SUDARIO
Egitto. - L'usanza di coprire le mummie in sudaflA con figure dipinte è testimoniata in Egitto per la prima volta nel corso del Nuovo Regno (v. egiziana, arte). Dovrebbe aver avuto origine a Tebe, poiché qui compaiono contemporaneamente anche altri tipi di tessuti dipinti che, come risulta dalle iscrizioni, erano usati come oggetti votivi. Questi panni votivi, di cui fanno parte anche piccole camicie, provengono tutti, per quanto ne sappiamo, dall'area del tempio di Deir el-Bahr̄ (v.) situato sulla sponda occidentale di Tebe. Essi sono dedicati alla dea Hatḥōr quale patrona della necropoli. Altri esemplari (come ad esempio uno di New York), rappresentano il morto seduto dinanzi alla tavola sacrificale, un motivo dunque prettamente sepolcrale. Essi sono stati rinvenuti in parte ancora connessi con le mummie.
Non è possibile seguire particolareggiatamente lo sviluppo di questo gruppo nell'epoca successiva. Un esemplare la cui provenienza è la medesima, conservato a New York e databile attorno al 1000 a. C., appartiene alla mummia di una principessa della XXI dinastia. Semplici linee di contorno raffigurano Osiride, il dio dei morti.
Questo tipo di s. venne poi in uso con particolare frequenza soltanto in età imperiale romana; data la mancanza di esemplari di datazione certa, non è possibile per ora cogliere con maggiore esattezza i lineamenti delle fasi im mediatamente precedenti, cioè quelle del periodo ellenistico. A Tebe, dove questo tipo di s. non cadde mai in disuso, erano preferiti, anche in età romana, gli esemplari decorati in stile egiziano. Normalmente essi rappresentano raffigurazioni di Osiride oppure di una dea (forse Iside, Ḥatḥōr o Nut) in analogia alle raffigurazioni dei coevi sarcofagi in legno. Inoltre compaiono ora, benché in scala ridotta e in località secondarie, numerosi motivi figurati di contenuto religioso, talvolta notevolmente diversi tra loro.
In un altro centro, che con ogni probabilità va identificato con Saqqārah, venivano fra l'altro prodotti tessuti che rappresentavano il defunto in grandezza naturale, in stile classico. Il defunto è rappresentato come personaggio principale di un gruppo di tre figure, ritto in una barca dei morti, tra due immagini di divinità funerarie, Osiride e Anubis. Sia la figura del defunto che quelle secondarie, di proporzioni ridotte, sono raffigurate in stile egiziano. Gli esemplari più antichi appartengono alla metà del I sec. d. C., all'incirca coevi ai primi ritratti di mummie dipinti del vicino Fayyūm. Negli uni come negli altri è manifesta la tendenza a sostituire a una rappresentazione impersonale del defunto, la riproduzione dei suoi lineamenti reali in una sorta di ritratto.
Uno degli esemplari più antichi è quello del museo di Berlino; esso è stato datato al IV sec. d. C., ma sono invece evidenti le analogie tra l'acconciatura della donna e quella dei ritratti di età claudia. A prescindere dalla notevole mescolanza di stili è interessante anche il contenuto storico-religioso. Sulla scorta di qualche altro esemplare, queste rappresentazioni a tre figure sono state interpretate come la "trasformazione in Osiride". Si è pensato cioè, che il morto sia rappresentato due volte, una volta come un essere ancora appartenente al mondo terreno e abbigliato alla maniera dei vivi e un'altra come mummia, raffigurato in questo caso a simiglianza del dio Osiride. (v. tav. a colori). Già da lungo tempo secondo la concezione egiziana, ogni morto si identificava con questo dio. Più frequentemente, però, questo tipo di raffigurazione compare sui rilievi tombali contemporanei. Ma questi monumenti suggeriscono, peraltro una interpretazione diversa. È Anubis (nel concetto sincretistico dell'epoca questi sostituisce Hermes Psychopompòs) a condurre il morto al cospetto di Osiride. Alla base di queste raffigurazioni, la cui resa è piuttosto sommaria, è l'antica credenza del defunto che viene condotto al giudizio dei morti presieduto da Osiride in qualità di signore dell'Oltretomba. Nel caso dei s. sarebbe per altro difficilmente spiegabile perchè sia la figura centrale del morto ad offrire una libazione alla figura mummiforme sul lato sinistro, ossia alla raffigurazione funebre di se stesso posteriore nel tempo. È piuttosto lo stesso dio dei morti che va identificato con questa figura di mummia.
