SUCCESSIONI E DONAZIONI, Imposta sulle
Con la riforma tributaria la disciplina dell'imposta sulle s. e d. è stata riunita in un unico testo legislativo - il d.r.R. 26 ott. 1972, n. 637 - il quale detta una normativa in gran parte comune, non solo per la tariffa (aliquote, quote esenti, scaglioni, categorie di soggetti), ma anche per la regolamentazione relativa alla natura del trasferimento, coordinando anche tra loro le due imposte. Nella precedente legislazione, invece, la disciplina dell'imposta di s. era contenuta in modo organico nel R.D. 30 dic. 1923, n. 3270, e quella dell'imposta di d. era contenuta nella legge di registro (art. 44 e parte III della tariffa del R.D. 30 dic. 1923, n. 2369). L'unificazione legislativa non toglie, beninteso, che anche nel nuovo decreto la disciplina delle due imposte sia differente in varie occasioni. E infatti, in considerazione della struttura contrattuale della d. (art. 769 cod. civ.), a questa il legislatore non manca di estendere, con norma di rinvio (art. 56), l'applicazione di alcune norme della legge di registro (d.P.R. 26 ott. 1972, n. 634) quali quelle sulla registrazione in termine fisso, liquidazione e riscossione dell'imposta, sanzioni e contenzioso, compatibilmente con le speciali norme dello stesso d.P.R., n. 637.
Tratteremo, pertanto, qui in modo più diffuso del regime fiscale delle successioni, mentre rinviamo alla voce donazione, imposta sulla, per la parte della disciplina tributaria delle d. che differisce da quella sulle successioni. Avvertiamo subito che nel precedente sistema tributario vi erano due imposte di s., l'una sui singoli lasciti, l'altra sull'asse globale netto, fra loro nettamente distinte, pur essendone unico il procedimento d'imposizione e omogenea la disciplina dei presupposti e dei soggetti passivi. Vedremo, invece, che nelle disposizioni della legge delega (art. 8, l. 9 ott. 1971, n. 825) e del relativo decreto delegato (d.P.R. 26 ott. 1972, n. 637) l'imposta di s. si presenta come un tributo unico, seppure applicabile, in determinate ipotesi, a due distinte basi imponibili, con due diverse aliquote.
Venendo a trattare della disciplina concreta, rileviamo che il d.P.R. n. 637 nel suo art. 1 definisce "oggetto" dell'imposta "i trasferimenti di beni e diritti dipendenti da successione per causa di morte" e i "trasferimenti a titolo gratuito di beni e diritti per atto tra vivi". Al trasferimento dei diritti è espressamente equiparata, in conformità alla sua qualificazione civilistica, la costituzione di diritti reali di godimento. Danno altresì luogo ad applicazione dell'imposta la dichiarazione di morte presunta e l'immissione nel possesso temporaneo dei beni dell'assente.
Soggetti passivi dell'imposta sono poi gli eredi e i legatari nonché gl'immessi nel possesso temporaneo dei beni dell'assente (art. 5). Quando i successori siano più di uno, l'imposta, per la parte corrispondente all'aliquota sull'asse ereditario globale netto, è ripartita in ragione del valore delle singole quote o dei legati. A carico dei singoli successori viene poi determinata l'eventuale maggiore imposta risultante dall'applicazione dell'aliquota sui singoli lasciti (art. 6, I° e II° comma). Tuttavia gli eredi sono solidalmente obbligati al pagamento dell'intera imposta complessivamente dovuta (art. 46, I° comma). L'erede che abbia accettato con beneficio d'inventario risponde tuttavia, secondo il disposto dell'art. 490 cod. civ., nei limiti dell'attivo ereditario (art. 46, II° comma). Il legatario è invece obbligato al pagamento della sola imposta afferente il legato.
Va precisato che, almeno seguendo la tesi dominante, il termine "erede" usato dal legislatore non sta a indicare, secondo il significato che gli è proprio in diritto civile, il chiamato che abbia accettato l'eredità, ma il chiamato in quanto tale.
