suggetto (subietto; sost.)
Come sostantivo, designa tutto ciò che, a mo' di fondamento, fa sì che un ente possa sussistere, e anche ciò di cui si predica qualcosa, il fondamento primo, e in tal senso l'‛ oggetto ', di una scienza, cioè ciò di cui si parla o intorno a cui si argomenta; indica inoltre ciò in cui termina l'azione di un agente il quale introduca in esso delle alterazioni; e infine sta per " suddito ".
Il latino subiectum è (come suppositum) calco dal greco ὑποκείμενον, usato nei testi di Aristotele a designare ciò cui inerisce qualcosa: in tal senso s. è la materia prima attuata da una forma, e lo è la sostanza cui ineriscono gli accidenti, o, nella proposizione, ciò cui si attribuiscono i predicati, designino essi proprietà essenziali del s. oppure solo qualità accidentali (di qui la distinzione tra predicazione essenziale e accidentale, e, ancor prima, quella tra ciò che è predicabile di qualcosa e ciò che non lo è): cfr. Arist. Cat. 2, 1a 20-b 9 " Eorum quae sunt alia de subiecto quodam dicuntur, in subiecto vero nullo sunt, ut homo de subiecto quidem dicitur aliquo homine, in subiecto vero nullo est; alia autem in subiecto quidem sunt, de subiecto vero nullo dicuntur (in subiecto autem esse dico quod, cum in aliquo sit non sicut quaedam pars, impossibile est esse sine eo in quo est), ut quaedam grammatica in subiecto quidem est in anima, de subiecto vero nullo dicitur, et quoddam album in subiecto est in corpore (omnis enim color in corpore est); alla vero et de subiecto dicuntur et in subiecto sunt, ut scientia in subiecto quidem est in anima, de subiecto vero dicitur de grammatica; alia vero neque in subiecto sunt neque de subiecto dicuntur, ut aliquis homo vel aliquis equus; nihil enim horum neque in subiecto est neque de subiecto dicitur. Simpliciter autem quae sunt individua et numero singularia nullo de subiecto dicuntur, in subiecto autem nihil ea prohibet esse; quaedam enim grammatica in subiecto est ".
Le distinzioni introdotte dallo Stagirita sul piano logico si articolano secondo i modi propri dell'essere e a questi rimandano. S. per eccellenza è ciò che è autonomo nell'essere e di cui tutto si predica, e perciò la sostanza individuale o individuo, o la materia per rapporto a una forma che la attui, o l'insieme di materia e forma (cfr. Metaph, VII 3, 1029 a 1 " Subiectum... est, de quo alia dicuntur, et illud ipsum non de alio. Propter hoc primum de hoc determinandum est; maxime namque videtur esse substantia subiectum primum. Tale vero modo quodam materia dicitur et alio modo forma, tertio vero, quod ex his ", e 13, 1038b 1-5 " Quoniam vero de substantia perscrutatio est, iterum repetemus. Dicitur autem tamquam subiectum substantia esse et quid erat esse et quod ex his est et universale [cfr. 1028b 33 ss.]. Ergo de duobus dictum; et enim de quid erat esse et subiecto, quia dupliciter subicitur: aut hoc aliquid ens, ut animal passionibus, aut tamquam materia perfectioni "). Ma s. è anche tutto ciò che è sottoposto a un processo di generazione e corruzione, o di alterazione, e ciò che, nell'uno come nell'altro caso, permane: la materia per rapporto alla forma e alla privazione, la sostanza per rapporto agli accidenti e agli abiti (cfr. Metaph. VIII 1, 1042a 32-b 6 " Quia vero substantia est materia, palam; nam in omnibus oppositis mutationibus est aliquid quod est subiectum mutationibus, ut secundum locum, quod nunc hic, iterum alibi, et secundum augmentum, quod nunc est tantum et iterum minus aut maius; et secundum alterationem, quod nunc est sanum et iterum laborat. Similiter autem secundum substantiam, quod nunc est in generatione et iterum in corruptione et nunc quidem subiectum quasi hoc aliquid et iterum subiectum quasi secundum privationem "; cfr. anche I 3, 983b 11-17, Phys. I 7, 190a 15; De Coelo I 3, 270a 14-17).
S. è, infine, secondo Aristotele, sul piano logico, il genere per rapporto alle differenze: Metaph. V 6, 1016a 24-28 " Dicuntur etiam unum, quorum genus unum differens oppositis differentiis, et ea dicuntur omnia unum; nam unum subiectum differentiis, ut equus, homo, canis unum quid, quia omnia animalia, et modo propinquissimo quasi materia una ".
