cittadine un ruolo non secondario nel sistema commerciale governato dai mercanti fiorentini (Hoshino, 1988).La lunga dominazione angioina segnò la città in maniera più incisiva di quella sveva, il cui lascito artistico si limita oggi alle fresche testine dell'abside della cattedrale (Bologna, 1995, pp. 54-55): S. assunse la sua strutturazione urbanistica definitiva e una fisionomia fortemente segnata dal prevalente influsso dei modelli della capitale, spesso veicolati dalla diretta committenza regia.La chiesa di S. Francesco della Scarpa, ampliata per volontà di Carlo II d'Angiò tra il 1290 e il 1294, mostra un chiaro debito con le forme della prima architettura angioina di Napoli nell'articolato invaso delle tre absidi poligonali, lasciate isolate e scoperte dalla riduzione in lunghezza della chiesa, seguita al terremoto del 1706. A Napoli riportano pure la schietta inflessione gotica del portale (1315) della chiesa di S. Agostino, fondata nel 1299 da Carlo II per il convento degli Eremitani, e il rilievo - più tardo, ma anch'esso proveniente dalla facciata della stessa chiesa - con S. Martino e il povero, di puro accento camainesco, entrambi reimpiegati dalla fine del sec. 19° sulla facciata della chiesa di S. Filippo.Legata alla politica angioina di promozione di strutture assistenziali è l'istituzione della Casa dell'Annunziata, ospedale e brefotrofio con chiesa annessa, principale monumento civile di S., fondata nel 1320 sul maggiore asse viario della città, il cui aspetto attuale è tutto legato alla stagione umanistica e rinascimentale di S. (Giannantonio, 1997).La mediazione napoletana di modelli senesi segnò la produzione delle botteghe orafe. Avviata nel sec. 13° con una produzione seriale di croci lignee laminate (Mattiocco, 1968), l'oreficeria sulmonese raggiunse nel sec. 14° una maturità capace di elaborazioni autonome e di un'articolata dialettica con i modelli che intriga la definizione stilistica di opere come la croce di Rosciolo (Celano, Mus. d'Arte Sacra della Marsica, già Roma, Mus. Naz. del Palazzo di Venezia) e quella della parrocchiale di Borbona (Romano, 1987; Di Berardo, 1991).Più sfuggenti appaiono gli orientamenti della produzione pittorica, ridotta a uno scarno catalogo accompagnato da un'esile tradizione critica, in cui sembra prevalere la gravitazione verso esperienze di matrice umbra, in seguito ampliata verso la direttrice adriatica: scene cristologiche in S. Chiara, Scena della Vita di s. Ludovico in S. Francesco della Scarpa, dipinti votivi in S. Maria della Tomba, Madonna con il Bambino e santi nella cattedrale.Nel Mus. Civ., ospitato nel palazzo dell'Annunziata, si conservano reperti archeologici dei siti della valle Peligna, accanto a materiale scultoreo sporadico e dipinti staccati di età medievale, oltre ad alcuni importanti esemplari di oreficeria sulmonese, tra i quali il calice e la patena di Ciccarello di Francesco (fine sec. 14°), questi ultimi destinati a un Mus. Diocesano in via di allestimento.
Bibl.:
Fonti inedite. - E. De Matteis, Memorie storiche de' Peligni, Sulmona, Bibl. Com., RISH 2; Catasto Sulmonem 1376, Sulmona, Mus. Civico.
Fonti edite. - Chronicon Casauriense, in RIS, II, 2, 1726, pp. 775-916: 866; Codice diplomatico sulmonese, a cura di N.F. Faraglia, Lanciano 1888; Riccardo da San Germano, Chronica, a cura di C.A. Garufi, in RIS2, VII, 2, 1936-1938, p. 45; G. Braun, Civitates Orbis Terrarum, Köln 1572-1618, I, p. IV, tav. 52; E. Ciofano, In omnia P. Ovidii Nasonis opera observationes. Una cum ipsius Ovidii vita, et descriptione Sulmonis, Venezia 1578; G.B. Pacichelli, Il Regno di Napoli in prospettiva diviso in dodici provincie, Napoli 1703, III, c. 14 (rist. anast. Bologna 1975).