Risultano anche obbligati al pagamento dell'imposta i tutori e curatori degli eredi e legatari, i curatori dell'eredità (quindi ogni amministratore di beni ereditari) e gli esecutori testamentari (artt. 36, I° comma, e 41). Questi soggetti sono però tenuti a pagare l'imposta non con mezzi propri, ma con somme tratte dal patrimonio dell'incapace o dall'eredità. Pertanto, in caso d'inadempimento, sarà a carico del tutore, curatore o amministratore la relativa sanzione (art. 52), ma l'imposta dovrà essere coattivamente prelevata dal patrimonio dell'erede o legatario o comunque dall'eredità.
Modalità di applicazione dell'imposta. - All'apertura della s., come anche all'immissione nel possesso dei beni dell'assente, ovvero - qualora tale immissione non vi sia già stata - nel momento in cui diviene eseguibile la sentenza dichiarativa della morte presunta, sorge a carico degli eredi (anche se non abbiano accettata l'eredità), dei legatari, dei loro tutori e curatori, dei curatori dell'eredità e degli esecutori testamentari, di coloro che succedono in conseguenza della dichiarazione di morte presunta o conseguono il possesso temporaneo dei beni dell'assente, l'obbligo di presentare la denuncia di s. (art. 36, I° comma). Quando più sono gli obbligati, l'obbligo è solidale, cosicché non si considera omessa la dichiarazione presentata da uno solo degli obbligati (art. 36, V° comma). Il termine per la presentazione della denunzia è fissato in sei mesi dall'apertura della s. o dagli ulteriori eventi di cui all'art. 39. Competente a ricevere la dichiarazione è l'ufficio del registro nella cui circoscrizione era l'ultima residenza del defunto (art. 35, I° comma). Quando non si conosce l'ultima residenza del defunto, ovvero il de cuius risiedeva all'estero, è competente l'ufficio di Roma (art. 35, II° comma).
L'obbligo di presentare la dichiarazione presuppone la sussistenza di un asse ereditario imponibile. Tuttavia la dichiarazione è dovuta, anche se il de cuius era nullatenente alla sua morte, se vi erano state in vita donazioni a favore degli eredi ovvero egli avesse posto in essere trasferimenti a titolo oneroso negli ultimi sei mesi di vita. Nei casi, poi, di s. legittima a favore del coniuge del de cuius o di parenti in linea retta in cui il valore globale dell'asse ereditario lordo non supera i 15.000.000 di lire, i chiamati sono esonerati dall'obbligo della denuncia purché nell'asse medesimo non siano compresi immobili o diritti reali immobiliari (art. 36, III° comma). In questi ultimi casi, infatti, non è dovuta alcuna imposta di successione. Se il trasferimento mortis causa riguarda anche beni immobili o diritti reali su di essi, la denunzia si rende necessaria ai fini dell'applicazione dell'imposta ipotecaria e dei diritti di voltura catastale. Non è chiara la ragione per cui è sempre obbligatoria la denuncia nelle s. testamentarie.
Per l'inadempimento dell'obbligo di presentare la denunzia sono previste sanzioni (pene pecuniarie) di diversa misura a seconda che si tratti di omissione, tardività, incompletezza o infedeltà della dichiarazione (artt. 50 e 51, I° e II° comma). Inoltre l'interesse del fisco alla presentazione della denuncia è tutelato dalla disposizione (art. 49, I° comma) che subordina il compimento, da parte degl'interessati, dello stato e degli enti pubblici territoriali, nonché dei pubblici ufficiali, degli atti del loro ufficio relativi a trasferimenti a causa di morte alla presentazione della denunzia ovvero alla dichiarazione da parte dell'interessato dell'inesistenza del relativo obbligo.