In D., s. è in primo luogo la materia per rapporto alle forme (di qui l'endiadi ‛ materia '-s.) e ciò che permane nel processo di generazione e corruzione: cfr. Quaestio 47 cum omnes formae materiales generabilium et corruptibilium... requirant materiam et subiectum mixtum et complexionatum; Cv IV XIV 10 abito e privazione... sono ad uno medesimo subietto possibili; cfr. VIII 14, due volte); con riferimento alla dottrina aristotelica delle quattro cause, s. è la causa materiale (XX 10 se bene si guarda, questa diffinizione tutte e quattro le cagioni... comprende: materiale in quanto dice: ne l'anima ben posta, che è materia e subietto di nobilitade). Di qui gli accostamenti potenzia (nel senso di ‛ virtù ' o ‛ facoltà ') forma e suggetto-materia di Vn XX 7 (2 volte), e il ricorso alla contrapposizione forma -s. (o ‛ s. materiale ') per dar conto dell'amicizia in generale e della natura della filosofia (amistanza a sapienza, o vero a sapere, Cv III XI 6) in particolare, dove s. è la conoscenza, e forma attuante e ‛ perficiens ' è l'amore che tien dietro alla conoscenza: III XI 13 sì come la vera amistade... solo in sé considerata, ha per subietto la conoscenza de l'operazione buona, e per forma l'appetito di quella; così la filosofia... in sé considerata, ha per subietto lo 'ntendere, e per forma uno quasi divino amore a lo 'ntelletto; XIV 1 filosofia per subietto materiale qui ha la sapienza, e per forma ha amore, e per composto de l'uno e de l'altro l'uso di speculazione (v. SAPIENZA).
In Mn III IV 13 s. è la sostanza per rapporto agli accidenti (cum huiusmodi regimina sint accidentia quaedam ipsius hominis, videretur Deus usus fuisse ordine perverso accidentia prius producendo quam proprium subiectum), e in particolare la sostanza individuale, il ‛ concretum ' cui ineriscono le forme accidentali e i loro contrari; queste forme, in sé immutabili, sono suscettibili di variazioni in più o in meno a seconda del ‛ concreto ' cui ineriscono, sicché propriamente il s. è capace di più o di meno, non le forme (I XI 4 Recipiunt... magis et minus huiusmodi qualitates ex parte subiectorum quibus concernuntur, secundum quod magis et minus in subiectis de contrariis admiscetur; cfr. §§ 6, 8, 12; v. FORMA).
In altre parole, la forma riluce più o meno a seconda della ‛ disposizione ' (v.) del s.-materia cui inerisce; cioè non è propriamente la forma ‛ attuante ' e ‛ perficiente ' in quanto tale a differenziarsi nelle molte guise che si possono rilevare nei vari individui, ma è la materia-s. che la individua e la differenzia: Cv II I 10 in ciascuna cosa, naturale ed artificiale, è impossibile procedere a la forma, sanza prima essere disposto lo subietto sopra che la forma dee stare: sì come impossibile la forma de l'oro è venire, se la materia, cioè lo suo subietto, non è digesta e apparecchiata; Rime XC 41 È sua beltà del tuo valor conforto, / in quanto giudicar si puote effetto / sovra degno suggello, " cioè su materia disposta a ricevere in maggior misura " (Barbi-Pernicone): ‛ degno s. ', o ‛ disposto s. ', nel caso, è la giovane donna, la cui bellezza è effetto della potenza (valor) d'Amore.
Il tema della ‛ disposizione ' del s. ne richiama un altro, quello cioè della correlazione agente-paziente; in tal caso s. è il paziente, cioè tutto ciò che è dotato di virtù o potenza passiva rispetto a ciò che è dotato di virtù o potenza attiva: in Cv IV XX 6 agente è Dio che elargisce la sua bontà, e paziente è il suscettivo, cioè il subietto dove questo divino dono discende; in II V 18 agenti sono le Intelligenze motrici (movitori) che causano, solo intendendo, la circulazione in quello subietto propio che ciascuno muove, cioè nel cielo rispettivo; in VIII 5 subietti sono gli esseri sottoposti a la... circulazione dei cieli, mossi dalle Intelligenze che operano la loro influenza attraverso di essi come attraverso ‛ organi ' e ‛ strumenti '; in IV XXIII 7 l'umido radicale, virtù attiva, è subietto e nutrimento del calore, che è virtù passiva (cfr. Alb. Magno De Nutrim. et nutrib. I 5 " humidum radicale est subiectum caloris ", e De Iuvent. et senti. I 5).