Letteratura critica. - P. Piccirilli, Monumenti architettonici sulmonesi, Lanciano 1888-1891; G. Celidonio, La diocesi di Valva e Sulmona, 9 voll., Casalbordino 1909-1983; F. Lanzoni, Le diocesi d'Italia dalle origini al principio del secolo VII (604) (Studi e testi, 35), 2 voll., Faenza 1927 (rist. anast. 1963); A. La Regina, Sulmona. Studi di urbanistica antica, Quaderni dell'Istituto di topografia antica dell'Università di Roma 2, 1966, pp. 107-116; V. Monachino, La prima diffusione del cristianesimo in Abruzzo, "II Convegno nazionale di cultura abruzzese, L'Aquila e altrove 1968", Abruzzo 6, 1968, 2-3, pp. 79-102; E. Mattiocco, L'oreficeria medievale abruzzese: la scuola di Sulmona, ivi, pp. 361-403; L. Pani Ermini, Contributi alla storia delle diocesi di Amiternum. Furcone e Valva nell'alto Medioevo, RendPARA 44, 1971-1972, pp. 257-274; E. Mattiocco, Struttura urbana e società della Sulmona medievale, Sulmona 1978; D. Venanzio Fucinese, Le vicende costruttive e gli interventi dalle origini al XVIII secolo, in La cattedrale di S. Panfilo a Sulmona, Milano 1980, pp. 7-38; O. Zastrow, S. De Meis, Le sculture medievali della cripta e delle absidi come presupposto per una nuova datazione delle più antiche strutture, ivi, pp. 39-90; C. Wickham, Studi sulla società degli Appennini nell'Alto Medioevo. Contadini, signori e insediamento nel territorio di Valva (Sulmona), Bologna 1982; L. Pani Ermini, rec. a La cattedrale di S. Panfilo a Sulmona, 1980, Bullettino della Deputazione abruzzese di storia patria 73, 1983, pp. 317-327; S. Romano, La scuola di Sulmona fra Tre e Quattrocento e gli inizi di Nicola da Guardiagrele, Annali della Scuola normale superiore di Pisa. Classe di lettere e filosofia, s. III, 14, 1984, pp. 715-732; id., Fatti e personaggi nel Regno di Napoli, BArte, s. VI, 72, 1987, 43, suppl., pp. 97-112; H. Hoshino, I rapporti economici tra l'Abruzzo aquilano e Firenze nel Basso Medioevo, L'Aquila 1988; M. Di Berardo, Su un problema di oreficeria centro-meridionale del Trecento: la croce processionale degli Orsini, Annali della Scuola normale superiore di Pisa. Classe di lettere e filosofia, s. III, 21, 1991, pp. 359-445; R. Tuteri, (AQ) Sulmona, S. Gaetano, ArchMed 20, 1993, pp. 528-529; M. Falla Castelfranchi, R. Mancini, Il culto di San Michele in Abruzzo e Molise dalle origini all'Altomedioevo, in Culto e insediamenti micaelici nell'Italia meridionale fra tarda antichità e Medioevo, "Atti del Convegno internazionale, Monte Sant'Angelo 1992", Bari 1994, pp. 507-551; F. Bologna, La pubblica fontana detta la Riviera, in La fontana della Riviera, Roma 1995, pp. 23-145; R. Tuteri, Il contesto urbano: le porte malchiuse dell'antica Sulmo, in Sulmona città d'arte e poeti, Pescara 1996, pp. 30-40; R. Giannantonio, Il palazzo della SS. Annunziata in Sulmona, Pescara 1997.I. Carlettini