Infine è fatto divieto ai detentori di beni del defunto, ai suoi debitori, agl'istituti di credito e alle società emittenti azioni, obbligazioni e titoli di ogni specie di consegnare i beni, pagare i debiti, intestare i titoli ai successori se non previa dimostrazione dell'avvenuta denunzia ovvero, per i soli debitori o detentori di cui sopra, previa dichiarazione scritta dell'insussistenza dell'obbligo relativo da trasmettere in copia all'ufficio competente (art. 49, II° e IV° comma). Specifiche norme disciplinano poi l'apertura di cassette di sicurezza al fine di evitare l'asportazione di parte del contenuto dopo la morte del concessionario. In particolare, dopo tale evento, la cassetta potrà essere aperta solo in presenza di un funzionario del fisco, con contestuale redazione dell'inventario del contenuto. La denunzia di s., redatta in conformità dell'apposito modello, dev'essere sottoscritta da uno degli obbligati ovvero da un suo rappresentante, legale o negoziale (art. 37, I° comma). Deve contenere particolari indicazioni relative al de cuius, ai successori e ai beni ereditari, di cui va indicato il valore; deve altresì contenere le ulteriori indicazioni di cui all'art. 37, II° comma d.P.R. citato.
Alla denunzia vanno allegati i documenti attestanti la morte del de cuius e i suoi rapporti di parentela con i successori, copia autentica delle eventuali disposizioni testamentarie e di altri atti relativi alla s., certificazioni catastali per gl'immobili e dei pubblici registri per navi e aeromobili (art. 38).
Mancando le indicazioni relative al de cuius, ai successori e ai beni ereditari, ovvero i documenti sopra menzionati, la dichiarazione si considera irregolare; l'ufficio deve notificare al dichiarante l'invito a provvedere alla regolarizzazione entro 20 giorni dalla notifica; scaduto tale termine, la dichiarazione si considera non presentata anche agli effetti dell'applicazione delle sanzioni sopra menzionate (art. 40).
Presentata la dichiarazione, l'ufficio è tenuto a rilasciare ricevuta (art. 35, III° comma); quindi, sulla base dei dati contenuti nella denunzia, procede alla liquidazione dell'imposta (la cosiddetta imposta principale), che viene comunicata, entro due mesi dalla presentazione della denunzia medesima, ai contribuenti, cui è concesso un termine di 30 giorni per il pagamento e che possono farsi rilasciare, anche prima del pagamento, copia della liquidazione (art. 41, I° e VI° comma; per i maggiori termini previsti in talune specifiche ipotesi cfr. i commi II° e IV° dello stesso art. 41). Se il contribuente non paga nei 30 giorni, l'ufficio emette un avviso notificato con cui gli assegna un ulteriore termine di 60 giorni e provvede, in mancanza del versamento, alla notifica dell'avviso di liquidazione entro 3 anni dalla presentazione della denunzia; in mancanza il fisco decade dal potere di costituirsi creditore dell'imposta e quindi di procedere alla sua riscossione coattiva (art. 34, I° comma). In caso di mancato pagamento dell'imposta, delle sopratasse e delle pene pecuniarie così liquidate, l'ufficio procede alla riscossione coattiva, nel termine di prescrizione di 10 anni (art. 41, VII° comma). Si applicano le disposizioni di cui agli artt. da 5 a 29 e 31 del R.D. 14 apr. 1910, n. 639, sulla riscossione delle entrate patrimoniali dello stato (art. 45, I° comma). Lo stato è garantito da un privilegio speciale sui beni caduti in s. (art. 45, I° comma d.P.R. cit.; 2758, I° comma e 2772, I° comma cod. civ.).
L'imposta relativa a s. non denunciate in alcun modo è liquidata con apposito avviso da notificarsi, a pena di decadenza, entro cinque anni dall'apertura della s. (artt. 33, II° comma e 34, II° comma). Decorso tale termine, si estingue il potere d'imposizione dell'ufficio, ma l'eventuale successiva presentazione volontaria della dichiarazione attribuisce all'ufficio il potere di riscuotere la relativa imposta (art. 34, II° comma). L'imposta liquidata d'ufficio in caso di omessa presentazione della denunzia è principale (art. 33, VI° comma).
