SULMONA (A. T., 24-25-26 bis)
Città dell'Abruzzo (provincia di Aquila, seconda solo al capoluogo per la sua importanza, che è legata alla posizione. È presso l'angolo sud-orientale della vasta conca peligna, solcata dal Sagittario (405 m. s. m.), in un ripiano fra il Gizio e il suo affluente Vella che si uniscono a meno di 1 km. a NO. della città e, uniti, confluiscono poco oltre nel Sagittario. La città comanda l'ingresso della conca per chi viene da Roma e quindi la principale strada da Roma all'Adriatico (antica Via Valeria), come la grande strada di comunicazione dall'Aquilano al Sannio e al Napoletano.
L'arteria principale della città, il Corso Ovidio, prolungato a nord dal Viale Umberto, si sviluppa all'incirca parallelamente ai due fiumi, dal duomo a Porta Napoli per oltre un chilometro, largo e contornato da edifici monumentali; le strade che v'immettono ai lati sono più anguste e hanno spesso conservato il loro aspetto medievale. Si aprono sulla via le piazze XX Settembre e del Carmine. Dirimpetto a questa, alcuni gradini sottopassanti un portico conducono alla vastissima Piazza Garibaldi, che ha al centro una fontana ed è sede di un vivace mercato settimanale, al quale, per la situazione della città, convengono gli abitanti di molti paesi vicini.
Le due vie che cingono esternamente la città - la circonvallazione orientale sul Vella, quella occidentale sul Gizio, che scorrono entrambi incassati rispetto alla platea urbana e sono sormontati da ponti - offrono bei panorami sulla cerchia di monti che circonda la conca e specialmente sulla Montagna del Morrone. Un tram unisce la città alla stazione, che è a nord-ovest, a 1 km. di distanza, sulla linea Roma-Pescara; da questa si diramano una linea per Aquila e un'altra per Isernia. Numerosi servizî automobilistici irradiano dalla città.
Sono notevoli a Sulmona varie industrie alimentari, la fabbricazione di confetti e di liquori. L'oreficeria è assai decaduta, ma sopravvive tuttora, al pari della lavorazione del ferro battuto. Sulmona aveva intorno a 4500 abitanti nella seconda metà del sec. XVI, circa 5500 verso la metà del successivo, poi declinò notevolmente. Nel 1669 non pare avesse più di 4000 ab., cresciuti di nuovo a 5800 nei primi anni del secolo XIX. I censimenti dànno per l'intero comune, nel 1901, 17.989 abitanti; nel 1921, 18.797; nel 1931, 21.076. Di questi, circa 16.000 spettano al centro principale, gli altri sono in piccoli villaggi (Badia, Marone, ecc.) o sparsi nella campagna. Il comune (kmq. 58,2) comprende una parte notevole della conca peligna, verde e ferace, coltivata specie a vigneti. L'olivo prospera sulle pendici bene esposte, al pari del mandorlo; vi sono altri alberi da frutta e campi di cereali.
Monumenti. - La città è ricca di monumenti, che la rendono molto interessante. La cattedrale di S. Panfilo fu riedificata nel 1075; a questo periodo appartiene lo schema basilicale con cripta chiusa da tre absidi; non così il suo innalzamento che avvenne nel 1119, essendo vescovo Gualterio. S. Francesco è una chiesa eretta circa il 1296 da re Carlo d'Angiò, rovinata poi e ridotta a più umili forme a causa dei terremoti. Ne rimangono allo scoperto le tre absidi imponenti e il presbiterio oltre ad un maestoso ingresso laterale ideato secondo lo schema lombardo, il quale con i ruderi vicini entra a far parte di un insieme pittoresco. Rimane anche una parte della facciata di S. Francesco, opera di Nicola Salvitti da Sulmona eseguita alla fine del sec. XIV, con grande eleganza di particolari, specialmente nel portale sestacuto. Allo stesso maestro è da assegnarsi in base a documenti la semplice facciata della cattedrale (S. Panfilo) rimasta incompiuta, ma dove eccelle per bellezza di linee il portale sestacuto ricco di sculture (1391). Della chiesa degli agostiniani rimane solo un portale del 1315.