Esistono inoltre sudarî - la cui provenienza è probabilmente la medesima - che rappresentano soltanto i morti a figura intera. Spesso sono rappresentati abbigliati alla foggia dei vivi, mentre i motivi egiziani, che presentano affinità iconografiche con le illustrazioni dell'antico Libro dei Morti, si limitano ai settori laterali più piccoli. In altri casi il morto è raffigurato come una mummia con gli attributi di Osiride, in corrispondenza alla concezione che tutti i morti si identificano con la persona di questo dio. Soltanto la testa è un ritratto, secondo lo stile romano. L'effetto che ne consegue per l'osservatore corrisponde all'incirca a quello di una mummia ritta in piedi con un ritratto dipinto inserito in luogo della testa. Certamente è dovuto soltanto alla casualità dei ritrovamenti il fatto che di questo tipo siano conservati soltanto due esemplari di genere femininile, a Mosca e a Boston; ambedue appartengono ancora al I sec. d. C. Difatti il concetto di identificazione con Osiride valeva anche per le donne. Oltre a queste compaiono, particolarmente in età romana, raffigurazioni in cui i defunti di genere femminile vengono identificati con dee (Ḥatḥōr-Iside o Nut), ma per quanto concerne i s. si possono rintracciare fino ad oggi soltanto in esemplari di stile egiziano.
Un altro gruppo di tessuti del genere rappresenta il morto soltanto a mezzo busto, incluse le braccia. Questo tipo era particolarmente preferito ad Antinoopolis. Dalla cornice architettonica che delimita la raffigurazione, si può dedurre l'origine di questo sistema decorativo. I segmenti cuspidati e la fascia aggettante al centro testimoniano la affinità con la decorazione dei sarcofagi a scrigno, noti soprattutto per i rinvenimenti di Abu Sir el Maleq, conservati a Berlino. In queste singolari strutture eseguite in modo da poter essere collocate in posizione verticale, aprendo le ante della parte superiore foggiata a forma di scrigno, era visibile a mo' di busto la parte superiore della mummia che vi era conservata. Date le strette affinità formali, risulta evidente che s. del tipo di quelli di Antinoopolis (e così gli esemplari a tre figure di cui più sopra) erano destinati a mummie che, ai fini dei riti cultuali erano conservate, talvolta per lungo tempo, in posizione eretta prima della tumulazione definitiva.
Un esemplare particolarmente pregevole, d'ignota pro - venienza, conservato a Boston, rappresenta il busto di una donna con un'acconciatura alla moda. Un'iscrizione demotica cita come data di tumulazione l'11° anno di reggenza di un imperatore non nominato. Poiché l'acconciatura è chiaramente simile a quella di Giulia Domna, si potrà tenere conto soltanto dell'anno 202-3 e non già parlare di età augustea, come finora si è fatto in base a incerti indizi paleografici del testo citato. Questo periodo si arricchisce così di un esemplare qualitativamente molto pregevole.
Ai rinvenimenti di Saqqārah, citati più sopra, appartengono anche alcuni esemplari della tarda antichità conservati a Berlino, Dresda e al Cairo. I defunti sono raffigurati per intero, ma senza alcuna considerazione per l'esattezza anatomica delle forme. La superficie decorata plasticamente, come già per le mummie più antiche di Antinoopolis, con stucco dorato, presenta numerosi motivi isolati a sfondo religioso.