Anche in presenza di una valida dichiarazione l'ufficio può inoltre esercitare il suo potere d'imposizione ogni qualvolta l'imposta principale sia inferiore a quella dovuta secondo legge, in particolar modo per effetto di: a) omissioni di beni nella denunzia; in tal caso l'ufficio deve provvedere nel termine di tre anni dalla presentazione della denunzia (art. 34, I° comma; b) insufficiente valutazione, nella denunzia, dei beni indicati; in tal caso l'ufficio deve notificare, a pena di decadenza, entro un anno dal pagamento dell'imposta principale, un avviso di accertamento, cui si applica la medesima disciplina prevista per l'avviso di accertamento di valore nell'imposta di registro (v. registro, Imposta di) (art. 26 d.P.R. cit.); successivamente, entro tre anni dalla data in cui l'accertamento di maggior valore è divenuto definitivo, l'ufficio dovrà notificare la liquidazione della maggior imposta risultante dall'accertamento stesso (art. 34, I° comma); c) errori od omissioni in cui è incorso l'ufficio nella liquidazione dell'imposta; il termine di decadenza per l'ufficio è quello generale di tre anni dalla presentazione della denunzia (art. 34, I° comma).
Il pagamento delle imposte come sopra liquidate dall'ufficio deve avvenire entro 60 giorni dalla notifica della relativa liquidazione (art. 42, I° comma). In mancanza, l'ufficio procede alla riscossione coattiva nel termine di prescrizione di dieci anni.
Determinazione del valore imponibile. - La base imponibile del tributo s'identifica col valore netto dell'asse ereditario e delle singole quote o legati, quindi col valore venale complessivo dei beni e diritti costituenti l'attivo ereditario, diminuito delle passività (art. 7, I° comma).
Per quanto attiene all'individuazione dei beni componenti l'attivo ereditario, il d.P.R. n. 637 ha sostituito il criterio oggettivo di territorialità in precedenza adottato con un criterio di tipo soggettivo, analogo a quello introdotto per l'imposta sul reddito delle persone fisiche; se il de cuius era residente nello stato all'apertura della s., l'imposta è dovuta in relazione a tutti i beni e diritti compresi nell'asse ereditario, anche se esistenti all'estero (art. 2, I° comma). Poiché i beni esistenti all'estero possono essere assoggettati, in relazione alla medesima s., a imposta da parte dello stato nel cui territorio si trovano, si è applicato l'istituto del "credito d'imposta", consentendo la detrazione delle imposte pagate all'estero dall'imposta dovuta in Italia.
Si considerano esistenti nello stato: a) i beni iscritti nei pubblici registri dello stato; b) le azioni o quote di società costituite nello stato o che in esso abbiano la sede dell'amministrazione o l'oggetto principale dell'impresa; c) le obbligazioni emesse nel territorio dello stato, oltre a quelle ivi esistenti, anche se emesse all'estero; d) i titoli rappresentativi di merci esistenti nello stato; e) i crediti, le cambiali, i vaglia cambiari e gli assegni, quando il debitore, trattario o emittente risiede nello stato; f) i crediti garantiti da beni esistenti nello stato (art. 2, III° comma).
Allo scopo di evitare evasioni o elusioni d'imposta, assai diffuse sotto il vigore della precedente legislazione, sono state introdotte specifiche disposizioni di legge, per effetto delle quali l'ammontare dell'attivo ereditario imponibile può divergere, anche in modo assai rilevante, dal valore dei beni oggetto del trasferimento mortis causa secondo il diritto civile. In primo luogo si è conservata la presunzione, già prevista dalla precedente normativa, della sussistenza, nell'asse ereditario, di danaro, gioielli e mobilia, portando l'ammontare del valore presunto di tali beni al 10% del valore complessivo netto.
L'innovazione di maggior rilievo, rispetto alla precedente legislazione, riguarda però i beni e i diritti trasferiti a terzi negli ultimi sei mesi di vita del de cuius, che si considerano sempre compresi nell'asse ereditario, salvo si tratti di beni o diritti la cui produzione o commercio rientra nell'attività propria dell'impresa esercitata dal defunto (art. 9, I° e II° comma).