Della fine del sec. XIV è la chiesa di S. Maria della Tomba, che nella struttura a tre navi voltate a crociera serba tracce del periodo gotico.
Nella Badia Morronese presso Sulmona ha importanza la cappella dell'Ecce Homo del 1412, dove è conservato il monumento Caldora, un'opera di scuola tedesca firmata da Guaterius de Alemania.
L'architettura civile e privata ha dato a Sulmona caratteri speciali in opere monumentali di grande importanza, dove si legge la collaborazione dei maestri lombardi con gli artisti locali. Il grande acquedotto costruito nel 1256 su arcate di sesto acuto attraversa il centro dell'abitato ricordando lo sviluppo cittadino del tempo di Federico II. Esso alimenta anche la vicina Fonte del Vecchio, opera di scultura del periodo aragonese (1474) non priva di eleganza e ricostruita ivi presso dopo il 1706. Con l'ingrandimento della città avvenuto quando regnava Roberto d'Angiò, cioè intorno al 1315, sorsero la Porta Napoli, notevolissima opera di parata oltre che di difesa e un grande edificio ospitaliero intitolato alla SS. Annunziata.
Questo palazzo, nel cuore dell'abitato a fianco della sua chiesa, compone un insieme monumentale di prim'ordine che eccelle per nobiltà e grandezza e contiene sculture, rilievi, sarcofagi, ecc., fra i quali un interessante rilievo con figure dei pastori. Un grande cortile nel mezzo libera tutti i servizî e dà accesso al pregevole museo civico posto al primo piano. L'edificio fu incominciato nel corpo contiguo alla chiesa dove è l'ingresso principale, solenne nelle linee in sesto acuto che sormontano il vano con le statue della Vergine e di S. Michele Arcangelo (1415). Fu proseguito nel 1483 con la grande trifora superiore, col secondo portale a timpano e tutta la parte centrale. L'ultimo braccio, che risvolta sul Vico dell'Ospedale, nel terzo portale e nella sovrapposta bifora sente nelle sue parti del pieno Rinascimento e infatti vi domina una targa con la data del 1522. Lungo la zona basamentale su piloni addossati alla muraglia risaltano le statue dei dottori della chiesa, di S. Panfilo e degli apostoli Pietro e Paolo.
Insieme con l'ospedale era sorta la chiesa della SS. Annunziata, che il terremoto del 1456 distrusse e che fu ricostruita nei primi anni del Cinquecento. Ma anche di questo edificio poco rimase, poiché, in seguito ad altro terremoto del 1706, la ricostruzione dovuta a Pietro Fantoni (1710), tutto trasformò ad eccezione della parte absidale e del grande campanile cuspidato.
In Sulmona sono poi da ricordarsi gli edifici monastici di S. Lucia e di S. Chiara con un grande chiostro del 1518; il palazzo di Giovanni de' Sardi (1420); il palazzo Sanità contemporaneo a quello dei Tabassi, più grandioso, di cui rimangono una ricchissima bifora e un portone di maestro Pietro da Como (1449); il palazzo di Giovanni dalle Palle; il palazzo Colombini; il palazzo Faciani e quello d'Alessandro-De Spinosa, ora della Banca Agricola.
Del periodo barocco restano nella città e fuori di Sulmona chiese, palazzi e case di nobile fattura. Notiamo come derivanti dalla scuola romana la già ricordata chiesa della Badia Morronese trasformata nei primi del Settecento a croce greca nel modo come ora si vede, caratteristica per il suo prospetto borrominiano; l'interno della chiesa della SS. Annunziata e la sua fronte. Appartengono invece al barocco napoletano opere in legno pregevolissime, per ricchezza e fantasia dell'intaglio, come la cantoria, l'organo e il coro della Badia Morronese e un organo nella chiesa di S. Francesco.
