substandard
Sono in generale definiti substandard gli elementi che, nell’architettura sociolinguistica di una lingua (➔ varietà), stanno al di sotto dello standard (➔ italiano standard), vale a dire occupano i settori bassi delle dimensioni diastratica e diafasica (➔ variazione diastratica; ➔ variazione diafasica). Si tratta in altri termini di tutte quelle forme, costrutti, realizzazioni che, pur ampiamente in uso presso i parlanti di una lingua, non fanno parte della norma (➔ norma linguistica) riconosciuta e codificata. Il termine viene anche impiegato per indicare la varietà di lingua, o una gamma di varietà di lingua, di uso parlato e con caratteri intermedi fra la lingua standard e il dialetto (cfr. Holtus & Radtke 1986-1990).
Rispetto alla varietà standard, la (gamma di) varietà substandard raccoglie il vasto universo delle forme escluse dalla norma, non codificate, con alta variabilità e per lo più tipiche dell’uso parlato spontaneo. L’italiano substandard comprende quindi l’➔italiano regionale marcato, l’➔italiano popolare e i registri informali e trascurati (➔ registro), in cui è posta scarsa attenzione al rispetto della norma. Substandard è perciò anche l’attributo delle varianti delle variabili sociolinguistiche che contrassegnano le varietà diastratiche e diafasiche basse.
La semplice designazione di substandard consente nella descrizione sociolinguistica di evitare problemi che possono sorgere quando si tratta di stabilire rapporti fra dimensioni di variazione e di attribuire a una varietà piuttosto che a un’altra un certo elemento che possa comparire in entrambe.
Una realizzazione substandard della frase relativa (➔ relative, frasi; ➔ che polivalente) quale (Alfonzetti 2002: 131):
(1) tuo cugino, che gli ho fatto due favori, non mi ha detto neanche grazie
può, per es., essere considerata tipica sia di un registro informale trascurato sia di una varietà diastratica bassa.
Un principio importante per stabilire, sulla base dei soli dati linguistici, se sia in gioco primariamente la variazione diastratica o quella diafasica, e quindi a quale varietà vada attribuito un enunciato substandard, sta infatti nella co-occorrenza dei tratti. Se in un dato enunciato un certo tratto variabile marcato sia in diastratia sia in diafasia co-occorre con un tratto marcato solo in diastratia, si è in presenza di una varietà primariamente diastratica. Per es., se nella stessa frase sopra riportata si avesse una forma sovraestesa ci (da considerare in generale tipica dell’italiano popolare; ➔ clitici; ➔ semplificazione) invece di gli per il pronome clitico obliquo di terza persona (tuo cugino, che ci ho fatto due favori), allora la frase dovrebbe essere assegnata a varietà diastratica bassa (ma non, a quanto pare, nell’italiano di Sicilia, dove secondo Alfonzetti, ibid., anche ci per gli «presenta piuttosto marcatezza diafasica»).
Il substandard, non essendo frenato dall’azione delle norme che irrigidiscono la lingua standard, è molto variabile, contiene spesso in nuce i germi di potenziali mutamenti linguistici e può rivelare tendenze e caratteri del sistema linguistico non palesati nello standard. Nel substandard agiscono infatti, senza essere filtrati dalla norma e quindi in maniera più evidente e diretta, principi di naturalezza, semplificazione e adeguamento pragmatico e funzionale al contesto (Berruto 1990; Simone 1991). Nel comportamento linguistico substandard i parlanti tendono a: introdurre regolarità, generalizzazioni analogiche e riduzioni delle opposizioni previste dal sistema laddove lo standard presenta irregolarità, eccezioni e paradigmi complessi, soprattutto nella morfologia; affidarsi a strutture sintattiche più direttamente influenzate dalla situazione comunicativa e dai partecipanti all’interazione (cioè da necessità pragmatiche); impiegare un lessico più generico, concreto e sensibile alla deissi.
Esempi evidenti di queste tendenze del substandard si hanno in tratti dell’italiano popolare quali (Berruto 1983): la semplificazione del paradigma dell’articolo con riduzione del numero delle forme diverse e con sovraestensioni nella loro distribuzione: il zio, dei amici, il spettatore, i altri, un sbaglio; forme verbali analogiche come vadi/vadino (congiuntivo presente), misimo (prima plurale del passato remoto di mettere), potiamo (prima persona plurale del presente di potere), bevavamo (imperfetto); impiego del possessivo di terza persona suo esteso anche al riferimento plurale, neutralizzando l’opposizione con loro (gli amici con il suo [= «loro»] cane); costrutti frasali a prevalente organizzazione pragmatica come il ➔ tema sospeso (io il vino non mi prende alle gambe). Nella ➔ pronuncia, è substandard un accento marcatamente regionale.
Il substandard non ha prestigio ed è in genere connesso, nella comunità linguistica, e spesso da parte degli stessi parlanti che lo producono, ad atteggiamenti non favorevoli, e sottoposto a giudizi negativi da diversi punti di vista (in primo luogo, di carattere normativo: «cattivo italiano», «non è corretto», «sbagliato», «dialettale»; Galli de’ Paratesi 1984: 143-205). Gli stereotipi sociali, legati soprattutto alla pronuncia, sono tali che la quantità di tratti substandard presenti nelle produzioni di un parlante viene spesso assunta come indicatore della sua estrazione sociale. Nella scuola, il substandard è sanzionato come errore, nonostante che negli ultimi decenni si sia fatta strada anche fra gli insegnanti una considerazione più relativistica e tollerante, almeno a livello di consapevolezza teorica se non di applicazione pratica.
Alfonzetti, Giovanna (2002), La relativa non-standard. Italiano popolare o italiano parlato?, Palermo, Centro studi filologici e linguistici siciliani.
Berruto, Gaetano (1983), L’italiano popolare e la semplificazione linguistica, «Vox Romanica» 42, pp. 38-79.
Berruto, Gaetano (1990), Semplificazione linguistica e varietà sub-standard, in Holtus & Radtke 1986-1990, vol. 3º, pp. 17-43.
Galli de’ Paratesi, Nora (1984), Lingua toscana in bocca ambrosiana. Tendenze verso l’italiano standard: un’inchiesta sociolinguistica, Bologna, il Mulino.
Holtus, Günter & Radtke, Edgar (hrsg. von) (1986-1990), Sprachlicher Substandard, Tübingen, Niemeyer, 3 voll. (vol. 1º, Sprachlicher, Substandard; vol. 2º, Standard und Substandard in der Sprachgeschichte und in der Grammatik; vol. 3º, Standard, Substandard und Varietätenlinguistik).
Simone, Raffaele (1991), Why linguists need variation. Reflections on Italian in “troubled contexts”, «Rivista di linguistica» 3, pp. 407-421 (numero speciale a cura di R. Simone su Italian as a contact language).