Una volta individuati i beni che costituiscono l'attivo ereditario, si tratta di stabilirne il valore. A tal fine la legge prevede specifici criteri di valutazione per immobili, aziende, navi e aeromobili, azioni, obbligazioni e altri titoli, quote sociali, crediti (artt. 20, 21, 22 e 24). Sulla base di tali criteri l'ufficio può procedere ad accertamento di maggior valore rispetto a quello dichiarato. Per i beni diversi da quelli sopra indicati l'imposta viene sempre applicata al valore dichiarato dal contribuente (art. 25).
Di particolare rilievo, tra le disposizioni in materia di valutazione, quella relativa alle aziende - il cui valore è determinato al netto delle passività risultanti da scritture contabili regolarmente tenute ovvero da atti aventi comunque data certa ai sensi del codice civile (art. 21, I° comma) - e quella relativa alla valutazione delle azioni non quotate in borsa e delle quote di società non azionarie, ivi comprese le società di persone, il cui valore venale è determinato con riferimento alla situazione patrimoniale della società (art. 22, II° comma).
Dal valore dei beni compresi nell'asse ereditario si deducono i debiti del de cuius. In particolare, passività deducibili sono i debiti del de cuius esistenti all'apertura della s. e le spese per infermità e funerarie (art. 12, I° comma). L'esistenza del debito all'apertura della s. deve risultare da atti scritti che abbiano data certa anteriore all'apertura della s. ovvero da provvedimenti giurisdizionali (di qualsiasi natura) divenuti definitivi, anche se successivi alla morte del de cuius (art. 13, I° comma). I debiti risultanti da cambiali o vaglia cambiari, da assegni emessi negli ultimi dodici mesi in base a contratti di apertura di credito in conto corrente bancario e quelli inerenti all'esercizio di imprese sono altresì deducibili qualora risultino dalle scritture contabili del debitore, regolarmente tenute e obbligatorie per legge, ovvero, quando il defunto non fosse obbligato alla loro tenuta, dalle scritture contabili del creditore (artt. 13, II° e III° comma, e 14, I° comma). Per i rapporti derivanti da apertura di credito in conto corrente bancario sono previste ulteriori condizioni di deducibilità e, fra l'altro, è stabilita l'irrilevanza, ai fini fiscali, degli assegni emessi negli ultimi quattro giorni di vita del de cuius (art. 13, IV° comma). I debiti derivanti da rapporti di lavoro subordinato sono sempre deducibili sulla base di un'attestazione rilasciata dall'ispettorato provinciale del lavoro (artt. 14, II° comma, e 16, n. 4).
I debiti nei confronti dello stato, di enti pubblici territoriali o che gestiscono forme obbligatorie di previdenza e di assistenza sociale sono deducibili, in quanto esistenti all'apertura della s., anche se liquidati successivamente; per i debiti tributari è sufficiente che prima della s. si sia verificato il presupposto di fatto, anche se l'accertamento avviene in un momento successivo.
Alla documentazione relativa alla sussistenza dei debiti (originali o copie degli atti, provvedimenti giurisdizionali e titoli di credito, estratti dalle scritture contabili, attestazioni di pubbliche amministrazioni o ispettorati del lavoro) dev'essere unita una dichiarazione di sussistenza del credito sottoscritta da uno degli eredi e dal creditore e autenticata; dev'essere inoltre esibito, per i debiti nei confronti degl'istituti di credito, un certificato dell'istituto medesimo da cui risultino tutti i rapporti di debito o credito in atto col defunto all'apertura della successione. La documentazione può comunque essere integrata anche successivamente alla denunzia di successione. È esclusa la deduzione dei debiti contratti per l'acquisto di beni non compresi nell'attivo ereditario o per i quali il de cuius abbia concesso garanzie reali su beni parimenti non compresi nell'asse ereditario (art. 15, I° comma). Si ammette, inoltre, la deduzione dei debiti contratti negli ultimi sei mesi di vita del de cuius solo se il relativo importo sia stato reinvestito in beni compresi nella successione o destinato all'estinzione di passività contratte anteriormente ai sei mesi dall'apertura della s. ovvero, infine, erogato in uno degli altri modi indicati per le somme ricavate dai trasferimenti nel semestre anteriore alla morte.