Bibl.: E. Ciafano, Antiquissimae ac nobilissimae urbis Sulmonis descriptio, una cum Ovidii vita et effigie, Aquila 1578; E. De Matteis, Dell'historia Peligna, ms. della 2ª metà del sec. XVII; M. Torcia, Saggio di itinerario nazionale pel paese de' Peligni, fatto nel 1792, Napoli 1793; I. Di Pietro, Mem. stor. della città di Sulmona, Napoli 1805; P. Serafini, Sulmona, 1853; Th. Mommsen, in Corp. Inscr. Lat., IX, 290 segg.; V. Bindi, Monumenti storici e artistici degli Abruzzi, Napoli 1889; G. Celidonio, La diocesi di Valva e di Sulmona, I, Casalbordino 1909; I. C. Gavini, Storia dell'architettura in Abruzzo, Milano-Roma, s. a.; G. Piccirilli, Monum. architettonici sulmonesi descritti ed illustrati, fasc. I-X, Lanciano 1908; id., Sulmona: Guida storico-artistica, Sulmona 1932.
Storia. - L'antica Sulmo (Σούλμων) fu un importante centro abitato dei Peligni, forte popolo sabellico. La prima notizia storica della città la offre Tito Livio (XXVI, 11) laddove riferisce che Annibale, movendo contro Roma dalla Campania nel 216, passò per il territorio di Sulmona. Nel 90 a. C., Sulmona partecipò con le altre città peligne alla guerra sociale contro Roma. Quando, per effetto della guerra, gl'Italici ottennero la cittadinanza romana, i Peligni furono ascritti alla tribù Sergia e Sulmona divenne municipio. Nel 49, all'inizio della guerra civile, truppe cesariane guidate da M. Antonio occuparono senza combattimento la città, mentre i pompeiani Azio e Lucrezio con i loro seguaci si davano a precipitosa fuga. A Sulmona nacque, il 21 marzo dell'anno 43 a. C. Ovidio.
Numerose iscrizioni posteriori alla costituzione di Sulmona in municipio ricordano i templi, il senato municipale con i suoi decurioni, i sacerdozî locali, i quattuorviri iure dicundo, i quattuorviri aediles (o semplicemente aediles), i quattuorviri quinquennales e i seviri augustales. Della città antica tornarono in luce, a più riprese, cospicui resti, quali tratti di vie lastricate, fuori e dentro l'abitato, avanzi di edifici e ricche pavimentazioni musive d'età imperiale, testimoni dell'agiatezza dei suoi abitanti e dell'estensione di Sulmona romma. Era collegata mediante una via secondaria, detta via Minucia, alla via Valeria. La via Minucia portava da Corfinium al fiume Sagittario e si riallacciava con un'altra antica via che raggiungeva la Valeria presso Cocullo. Un resto di poderosa costruzione, lungo m. 70, con paramento in opus reticulatum si ammira alle pendici del Monte Morrone (la cosiddetta villa di Ovidio).
Nel Medioevo la città visse oscuramente per tutto il periodo delle invasioni e del primo assestamento della nuova società, finché nel sec. IX raffiorò di nuovo alla vita politica italiana come città retta da un gastaldo alle dipendenze del duca di Spoleto. Da allora andò progredendo sino a raggiungere sotto gli Svevi e gli Angioini il periodo più splendido della sua storia. Salvata dall'assedio delle truppe di Gregorio IX, nel 1228, da Federico II di ritorno dall'Oriente, fu dotata di un'università e designata poi come sede per le convocazioni della curia generale. Sintomo della sua fiorente vita di città furono anche le lotte interne fra le due famiglie dei Merlini e Quadrari, e le guerre esterne contro Pescocostanzo e Aquila. Pure gli Angioini favorirono particolarmente Sulmona, che attrasse per un momento l'attenzione del mondo cristiano quando nel 1296 fu incoronato papa nella sua cattedrale Celestino V, disceso dall'eremo del Morrone per salire sulla cattedra pontificia. Nelle lotte tra Angioini e Ungheresi, Sulmona, che parteggiava per Giovanna I, dovette subire un duro assedio da parte delle truppe di Luigi d'Ungheria. Liberata una prima volta dovette aprire le porte al vincitore nel 1348. Parteggiò poi per Ladislao, ma fu ostile a Giovanna II. Fu perciò assalita e presa dalle truppe di Fortebraccio da Montone nel 1421. Passata quindi agli Aragonesi, Carlo V dopo la battaglia di Pavia la donò al viceré di Napoli Lannoy col titolo principesco. Ritornata al fisco regio per estinzione della famiglia Lannoy, fu venduta ai principi d Correa e poi nel 1616 ai Borghese. Fece infine parte del Regno delle Due Sicilie.