I due esemplari più noti e significativi di questo tipo di sudarî, provengono ancora da Antinoopolis e sono conservati attualmente al Louvre. Vi sono raffigurate nobili donne in ricche vesti di broccato ricamato, con in mano il simbolo ῾ankh, il geroglifico della vita. Poiché questo simbolo, noto anche sotto il nome di croce ansata, rimase in uso anche nell'arte copta, venne reiteratamente affacciata l'ipotesi che si trattasse di raffigurazioni di donne cristiane. Ma l'ipotesi è infondata. Sappiamo che l'uso della mummificazione perdurò aache nell'Egitto cristiano, tuttavia non esistono testimonianze di mummie con ritratti di defunti, che presentino elementi cristiani inequivocabili. A giudicare dallo stile e dalle acconciature, i sudari tardi, citati più sopra, vànno datati tra la metà e la fine del III sec. d. C. La loro importanza è accresciuta anche dall'alto livello artistico che li caratterizza. Essi inoltre fanno parte delle più tarde testimonianze dell'arte sepolcrale pagana di provenienza egiziana che si conoscano. Questi sudarî confutano l'opinione corrente che in questa regione del mondo romano tardo, la decadenza della tarda antichità si sia verificata uniformemente e documentano con molta chiarezza quali siano state le tradizioni artistiche che hanno contribuito, oltre alla componente formale greco-romana, allo sviluppo dell'arte copta vera e propria.
Monumenti considerati. - Tessuti votivi del Nuovo Regno: E. Naville, H. R. Hall, T. C. Currelly, The XIth Dyb Temple at Deir el Bahri, Londra 1913, pp. 16; 30 s., tav. 30. Esemplari conservati a New York: K. Parlasca, Mumienporträts, tav. 54, i; 56, 2. Tessuti tebani (?) tutti di età romana; id., op. cit., p. 164 ss. Rinvenimento Pollios-Soter: V. Schmidt, Levende og døde, Copenaghen 1919, figg. 1331, 1333 (Parigi); Brit. Mus. Guide, 1-3, Eg. Rooms, 1924, 129.140 (Londra). Tessuti con gruppi di tre figure: V. Pavlov-R. Chourinova, Phaiomski Portret, Mosca 1965, tavv. XXIV s. e XXVI s.; S. Morenz, in Forchungen und Berichte (Musei di Berlino), i, 1957, p. 52 ss.; K. Parlasca, op. cit., p. 168 ss., tavv. 12; 35, 1; 61, 2. Esemplari femminili di Boston: id., op. cit., tavv. 13, 2; 43, 1. Ritratti di mummie: H. Zaloscher, Porträts aus dem Wüstensand, Vienna 1961. Iside-Ḥatḥōr: Berlino, Äg. Abt., n. 24037; Archaeology, 16, 1963, p. 267, figg. 1-3. Antinoopolis: E. Guimet, Les portraits d'Antinoé au Musée Guimet, Parigi 1912, tav. 34 ss., passim; Parlasca, op. cit., p. 124 ss., Sarcofagi a scrigno: id., op. cit., tavv. 1, 1,2. Esemplari tardi di Saqqārah: C. C. Edgar, Graeco-Egyptiam Coffins, Il Cairo 1905, n. 33280-81, t. 47; Parlasca, op. cit., p. 189, t. D; 47, 3; 48, 1; 61, 3.
Bibl.: S. Morenz, Das Werden zu Osiris-Die Darstellungen auf einem Leinentuch der röm. Kaiserzeit (Berlin 11651) und verwandten Stücken, in Forschungen u. Berichte (Musei di Berlino) I, 1957, p. 55 ss.; L. Castiglione, Dualité du style dans l'art sépulcral égyptien à l'époque romaine, in Acta Acad. Scient. Hungaricae, IX, 1961, p. 209 ss.; B. H. Stricker, Αυηοειδες σωμα, in Oudheidkundige Mededeelingen (museo di Leida), 43, 1062, p. 4 ss.; K. Parlasca, A Painted Egyptian Mummy Shroud, in Archaeology, XVI, 1963, p. 264 ss.; id., Mumienporträts und verwandte Denkmäler, Wiesbaden 1966, specie p. 137 ss.; 152 ss.