Non possono essere considerati del de cuius né i legati (anche se obbligatori), né gli oneri testamentari, che si configurano invece come obbligazioni degli eredi o legatari.
Le spese mediche, in quanto effettuate prima dell'apertura della s. - giacché, se effettuate dopo, sono detraibili in quanto debiti ereditari - possono essere dedotte sulla base di regolari quietanze (art. 17, I° comma). Le spese funerarie, purché risultanti da regolari quietanze, sono invece deducibili fino a L. 500.000 (art. 17, II° comma).
La determinazione dell'imposta. - Come si è accennato, l'imposta sulle s. ha assunto, con la riforma, la struttura di un tributo unitario con una duplice scala di aliquote progressive a scaglioni, l'una applicabile al valore globale dell'asse ereditario netto, l'altra alle singole quote di eredità, ai legati e alle donazioni. La prima scala di aliquote, che si applica a tutte le s., è caratterizzata da un abbattimento alla base fino allo scaglione di L. 30.000.000 (art. 32, l. 2 dic. 1975, n. 576). L'altra scala, che non si applica alle s. tra coniugi e tra parenti in linea retta (art. 6, II° comma), è caratterizzata da una maggiore incidenza e da una progressività più accentuata via via che si fanno più lontani i rapporti di parentela tra il de cuius e il successore (cfr. la Tariffa allegata al d.P.R., cit.). Data l'unitarietà del tributo, l'ammontare dell'imposta risultante dall'applicazione dell'aliquota all'asse globale netto non è detraibile dall'imponibile cui si applicano le aliquote relative alle singole quote. L'imposta unitariamente calcolata sull'asse globale viene ripartita, salva sempre la solidarietá tra gli eredi, tra i successori in proporzione al valore delle rispettive quote o legati, quindi sommata all'ulteriore importo risultante dall'applicazione della distinta aliquota sul singolo lascito (art. 6, I° e II° comma).
Assume perciò rilevanza determinante, ai fini della determinazione del tributo, il rapporto di parentela tra il de cuius e il singolo successore, che incide sulla determinazione dell'aliquota applicabile al lascito. A tal fine, si sono equiparati ai parenti in linea retta, genitori e figli naturali (nonché i rispettivi ascendenti e discendenti), adottanti e adottati, affilianti e affiliati. Se il de cuius ha effettuato in vita donazioni a favore dei suoi eredi o legatari, ivi compresi i trasferimenti immobiliari tra parenti in linea retta, che si presumono, agli effetti fiscali, donazioni (art. 25, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634), il loro valore viene aggiunto, ai soli fini della determinazione delle aliquote, al valore dell'asse ereditario globale netto nonché a quello delle singole quote e dei singoli legati attribuiti ai donatori (art. 6, IV° comma).
Se i beni compresi nell'asse ereditario hanno già formato oggetto nel quinquennio precedente l'apertura della s., di altre s. o di donazione, l'imposta, determinata secondo quanto si è detto più sopra, viene ridotta, in funzione inversa del periodo trascorso dal precedente trasferimento, di un ammontare pari a un decimo per ogni anno o frazione di anno.
Deve altresì essere dedotta, fino a concorrenza della parte d'imposta di s. proporzionale al valore di ciascun immobile compreso nell'asse ereditario, l'imposta sugl'incrementi di valore percetta, in occasione della s., relativamente all'immobile medesimo (art. 19, lett. a).
Infine, devono essere detratte le imposte di s. pagate all'estero su beni ivi esistenti. Tale detrazione è limitata, per le s. in cui l'asse ereditario netto supera i 50 milioni, a un terzo soltanto dell'imposta pagata all'estero (art. 19, lett. b).
Se l'eredità è devoluta, in tutto o in parte, in base a testamento, l'applicazione dell'imposta avviene sulla base delle disposizioni in esso contenute (art. 28).