In Pd II 107 de la neve riman nudo il suggello, il termine è inteso variamente come il " sasso " (Buti), il " luogo dov'è la neve " (Landino) o come l' " acqua " che perde gli accidenti che individuano la neve (bianchezza e freddo) al calore dei raggi del sole (Benvenuto). In XXIX 51 il suggetto d'i vostri alimenti è la terra, che ‛ sta sotto ' nel senso che occupa il luogo più basso e più prossimo al centro immobile dell'universo, rispetto agli altri elementi (cfr., in altro senso, anche " Bull. " X [1902] 253-254). In Cv III III 6 [l'uomo] per la natura del simplice corpo, che ne lo subietto signoreggia, naturalmente ama l'andare in giuro, il simplice corpo è la terra (v. CORPO SEMPLICE; elemento), e il s. in cui essa signoreggia è la " natura elementare " che, a mo' di ‛ materia ', costituisce il " sostrato " e il fondamento di tutte le altre nature. Per Pg XVII 107 mai non può da la salute / amor del suo subietto volger viso, Benvenuto ricorda che " amor semper servat illud in quo est ". Per l'occorrenza di Ep XIII 14, v. VERITÀ.
In altri casi s. designa ciò su cui verte una scienza (v.): ciascuna scienza assume (suppone) il suo s., non lo prova (muove o dimostra); esso cioè ha valore di principio a partire dal quale si argomenta: ciascuna scienza si muove intorno al suo subietto, lo quale essa non muove, però che nulla scienza dimostra lo proprio subietto, ma suppone quello (Cv II XIII 3; VE I I 2 unamquanque doctrinam oportet non probare, sed suum aperire subiectum). La dottrina è ricavata da Aristotele (cfr. An. post. I 9, 76 a 16-17 " manifestum est quod non est unius cuiusque [scienza] propria principia demonstrare ") ed è stata ampiamente sviluppata dai commentatori medievali (in particolare cfr. Avicenna Metaph. I 1; Averroè An. post. I comm. 70, richiamato poi in Phys. I comm. 83, e II comm. 22; Metaph. XII comm. 5, e ricordato altrove, come nota B. Nardi, Alla illustrazione del " Convivio " dantesco, in " Giorn. stor. " XCV [1930] 84).
Le varie scienze possono essere ordinate in gerarchia secondo la certezza e la nobiltà del loro s. secondo Aristotele (Anima I 1, 402a 1 s.) richiamato da D. in Cv II XIII 30 (2 volte), a proposito dell'Astronomia che, trattando del movimento del cielo, è ‛ nobile e alta ' più di tutte le altre arti del Quadrivio (si veda, per l'applicazione del principio all'Astronomia, Alb. Magno De Anima I I 2 " magis una [scienza] quam altera est de numero honorabilium propter alteram duarum causarum aut propter duas causas simul. Quarum una est certitudo, quam facit de suis conclusionibus per demonstrationes firmissimas... altera autem est, quod meliorum est subiectorum et mirabiliorum... sicut in mathematicis videmus astronomiam omnes alias scientias mathematicas excellere, eo quod incorruptìbílis est subiecti, cuius passionum causas omnes mirantur, ut lunae et solis eclipses "); il Nardi (Alla illustrazione, p. 85), cita Michele Scoto, prologo del commento Super auctorem sphaerae, che è da vedere. D'altra parte la Divina Scienza, o teologia, che non soffera lite alcuna di oppinioni o di sofistici argomenti, per la eccellentissima certezza del suo subietto, lo quale è Dio (II XIV 19), è paragonabile all'Empireo, il più alto di tutti i cieli, ed è la più alta di tutte le scienze. Cfr. VE I III 3 Hoc equidem signum est ipsum subiectum nobile de quo loquimur.
Il tema cui si accenna in Cv II XIII 16 nella comparazione del sole e dell'Arismetrica (del lume di quest'ultima tutte s'illuminano le scienze, però che li loro subietti sono tutti sotto alcuno numero considerati) si riallaccia alla tradizione pitagorica e platonica giunta a D. tramite testi notissimi, come il De Institutione arithmetica di Boezio (I 1 (Quae... ex hisce [le discipline] prima discenda est nisi ea, quae principium matrisque quodammodo ad ceteras obtinet portionem? Haec est autem arithmetica. Haec enim cunctis prior est, non modo quod hanc ille huius mundanae molis conditor deus primam suae habuit ratiocinationis exemplar et ad hanc cuncta constituit, quaecunque fabricante ratione per numeros adsignati ordinis invenere concordiam, sed hoc quoque prior arithmetica declaratur, quod quaecunque natura priora sunt, his sublatis simul posteriora tolluntur ") e le Institutiones di Cassiodoro (II IV 1 " Scriptores saecularium litterarum inter disciplinas mathematicas primam omnium arithmetica esse voluerunt "), il quale delinea il pensiero pitagorico con le parole di Sap. 11, 21 (" omnia in mensura et numero et pondere disposuisti "): " Propterea his fons et mater arithmetica reperitur, quam disciplinam Pythagoras sic laudasse monstratur, ut omnia sub numero et mensura a Deo creata fuisse memoraret "; della matematica in generale, poi, nel sec. XIII Ruggero Bacone dice: " nulla sciencia potest haberi sine hac sciencia " (Communia mathematica, ediz. R. Steele, Oxford 1940, 7; cfr. p. 11: " Secundus modus ostendendi laudes mathematicae oritur ex consideracione eorum quae in singulis scienciis de mathematica requiruntur ").
