SULIS AQUAE
La città romana ora occupata dall'abitato medievale e moderno di Bath, nel Somerset, deve essere il luogo della Britannia indicato nel periodo romano come ῝Υδατα Θερμά da Tolomeo e come Aquae Sulis nell'Itinerario Antonino. Nella regione non vi sono altre sorgenti minerali calde (l'acqua non è calda a Buxton, Aquae Arnemetiae, nel Derbyshire) e in nessun altro posto vi sono dediche alla divinità femminile celtica Sulis confusa con Minerva (per esempio C.I.L., vii, n. 43: deae Suli Minervae). Era una delle città più piccole della Britannia romana: stando alla ricerca fatta sinora delle tracce delle mura romane, sulla linea delle mura medievali, la sua area era soltanto di 9 ettari. Le sorgenti naturali di acqua calda medicinale, e il fatto che la divinità principale fosse celtica, suggeriscono che la località fosse già nota come un luogo di cura e di culto in tempi preromani. Ma sinora non sono venuti alla luce resti del periodo precedente alla conquista; e la data più antica della sua storia a noi nota è data da un iscrizione del 76 d. C. (C. I. L., vii, n. 48) quando, a quanto pare, la città si sviluppava come stazione termale sotto romani auspici.
A Bath non vi sono indizi di occupazione militare. Le pietre tombali di soldati che vi sono state scoperte possono essere di invalidi che cercarono invano di curarsi con le acque. Una di esse apparteneva a un soldato della Legio II Adiutrix (V. G. H Somerset, i, 1906, p. 274, n. 25), che fu di stanza in Britannia dal 70 circa all'8o d. C. Troviamo tra i visitatori civili un decurione di Glevum (Gloucester: C. I. L., vii, n. 54), uno scalpellino di Corinium (Cirencester: C. I. L., vii, n. 37; Archaeologia, lxix, 1918, pp. 180-2, fig. 71) e perfino persone del continente, di Trier (V. C. H. Somerset, i, 1906, p. 272, n. 20), Metz (C. I. L., vii, n. 55) e Chartres (Inscr. Lat. Sel., n. 4661). In effetti la Bath romana sembra aver goduto di una specie di reputazione "internazionale".
S. A. era essenzialmente un luogo per la cura delle acque. Nessuna parte della pianta stradale è venuta alla luce, e degli edifici romani a noi noti di gran lunga i più importanti sono le terme e il tempio di Sulis-Minerva adiacente ad esse. Le terme sono usate ancora oggi e l'attuale disposizione segue molto da vicino le linee monumentali romane, secondo cui in origine furono costruite. La parte centrale e dominante è costituita dal Grande Bagno, contenuto in un salone rettangolare che misura m 33,50 per m 20,70 e in epoca romana probabilmente coperto da un tetto.
Ad E del Grande Bagno vi è il Bagno Orientale, provvisto di ipocausti e ad O vi sono prima il Bagno Rotondo e poi un complesso consistente di due bagni ad immersione e un ipocausto. A N del Bagno Rotondo era il serbatoio romano, situato al disotto di quello che ora è il King's Bath. L'intero stabilimento termale deve essere stato assai imponente ed è la più grande e più importante struttura di questo genere sinora trovata nella Britannia romana.
Non sopravvivono in situ vestigia strutturali del tempio e non si conosce la sua datazione all'interno del periodo romano. Ma la sua ricostruzione come un tempio tetrastilo di tipo schiettamente classico è sicuramente fondata sulla base dei frammenti di ornamenti architettonici che sono stati scavati vicino ai bagni: un capitello composito, una base di colonna attica, qualche sezione di fusto di colonna scanalato, qualche pezzo di cornice e parte di un frontone scolpito, l'ampiezza complessiva del quale, compresi gli angoli più bassi della cornice del timpano, può stimarsi di circa 9 m, sufficiente per un portico a quattro colonne. Il lavoro di decorazione è eseguito con grande abilità e accuratezza; e il disegno delle mani umane, dei piedi, dei torsi (le teste sia dei Tritoni che delle Vittorie sono perdute) e delle corone di quercia è naturalistico. Sia il disegnatore che lo scultore (è possibile che fossero la stessa persona) ovviamente furono educati nella tradizione dell'arte greco-romana. Ma il fondo celtico di questi artisti (o artista) è rivelato nell'effetto generalmente bidimensionale del modellato, dalla maniera molto schematica, nel chiaroscuro fortemente contrastato con cui è reso il drappeggio delle Vittorie e, soprattutto, nella grande maschera dallo sguardo truce sulla borchia dello scudo centrale. È certo che questa maschera, in parte almeno, intende rappresentare la Medusa di Minerva, come si vede dalle ali e dai serpenti nei capelli. Ma a differenza delle normali Meduse dell'arte ellenistica e romana, la Medusa di Bath è una figura maschile, con i baffi e la barba fluente che spesso distinguono una divinità delle acque. È possibile che l'artista confonda deliberatamente la Medusa di Sulis-Minerva e una divinità maschile delle sorgenti salutari. Ad ogni modo la mascolinità di questa Medusa sembrerebbe una caratteristica celtica e forse particolarmente britannica, dal momento che si conoscono altre due Meduse mascoline provenienti da questa provincia: su una pietra tombale da Deva (Chester) e su un'antefissa in terracotta da Durnovaria (Dorchester, in Dorset). Questo frontone scolpito, dominato da questa maschera feroce, un tempo senza dubbio dipinto a colori brillanti, doveva offrire un colpo d'occhio imponente.
Bibl.: F. J. Haverfield, in Victoria County History of Somerset, (= V. C. H. nel testo), I, 1906, pp. 219-88; A. J. Taylor, The Roman Baths at Bath, Londra 1954; I. A. Richmond-J. M. C. Toynbee, The Temple of Sulis-Minerva at Bath, in Journ. Rom. St., XLV, 1955, pp. 99-105, tavv. 23-26 (terracotta da Durnovaria); id., Art in Roman Britain, Londra 1962, pp. 161-4, nn. 90-91, figura nel testo e tav. 96 (pietra tombale da Deva).