Nel caso in cui l'istituzione di erede o il legato siano sottoposti a condizione risolutiva, l'applicazione dell'imposta avviene come se la condizione non esistesse, salvo successiva nuova liquidazione ed eventuali conguagli o rimborsi, quando si verifichi la condizione (art. 29, I° e III° comma). Per le istituzioni di erede sottoposte a condizione sospensiva, l'imposta è invece liquidata in base alla minore aliquota tra quelle applicabili agli eventi successibili, salvo conguagli, in più o meno, al verificarsi o al mancato avveramento della condizione (art. 29, II° comma). Se poi la condizione sospensiva è apposta a un legato, l'imposta si applica come se il legato non fosse stato disposto (e quindi il valore del legato è computato nella quota imponibile a carico dell'erede), salvo nuova liquidazione a carico del legatario qualora la condizione si verifichi (art. 29, III° comma).
Per le ipotesi di sostituzione fedecommissaria previste dall'art. 692, cod. civ., l'art.32 dispone che, all'apertura della s., l'imposta sia applicata, a carico dell'istituito, su di un valore pari a quello del diritto di usufrutto sui beni oggetto della sostituzione. Successivamente, alla morte del primo istituito, si procede a nuova applicazione dell'imposta sul valore pieno dei beni alla data di apertura della s., a carico del sostituto. Se invece la devoluzione al sostituto non ha luogo, l'istituito, che acquista definitivamente la piena proprietà dei beni, dovrà pagare la differenza tra l'imposta già versata e quella commisurata al valore pieno dei beni, sempre con riferimento alla data di apertura della s. (art. 31).
Le esenzioni attualmente in vigore si riferiscono: a) ai trasferimenti mortis causa et inter vivos a titolo gratuito a favore dello stato, delle regioni, province e comuni, di enti pubblici, fondazioni e associazioni legalmente riconosciute, ospedali pubblici senza fine di lucro che abbiano come scopo esclusivo l'assistenza, lo studio, la ricerca scientifica, l'educazione, l'istruzione o altre finalità di pubblica utilità (art. 3, I° comma); b) alle collezioni d'arte di cui all'art. 5, l. 1° giugno 1939, n. 1089 (art. 11, n. 3); c) alle indennità a carico degl'istituti ed enti di diritto pubblico in forza di assicurazioni previdenziali obbligatorie (art. 11, n. 5); d) a favore dei titoli di stato, garantiti dallo stato ed equiparati (art.58, III° comma).
Un'ulteriore agevolazione è stata introdotta con la l. 2 dic. 1975, n. 576 (art. 33), riguardo alle s. in linea retta e a favore del coniuge, dei fratelli e delle sorelle, per l'ipotesi in cui oggetto dell'imposta siano fondi rustici, comprese le costruzioni rurali, di valore inferiore a 50 milioni, devoluti a favore di agricoltori coltivatori diretti. In tali casi l'imposta è ridotta del 40%, sempre che siano rispettate le condizioni previste dall'art. 25 (I° comma, lett. d) del d.P.R. 26 ott. 1972, n. 643.
Bibl.: G.F. Gallo Orsi, La presunzione di esistenza di denaro gioielli e mobilia nell'imposta di successione, in Vita not., 1957, p. 218; M. V. Cernigliaro, Le imposte di successione (rass giurispr. I° gennaio 1976-31 dicembre 1971), in dir. prat. trib., 1973, II°, pp. 121, 373; C. De Bono, L'imposta sulle successioni, Milano 1973; S. Gallo, APpunti sulla nuova disciplina delle imposte successorie, in Rass. IVA, 1973, p. 1153, e Rass. lav. pub., 1973, p. 255; M. Giustino, Le nuove imposte sulle successioni, in Giust. trib., 1973, pp. 46, 217; A. Iemma, Le imposte di successione e di donazione nella riforma tributaria, in Roland., 1973, p. 5; E. Altana, Imposta sulle successioni e donazioni, Milano-Roma 1974; F. Serrano, L'imposta sulle successioni, Torino 19746; G.F. Gallo Orsi, L'imposta sulle successioni, ivi 1976; F. Gaffuri, L'imposta sulle successioni e donazioni, ivi 1976.