Tra le scienze che ricevono luce dall'Aritmetica è ricordata la scienza naturale, della quale è subietto lo corpo mobile, lo quale corpo mobile ha in sé ragione di continuitade, e questa ha in sé ragione di numero infinito (II XIII 17); per la prima parte del passo, il Nardi (Alla illustrazione, p. 84) cita Averroè Phys. proemium: " Subiectum istius artis [la " scientia naturalis "] non sunt nisi res quae trasmutantur de se, et secundum quod habent de se principium motus et quietis "; v. FISICA.
Per altro verso, s. designa, in tutta una serie di occorrenze, l'argomento di un'opera, ciò di cui si tratta in essa. In Ep XIII 18 (due volte; cfr. § 33, prima occorrenza), subiectum è uno dei sei elementi da considerare nell'introduzione a un'opera, e come ha mostrato B. Nardi (Osservazioni sul medievale " accessus ad auctores " in rapporto all'epistola a Cangrande, in Saggi e note di critica d., Milano-Napoli 1966, in partic. pp. 272, 278-279, 289-295) esso è variamente indicato nel Medioevo " operis intentio ", " materia " o " causa materialis " (con riferimento alla dottrina aristotelica delle quattro cause), " obiectum ". Poiché però l'opera può essere letta a un duplice livello, in senso letterale o in senso mistico (v. SCRITTURA: Sensi della Scrittura; senso), al § 23 si afferma: duplex oportet esse subiectum, circa quod currant alterni sensus. Et ideo videndum est de subiecto huius operis [la Commedia], prout ad litteram accipitur; deinde de subiecto, prout allegorice sententiatur; altro è il s. dell'opera presa alla lettera (§ 24; § 33, seconda e terza occorrenza), altro quello dell'opera quando è intesa in senso allegorico (§§ 25 e 34, due volte); nel primo caso s. è lo stato dell'anima dopo morte in sé considerato, e nel secondo è l'uomo suscettibile di premio o di castigo eterno, perché libero e perciò capace di meritare o demeritare. È sempre da tener presente però quanto si dice in Cv II I 11 la litterale sentenza sempre [è]... subietto e materia de l'altre, e cioè che l'interpretazione mistica o spirituale (allegorica, morale, anagogica) è possibile solo quando sia correttamente interpretato il senso letterale del testo, il quale ultimo, in tal modo, viene ad assumere il ruolo di ciò che ‛ soggiace ' o è materia su cui si erige l'edificio di una compiuta intelligenza dell'opera.
In Mn III IV 22 e V 3 occorre la locuzione subiecto et ratione a indicare la diversità, nel primo caso, di lux e auctoritas, e, nel secondo, di auctoritas e nativitas; la locuzione vale quindi " quanto alla realtà in sé, che è quasi materia, cioè ciò di cui si tratta, e quanto al concetto generale che se ne ha ". In Cv IV Le dolci rime 90 nobiltate in sua ragione / importa sempre ben del suo subietto, come glossa lo stesso D. (XVIII 3), importa loda di colui di cui si dice: s. è quindi ciò di cui si parla, o di cui si predica qualcosa; in X 5 falso subietto è, nella definizione di nobiltà, la " materia o parte determinabile, qual è il genere " (Busnelli) per rapporto alle differenze che lo ‛ contraggono ' nelle varie specie.
In altre occorrenze, infine, il termine sta per " suddito " e si trova generalmente in correlazione a ‛ sovrano '; così in Cv I V 7: se fosse stato in latino anziché in volgare, il commento alle canzoni non sarebbe stato subietto ma sovrano, e per nobiltà e per vertù e per bellezza; § 11 non... subietto ma sovrano per vertù; § 13 non... subietto ma sovrano per bellezza; e ancora § 6, e VII 4 (tre volte).