SULLA (lat. scient. Hedysarum coronarium L.; fr. seille, sainfoin d'Italie; ted. Italienischer Hahnenkopf; ingl. sulla-clover)
Pianta perenne della famiglia Leguminose-Papilionate, che in coltura può raggiungere l'altezza di m. 1,20-1,80: le foglie sono sparse, pennato-composte, con 7-10 foglioline ellittiche, tomentose nella pagina inferiore. I fiori, in grappoli terminali ai rami, sono di un bel rosso violaceo; i frutti sono legumi articolati con 2-5 articoli tondeggianti muniti di punte. Questa specie è spontanea nella regione mediterranea dalla Spagna meridionale fino all'Italia centro-meridionale, si spinge anche in Algeria e a Corfù e si trova spesso qua e là inselvatichita. È stata anche coltivata da oltre tre secoli come pianta ornamentale nell'Europa centrale.
Coltivazione. - La sulla si coltiva come pianta foraggera. Si può trovare quale prato naturale; ma viene anche largamente coltivata, per prato artificiale della durata di 2-3 anni. La coltivazione è diffusa in Algeria, Tunisia e Spagna. In Italia si estende dal Mediterraneo fino all'Appennino romagnolo. Interessa la Sicilia, molto la Calabria e le Puglie, e assume anche notevole importanza negli Abruzzi, nelle Marche, nell'Umbria e nella Romagna. Il documento più antico della coltura agraria della sulla è del sec. XVIII; il marchese F. Grimaldi descrive il metodo usato a Seminara (in provincia di Reggio di Calabria) per la coltivazione della sulla, e ne propugna la diffusione, la quale è stata veramente notevole in tutto il sec. XIX.
Questa pianta costituisce un'eccellente risorsa delle terre a clima arido, per la resistenza che essa oppone alle alte temperature e alla siccità, e si adatta ai terreni eccessivamente compatti (argillosi e argillo-calcarei). In codesti terreni può ritenersi provvidenziale e miglioratrice per eccellenza, non solo perché è la leguminosa da foraggio che meglio vi resiste, ma anche perché con il potente sviluppo delle radici (le quali possono raggiungere una lunghezza sino a 1,80 m.), opera un vero drenaggio, che facilita la circolazione dell'aria e la penetrazione dell'acqua. S. Jovino afferma che ottimi sullai artificiali vengono tanto su terreno di disfacimento di conglomerati terziarî, quanto sulle lateriti del quaternario terrazziano; D. Sbrozzi scrive che si può coltivare in tutti i terreni, purché il clima sia favorevole. M. Montanari osserva che difficilmente la sulla resiste a una temperatura di 5-6° sotto zero, specialmente se prolungata. J. Saurin ha accertato che tale pianta non si rinviene spontanea dove la pioggia è inferiore ai 300 mm. annui. L'agricoltura moderna preferisce il sullaio artificiale - con seme vestito o sgusciato, sparso, secondo i casi e i climi, in autunno o in primavera - poiché, così, il terreno, già lavorato profondamente prima della semina del frumento, si mette in condizioni di accumulare e conservare una maggiore riserva idrica, ottenendo così maggiore prodotto. Il sullaio naturale rientra nella cerealicoltura discontinua: mietuto il frumento, il terreno si abbandona, e si evita di farlo pascolare. Alle prime piogge si copre di sulla, la quale vi si trova già allo stato subspontaneo. Nel sullaio naturale ogni pratica colturale è assente. Quello artificiale - quando fa parte di un regolare avvicendamento - succede al frumento, ed è a sua volta seguito da quest'ultimo, che trova, in tale successione, molti vantaggi. Per la semina, se si adopera seme sgusciato (ottenuto con apposite macchine, dette pilatrici), ne occorrono dai 10 ai 18 kg. per ettaro; se si adopera quello vestito, ne occorrono circa 4 ettolitri. Un ettolitro di seme vestito pesa da 14 a 17 kg. Da 1 ettolitro di seme vestito si ottengono in media kg. 4,500 di seme nudo. Il seme sgusciato non richiede alcun trattamento; tuttavia lo Sbrozzi - per le semine primaverili - consiglia d'immergerlo per 30-60 minuti in acqua a 70°-80°. A facilitare la germinazione del seme vestito, ostacolata dal tegumento, in Calabria e in Sicilia si suole spargerlo tra le stoppie, che poi si bruciano. È però consigliabile fare al seme il trattamento suggerito dallo Schribaux e suffragato anche dalle esperienze compiute in Italia, immergendolo cioè per 4 minuti in acqua bollente. Al sullaio giovano le letamazioni, integrate da concimazione fosfo-potassica. Quando la sulla si coltivi in terreno nuovo, necessita inoculare nel suolo il batterio specifico che vive in simbiosi sulle sue radici, e che è una speciale razza del Bacillus radicicola. I tentativi con apposite colture (nitragine) hanno però dimostrato che la pratica non dà risultati praticamente apprezzabili. Col seme in guscio l'inoculazione è superflua; così pure quando il terreno viene concimato con stallatico prodotto da bestiame alimentato con fieno di sulla. Negli altri casi l'"assullamento" si può ottenere col metodo sperimentato da M. San Bernardo spargendo sul campo la terra proveniente da un vecchio sullaio (sino a 30 quintali per ettaro) e sotterrandola con l'erpice. Il fieno di sulla raccolto tardi non è troppo gradito, perché si presenta con steli duri e sublegnosi, e perde facilmente le foglie. Per migliorarlo conviene, in opportune condizioni, utilizzare il sullaio col pascolo vernengo e poi falciarlo in primavera, ovvero anticipare il taglio. L'analisi del fieno, secondo S. Jovino ed E. Sbrozzi ha dato i seguenti risultati:
La sulla si coltiva anche per sovescio. Il De Vincenzi e A. Vivenza affermano che il sovescio di sulla fa aumentare la produzione della vigna sino a 4-5 volte; V. Passalacqua lo raccomanda anche per il frumento. Oggi le opinioni degli studiosi sul sovescio in genere sono però alquanto discordi. Le produzioni in fieno sono variabilissime: nei punti naturali la media unitaria è di 40 quintali con punte di 70-80; in quelli artificiali si spinge dai 60 ad oltre i 100. Tra le cause nemiche, di origine crittogamica, notevole è l'Erysiphe Martii, che attacca la parte epigea, coprendola come di polvere bianca: può produrre notevoli danni deteriorando anche il fieno. Le solforazioni - unico rimedio - non sono praticamente attuabili.
Un parassita animale, che si è andato diffondendo in Tunisia e in Sicilia, è la Sphenoptera lineata F., la cui larva s'annida nell'interno delle grosse radici: è un coleottero, contro il quale mancano rimedî adatti.